FLOReal d'autunno alla Palazzina di Stupinigi

 Nel weekend torna alla Palazzina di Caccia di Stupinigi FLOReal, che tanto successo aveva avuto nella prima edizione, nella stessa location. Nella tre giorni, dal 7 al 9 ottobre 2022, la mostra florovivaistica, con vivaisti provenienti da ogni parte d'Italia, sarà accompagnata da un ricco palinsesto culturale. Presentazioni di libri e conferenze, proiezioni di cortometraggi e documentari, performance teatrali, mostre, laboratori e un ampio spazio dedicato alla gastronomia, con un filo comune: la natura e la sostenibilità. La mostra propone colori e profumi dell'autunno, "dal fiore più amato, la rosa, agli agrumi siciliani, le orchidee dalla Lombardia, e ancora piante succulente e carnivore, orchidee, tillandsie, piante acquatiche e rampicanti, aromatiche e tropicali, oltre a diverse tipologie di bonsai. Piante da appartamento, da secco e da sole intenso, da ombra, fioriture annuali, bulbose e graminacee. Non mancheranno varietà più stagionali come le viole, i ciclam

Quando al posto del Liceo Alfieri, c'era l'Istituto Ergastolo e i ragazzi avevano le catene ai piedi

Sapevate che nell'area in cui sorge adesso il Liceo Alfieri, in corso Dante, c'era un antico istituto minorile, fondato nel XVIII secolo? Si chiamava Ergastolo, dal nome di un canale che passava nei suoi pressi e che poi si gettava nel Po, dopo aver formato una specie di laghetto. L'Ergastolo era un istituto fondato da Vittorio Amedeo III nel 1779 e destinato ad accogliere i 'giovani oziosi'; in realtà, al principio doveva essere una sorta di centro di ritiro spirituale, poi, viste le dimensioni e la complessità di spese per la sua manutenzione, si preferì dedicarlo ai ragazzi vagabondi, agli adolescenti, cioè, che non si erano macchiati di alcun reato, ma avevano bisogno di 'correzione'.
Nell'Ergastolo la vita di questi giovani era durissima, grazie a un Regolamento molto severo. Per esempio, una volta chiusi nella Casa di Correzione, i ragazzi avevano il permesso di "l'aria libera nell'interno cortile: saranno vestiti, nutriti a pane, minestra, carne, e vino mantenuti e assistiti nelle malattie"; una volta rinchiusi, i giovani, che dovevano avere più di 12 anni e meno di 20 ed essere abili al lavoro, non dovevano avere "assolutamente i contatti fra di loro", non potevano giocare né "mantenere corrispondenza occulta con gli estranei"; e "ogni tentativo dei trattenuti per procurare a sé, o ad altri la libertà, e per aprirsi occulta corrispondenza con estranei" sarebbe stato "gravemente punito". Le punizioni non erano uno scherzo: secondo uno degli articoli del Regolamento, "le pene ordinarie dei trattenuti che mancassero in qualsivoglia modo ai doveri della Casa di Correzione, sono, secondo le varie circostanze, le catene, le nerbate, l'essere chiuso, e incatenato nelle camere ad uso di carcere, senza che sia diminuita loro la porzione prescritta del consueto lavoro".
I ragazzi dovevano avere cura di se stessi e della propria biancheria: venivano forniti loro gli indumenti di cui avevano la responsabilità e dovevano farli durare per il tempo stabilito, dovendosi cambiare le camicie una volta alla settimana da aprile a settembre e due volte al mese nel resto dell'anno; ai ragazzi, "non più in tenera età", veniva messa una catena di ferro a una gamba, affinché non potessero allontanarsi.
"In pratica", commenta il Centro di Giustizia Minorile del Piemonte e della Valle d'Aosta, che fornisce queste informazioni nel suo sito "i ragazzi venivano portati, senza colpe, in questo istituto, molte volte per risolvere beghe familiari di matrigne o patrigni, e vi rimanevano per almeno sei anni. La vita veniva scandita dalle 10-12 ore di lavoro ai telai della manifattura dei fratelli Alberti che avevano l'appalto dell'istituto.
In una guida di Torino dell'epoca si legge: 'Ergastolo: opera di correzione ossia ritiro per i figlioli oziosi, i quali vengono occupati in diverse forme di manifattura, e particolarmente in coperte di bava, ossia moresca, che equivalgono a quelle di catalogna, colla prerogativa di non essere soggette al tarlo...' Di tutto questo i ragazzi dell'Ergastolo non traevano alcun beneficio, anzi si riduceva sempre più la quantità di cibo fornita, mentre, invece, la mole di lavoro aumentava. Il lavoro veniva fatto con l'aggiunta di una palla al piede; di notte i ragazzi dormivano incatenati al letto e, da quando i fratelli Alberti avevano vinto l'appalto, mangiavano solo pane e due razioni al giorno di minestra di granturco. Molto presto iniziò un traffico di vestiti, coperte ed altro che non veniva più distribuito ai ragazzi, bensì venduto all'esterno. Nell'istituto, inoltre, non vi era riscaldamento; verrà fornito soltanto nell'Ottocento, quando ci fu una ristrutturazione. Naturalmente scoppiarono varie epidemie e i ragazzi furono ridotti a larve umane. Nel 1790, i ragazzi rinchiusi all'Ergastolo tentarono una rivolta, ma venne subito sedata con la massima violenza".
L'Ergastolo fu chiuso sotto il dominio napoleonico, riaperto nel 1814, non appena i Savoia tornarono a Torino e, quindi, venne chiuso nel 1836, quando fu ristrutturato per accogliere le donne del sifilocomio del Martinetto e le prostitute della Generala.
E' una storia triste, che racconta le lacune delle società davanti ai più deboli e lo sfruttamento a cui vengono sempre sottoposti. Ma, curiosamente, mostra come le vocazioni dei territori di una città non vadano mai perdute completamente. Dall'Istituto Ergastolo al Liceo Alfieri, dalla 'rieducazione' degli adolescenti alla loro istruzione per crearsi un futuro. Due risposte diverse, figlie di epoche e ideali diversi, per i più giovani e per il loro inserimento nella società, negli stessi metri quadrati. Che non si perda la memoria del progresso compiuto in quel fazzoletto di terra, tra corso Dante e via Ormea.


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