Quasi completato il Parco Dora, deve adesso trovare una
destinazione e una vocazione.
Perché il Parco Dora non è un semplice parco cittadino, come il Valentino, la
Pellerina o il Colletta, per dire. Il Parco Dora è un esperimento unico in
Italia, paragonabile alle grandi trasformazioni in corso nelle città della
Rühr, in Germania. Dove adesso sorgono impianti sportivi, alberi e prati, con
la Dora a fare da guida, sorgevano, fino a pochi decenni fa, gli stabilimenti
dell'industria pesante torinese. C'era un cavalcavia, che saliva da corso
Vigevano e scavalcava tutta questa parte industriale di corso Mortara; era una
Torino grigia e fumosa, con la
Dora coperta dai capannoni industriali e fabbriche quasi fino all'orizzonte delle Alpi,
per chi era bambino negli anni 70.
Quando gli stabilimenti sono stati dismessi, a Torino sono rimasti quasi un
milione di metri quadrati, un grande buco tra piazza Statuto e Madonna di
Campagna, con in mezzo la Dora. Un concorso internazionale, vinto dal
paesaggista tedesco, Peter Latz ne ha reinventato la storia e il cantiere che ne è nato è stato secondo solo a quello sorto a Berlino, dopo la caduta del Muro. Al posto
delle grandi industrie sono nate nuove aree residenziali e grandi spazi
destinati al verde. Nelle aree residenziali della Spina 3 si alternano case di
edilizia convenzionata e di libero mercato, che hanno portato ben 10mila nuovi
abitanti in zona, molti dei quali giovanissimi, al seguito dei genitori. Nelle aree verdi gli alberi e i
prati si alternano ai ricordi industriali: la tettoia dello strippaggio
dell'antico stabilimento Vitali delle Fierriere Fiat dà oggi copertura a una
serie di strutture sportive, mentre le colonne di acciaio che sostenevano
l'edificio sono rimaste come motivi decorativi di suggestivi percorsi a
giardino, diventando il simbolo prediletto del Parco. E' in quest'area da sapore
nettamente post-industriale, infatti, che sono stati girati numerosi spot
pubblicitari e video musicali, diretti sia al pubblico italiano che straniero.
E' un Parco che non ha uguali in Italia sia per la sua genesi che per il suo
possibile uso. Non solo è il polmone verde in cui praticare sport, passeggiare
romanticamente, fermarsi a leggere, girare in bicicletta con i bambini, ma è
anche uno spazio in cui avviare attività culturali, sportive e addirittura
religiose (da qualche anno la comunità musulmana torinese usa gli spazi sotto
la tettoia dello strippaggio per celebrare la fine del Ramadan).
Cosa fare, dunque, del Parco Dora? E, soprattutto, come gestire la sua
manutenzione, quando sarà completato, con lo scoperchiamento della Dora,
l'inaugurazione dell'area Michelin, tra il complesso dell'Ipercoop e il fiume, e
il completamento dell'area tra corso Mortara e il Passante Ferroviario? Non
sono domande da poco, considerate le dimensioni del Parco Dora, i costi di una
manutenzione che è molto diversa da quella di un parco tradizionale (basti
pensare alla tettoia dell'area Vitali o ai giochi acquatici dell'area Ingest) e
le poche risorse a disposizione delle casse pubbliche.
Una ricerca della Fondazione Antonino Monaco, la cui sede, all'ultimo piano della Torre Monaco di corso Mortara, offre magnifiche viste sul Parco e sulla città, ha cercato di dare una prima risposta
a questi quesiti, intervistando soprattutto i residenti e i fruitori di quest'area grandiosa.
I risultati parziali sono piuttosto interessanti e indicano un futuro in cui
pubblico e privato dovranno collaborare, utilizzando le potenzialità di uno
spazio pronto a diventare anche un'attrazione turistica cittadina, non
essendoci niente del genere in nessun'altra città italiana (i riferimenti sono
sempre le città della Vestfalia, Duinsburg e Dortmund in testa).
Secondo la ricerca, il Parco Dora potrebbe avere numerose vocazioni: vista la
posizione geografica, cerniera tra il nord e il sud di Torino e tra la cintura
est e l'Ovest, potrebbe diventare un vero e proprio ponte per la mobilità,
soprattutto ciclabile, se dotato delle infrastrutture adatte; è uno spazio che
potrebbe diventare un punto di aggregazione giovanile, viste le strutture
sportive di cui è dotato, intorno alle quali potrebbero essere realizzate
numerose attività; potrebbe trassformarsi in uno dei centri più importanti
dell'offerta culturale, con l'organizzazione di concerti musicali, Festival,
campionati; grazie ai parcheggi dei vicini centri commerciali può essere un
punto di richiamo per le attività economiche; visti gli spazi, potrebbe diventare
un'ottima location per le sperimentazioni tecnologiche, a cominciare dal wifi (è
già dotato di lampioni intelligenti, con telecamera incorporata, che vegliano
sulla sicurezza dei fruitori). Anche all'interno dello stesso Parco si possono
individuare vocazioni differenti: l'area Vitali, grazie alla tettoia, può diventare
uno spazio per le manifestazioni culturali e sportive a pagamento; l'area Michelin,
con l'adiacente Museo dell'Ambiente e l'accesso diretto alla Dora, si presterebbe
al
loisir domenicale delle famiglie, il lotto Ingest, con il suo
hortus conclusus
e i suoi giardini manifesta un'inclinazione verso il vivaismo e la floricultura,
con tutti gli annessi, l'area Valdocco Nord, a ridosso del Passante Ferroviario, sembrerebbe
dirigersi verso funzioni di passaggio, magari con la costruzione di piste ciclabili
e percorsi
ad hoc.
Insomma, le potenzialità per lo sfruttamento del Parco Dora non mancano. Perché
di una cosa tutti sono convinti: un Parco così grande, così diverso, così
unico, deve trovare la forza e le risorse per la sua manutenzione e per la sua fruizione.
Il Parco Dora visto dalla sede della Fondazione Antonino Monaco.
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