Di ogni città dicono si debba visitare
il Cimitero, per i personaggi illustri che ospita, per le opere
d'arte che custodisce, per il culto delle umane cose che cela. Il Cimitero Monumentale di Torino non è ancora sufficientemente promosso tra i torinesi e tra i turisti, nonostante vi siano sepolti numerosi personaggi illustri della Storia e della Cultura del
nostro Paese.
Fu costruito alla
fine degli anni 20 del XIX secolo, finanziato in larga parte dal
conte Carlo Tancredi Falletti di Barolo, che versò 300mila delle
375mila lire necessarie. Posto a poca distanza dalla Dora, aveva una
forma ottagonale, ancora oggi riconoscibile. Dopo pochi anni, però, gli
spazi risultarono essere insufficienti e iniziarono gli ampliamenti:
fu a causa dell'espansione del Cimitero che venne spostata la Dora, e
il suo letto venne rettificato, fino alla confluenza nel Po. Lungo le
mura del Cimitero furono realizzati portici ciechi, chiamati
nicchioni e affidati alle famiglie più in vista, che qui edificarono
i loro monumenti funerari, davanti alle tombe vere e proprie, nel
campo, o nei sotterranei. Passeggiare nella parte antica del
Cimitero, tra tombe e monumenti che raccontano vite e speranze, trasmette, incredibilmente, molta serenità. Se poi si ha la
fortuna di farlo con una persona esperta e appassionata di arte
funeraria e di storie di persone, come Manuela Vetrano, guida turistica e
autrice di uno splendido blog,
La Civetta di Torino, a questi temi dedicato, allora
si inizia a guardare il Cimitero con altri occhi. Come dice Manuela, "è come una città, con le sue strade, con le sue case e i loro
abitanti, con le storie che non conosciamo e che sono da riscoprire,
affinché la memoria non vada perduta".
Tra le prime tombe che
si incontrano nella parte antica del cimitero, c'è quella di Isa
Bluette, al secolo Teresa Ferrero, una delle più famose soubrette
del primo dopoguerra italiano, scopritrice di Totò e Macario e
inventrice della passerella delle bellissime delle riviste; morì a
42 anni, a causa della tisi, e sposò il suo compagno, l'attore Nuto
Navarrini, in punto di morte, quasi a presentarsi nell'Aldilà con
tutte le carte in regola; sulla sua tomba è ritratta sdraiata, con
le braccia sulla testa e i capelli sciolti, un gesto che ha un che di
sensuale e che ricorda il suo passato di ballerina. In uno dei
triangoli ricavati dai primi ampliamenti, con la trasformazione
dell'ottagono originario in quadrato, si trova una delle tombe più
famose del Cimitero Monumentale, quella di Giuseppe Pongiglione: la
scultura, firmata da Lorenzo Vergnano, uno dei nomi più ricorrenti
nel cimitero, insieme a quelli di Giuseppe Bogliani e Pietro
Canonica, mostra Pongiglione, accompagnato in Cielo da un angelo,
mentre porta con sé un piccolo scrigno dei ricordi, quasi a non
dimenticare la sua identità terrena; sullo sfondo un ponte con un
treno, una città e una simbologia religioso-funeraria che, assicura
Manuela, a ogni visita mostra nuovi dettagli; ci sono topolini,
civette, rane, torce rovesciate, tutti simboli della lotta del bene contro il male.
Colpisce anche l'aspetto di Pongiglione, perfetto uomo
dell'Ottocento, con una folta barba a due punte, un panciotto
raffinatissimo e un'espressione che incute rispetto.
E'
dell'Ottocento anche la tomba di Giuseppina Garbiglietti, colta dalla
morte molto giovane: la scultura la ritrae mentre l'Angelo la porta
verso il Cielo e lei manda un bacio di addio ai propri cari; i
capelli sciolti sulle spalle, in cui si intravvedono le trecce, il
drappeggio del vestito, che serve anche come base per sostenere le
due figure in volo, danno un che di patetico a tutta la scultura; e il
velo di polvere fa il resto. Giuseppina Garbiglietti non è l'unica
giovane donna che colpisce per la sua gioventù; uno dei monumenti
funerari più belli è quello di Teresa Denina Sineo, nella I
ampliazione: la chiamano la sposa bambina e la scultura la mostra di
dimensioni un po' più grandi del normale, mentre sembra dormire
sotto un bellissimo baldacchino goticheggiante, da cui piccoli angeli
adesso decapitati vegliano su di lei; accanto al suo
monumento, c'è la tomba del marito Emilio Sineo, che fu Ministro del
Regno d'Italia durante i governi Starrabba.
