FLOReal d'autunno alla Palazzina di Stupinigi

 Nel weekend torna alla Palazzina di Caccia di Stupinigi FLOReal, che tanto successo aveva avuto nella prima edizione, nella stessa location. Nella tre giorni, dal 7 al 9 ottobre 2022, la mostra florovivaistica, con vivaisti provenienti da ogni parte d'Italia, sarà accompagnata da un ricco palinsesto culturale. Presentazioni di libri e conferenze, proiezioni di cortometraggi e documentari, performance teatrali, mostre, laboratori e un ampio spazio dedicato alla gastronomia, con un filo comune: la natura e la sostenibilità. La mostra propone colori e profumi dell'autunno, "dal fiore più amato, la rosa, agli agrumi siciliani, le orchidee dalla Lombardia, e ancora piante succulente e carnivore, orchidee, tillandsie, piante acquatiche e rampicanti, aromatiche e tropicali, oltre a diverse tipologie di bonsai. Piante da appartamento, da secco e da sole intenso, da ombra, fioriture annuali, bulbose e graminacee. Non mancheranno varietà più stagionali come le viole, i ciclam

Quando al posto dei Murazzi c'era il malfamato Moschino

La marcia di avvicinamento al Po è costata a Torino vari secoli. Il secondo ampliamento, nel XVII secolo, ha portato la città fino quasi alla riva del fiume e ha dotato il suo impianto romano e ortogonale della prima grande via inclinata, l'attuale via Po, costruita proprio in direzione dell'allora unico ponte sul fiume. In età napoleonica, quando le mura furono abbattute, lo spazio tra la città e il fiume fu abbellito da una grande esedra alberata e da un viale che portava fino al ponte sul Po. E' stato solo nella prima metà del XIX secolo che la città ha assunto il suo aspetto attuale, con la monumentale piazza Vittorio Veneto, una delle piazze più grandi d'Europa.

Ma il fatto che Torino non arrivasse al fiume non significa che le sue rive non fossero abitate o frequentate. Intorno al Po ruotava un mondo di mestieri umili, dalle lavandaie ai barcaioli e ai pescatori, che lo rendevano animato e vivo. Lungo le sue rive sorsero con il tempo umili abitazioni, catapecchie e capanne, che poco avevano a che vedere con l'aspetto solenne che la capitale dei Savoia stava assumendo. Sia da un lato che dall'altro del grande fiume, c'erano piccole case che arrivavano fino alla riva, c'erano fango, miseria e, come quasi sempre accade in queste situazioni, malaffare. Uno dei quartieri più famosi per la sua pericolosità e insalubrità era il Moschino, che sorgeva tra gli attuali piazza Vittorio Veneto e corso San Maurizio. Anche il suo nome spiega quanto fosse poco salubre frequentarlo: le rive del Po erano infestate da moscerini e da zanzare, soprattutto d'estate, così la presenza degli insetti diede il nome a tutto il quartiere. E non solo. All'interno del Moschino passava anche il canale dei Canonici, una specie di fogna, che raccoglieva i liquami, li trasferiva nelle campagne di Vanchiglia per concimarle e, quindi, arrivava verso il Moschino, con l'ultimo tratto a cielo aperto e tutte conseguenze immaginabili. Ma contro il canale, appartenente ai Canonici del Duomo, le autorità potevano far ben poco, dato che i prelati si appellavano a un diritto acquisito nella notte dei tempi. Le case umili e fatiscenti, i vicoli mal illuminati e così stretti da impedire una buona aerazione, l'umidità del fiume, la presenza di topi e insetti, gli odori intollerabili e le malattie provenienti dal canale, tutto contribuiva a dare un'immagine di miseria e disperazione.

Nato come borgo fluviale, legato alle umili attività sul fiume, con il tempo il Moschino finì con l'attirare anche persone poco raccomandabili, tanto che di notte persino le forze di sicurezza evitavano di entrare. L'insalubrità dell'area e la mancanza di controllo delle autorità sulle attività più o meno legali del Moschino, le ricorrenti epidemie di colera fecero sì che nel 1872 si decise il suo abbattimento. Tra i primi a esigere la sua demolizione ci fu Alessandro Antonelli, il celebre architetto della Mole Antonelliana, che, abitando a poca distanza del Moschino, pretendeva fosse ricostruito e riqualificato, anche per migliorare l'immagine di Torino, capitale del Regno. Un primo progetto di riqualificazione, poco dopo la terza guerra d'indipendenza, fu firmato dall'architetto Carlo Gabetti, che, da una parte intendeva abbattere le case sulla linea del prolungamento di corso San Maurizio fino al Po, in modo da 'salvare' le case laterali, dall'altra proponeva la costruzione di un canale coperto, che avrebbe portato i liquami verso la confluenza tra il Po e la Dora, in modo da liberare tutta l'area del Moschino e risanarla.

Nel 1872 le casupole del Moschino furono abbattute e al loro posto vennero costruiti i Murazzi, in continuazione di quelli già presenti a sud del ponte sul Po. In questo modo tutta l'area venne messa in sicurezza, anche in vista delle piene del Po; ci fu il risanamento necessario, che permise la costruzione degli edifici dell'attuale Vanchiglia; si conquistò l'aspetto signorile che l'antica capitale sabauda voleva per sé, anche avendo ceduto a Roma il ruolo di capitale d'Italia.


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