In questo itinerario cultural-turistico tra le tombe e i nicchioni, si incontrano le sepolture quasi sempre
spoglie e semplicissime di
Silvio Pellico, della Bela Rosin, la moglie morganatica di Vittorio
Emanuele II, della principessa Jolanda di Savoia, contessa Calvi di
Bergolo, l'unica Savoia sepolta nel Cimitero di Torino, la cui tomba
è una semplice lastra di marmo, rasoterra, accanto a quella del
marito. Non ha questa semplicità il monumento che Carlotta Marchionni, una delle più importanti attrici italiane del
XIX secolo, ha voluto dedicare alla madre in un nicchione: a causa del
suo lavoro Carlotta non riuscì a salutare la madre sul letto di
morte e ne soffrì moltissimo, per cui chiese a Giuseppe Bogliani una
scultura in cui la si vedeva accanto alla madre morente, a
eternizzare quello che non fu nella vita. "E' il primo esempio di
arte funeraria che si riferisce non più a simboli religiosi, ma a
valori concreti, della vita reale. E' la borghesia che avanza e
questo tipo di sculture sarà tipico della seconda metà del XIX
secolo" spiega Manuela. E infatti la tomba di Giuseppe Gentil,
arrivato da Chambery e diventato poi proprietario del Bar Alfieri, in
via Po, propone nella scultura una teiera, a ricordare il mestiere in
vita di Giuseppe, mentre l'imponente scultura sulla tomba
dell'architetto regio Carlo Sada, posto su una colonna con capitello
rovesciato, a costringere a guardarlo con il naso all'insù, ha ai
suoi piedi l'Architettura intristita, che guarda con un certo sdegno
un puttino grassoccio e annoiato appoggiato sui disegni e sui
progetti di Sada.
Passiamo tra Angeli della Morte inquietanti
(non perdetevi quello della Tomba Braida, realizzato da Leonardo
Bistolfi, che, racconta Manuela, "non ha niente da invidiare al più
famoso Angelo della Morte di Staglieno, firmato da Giulio
Monteverde"), monumenti in rovina nei nicchioni (ma nessuno può
fare niente per salvarli?), portici decorati con affreschi e mosaici.
La mia preziosa guida scopre il mio tifo granata e mi porta al
monumento del Grande Torino, un nicchione che sorge all'ombra della
grandiosa tomba di Francesco Tamagno (si vede anche da Superga, giura
Manuela e non stento a crederle); ci sono le lapidi con i nomi di tutti i caduti, i
fiori freschi e le tombe sparse qua e là nel cimitero (alcuni
giocatori furono riportati nei paesi d'origine, ma Capitan Mazzola è
qui a Torino). Passeggiando ancora, vediamo la tomba di Fred
Buscaglione, con una vetrina in cui c'è anche il suo famoso whisky
da vita spericolata
ante litteram, un sarcofago egizio che si giura
autentico, le tombe di Carolina Invernizio ed Edmondo De Amicis (in
quest'ultima il protagonismo della scultura è tutto per Furio, il
figlio ventenne morto suicida). L'itinerario arriva davanti alla tomba di
Francesco Cirio, ma l'ultima immagine è la tomba di Laura Vigo,
scolpita da Pietro Canonica: era una bambina di 9 anni, la scultura
la ritrae con il cerchio dietro le schiena, i passanti le lasciano
ancora adesso giocattoli e letterine. E' tenero e commovente, è una
delle tante storie perdute custodite nel Cimitero Monumentale di
Torino, che Manuela Vetrano recupera ne La Civetta di Torino e che
racconta nei suoi tour, lasciando la voglia di approfondire e di tornare a visitare questo vero e proprio tempio d'arte. Se desiderate contattarla, per scoprire il
Cimitero con lei,
trovate tutti i dati nel suo blog.
Non ci sono
foto per quest'articolo, perché al Cimitero di Torino è proibito
scattarle. Un'altra delle cose che dovranno cambiare, per una città
che aspira a diventare punto di riferimento turistico...
Photographs are not forbidden. I asked and was told to feel free to take photographs in 2016.
RispondiEliminaI wrote this article in 2014... :)
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