Lo confesso. Sono anni che non vado al
Salone Internazionale del Libro, se non per velocissime passeggiate
tra gli stand, per vedere le novità. Detesto le code, per me cinque
persone davanti sono già ragione di mollare e cercare qualcos'altro
e il Lingotto negli ultimi anni è stato sempre una coda per
qualunque cosa. Il programma del Salone è cresciuto in maniera
abnorme, ha perso la dimensione umana e, in assenza del dono
dell'ubiquità, è impossibile da anni seguire gli eventi e gli
incontri, spesso in contemporanea (senza pensare alle code di decine di metri un'ora prima dell'inizio dell'evento...). Insomma, era qualche anno che la
kermesse del Lingotto aveva bisogno di una svecchiata, di una formula
nuova, che restituisse una sorta di slow time, senza essere
bombardati da mille voci e mille proposte.
Questa è la premessa.
Poi c'è stato lo strappo dei grandi editori milanesi, la fiera
resistenza degli editori indipendenti, di tutte le dimensioni, compresi i piccoli (che gli
dei siano sempre accanto ai 12 che per primi dissero no ai toni
dell'AIE), l'orgoglio e la creatività, che salvano sempre Torino e
che obbligheranno sempre l'Italia a fare i conti con la sua forza e
le sue capacità inventive. E la reazione è stata quella naturale di quando cercano di privarti di qualcosa a cui non badi troppo, ma che ti appartiene, anche se è lì, rassicurante sullo sfondo. Quest'anno, dal 18 al 22 maggio 2017, si va a vivere il Salone del Libro, sì
o sì. Per dire grazie agli editori che sono rimasti, per rendere
omaggio al lavoro di Nicola Lagioia, il direttore arrivato da fuori
Torino per dare nuova linfa alla manifestazione, per vivere questa
nuova stagione, che non so se vedrà Torino vincente nell'antipatico
confronto che non ha cercato, ma certo ha già restituito energia ed
entusiasmo, a poco meno di un mese dall'inaugurazione.
Nel blog parlerò molto del Salone del Libro, nei prossimi giorni: domani mattina, la
conferenza stampa rivelerà il programma della 30° edizione, offrendo gli inevitabili spunti. Ma non solo. Dal Salone Off mi stanno arrivando le segnalazioni
di belle iniziative che hanno a cuore lettura e scrittori, alcune
case editrici mi stanno mandando i dati della loro partecipazione.
C'è passione intorno a questo Salone del Libro, più che mai nostro,
nonostante abbia per la prima volta un direttore non torinese.
Tutto
ciò perché oggi mi è arrivato il comunicato stampa della casa
editrice siciliana Bonfirraro, che dice cose molto belle, affermando
prima di tutto la scelta di essere a Torino (e può essere una sorta
di manifesto di tutti gli editori indipendenti che hanno scelto di
rimanere con noi). "Aderire
al Salone piemontese per Bonfirraro è un fattore imprescindibile:
per chi ha fatto dell'indipendenza una vera e propria bandiera,
sulla quale erigere la propria identità imprenditoriale e culturale,
quella di Torino non poteva che confermarsi una casa accogliente, che
dà da sempre spazio e voce al pluralismo sul piano internazionale,
volgendo lo sguardo anche alla 'periferia' e alle piccole realtà
editoriali senza preconcetti e pregiudizi" spiega la casa
siciliana. Bonfirraro è presente a Torino sin dalla prima edizione, è tornato quasi tutti gli anni e da tre anni ha un proprio stand (padiglione 2 n. H71), in modo da contare su una maggiore visibilità; torna quest'anno, "apprezzando gli sforzi dell'organizzazione che ha
dovuto far fronte a una fortissima concorrenza". Nel suo stand,
nel secondo padiglione, "accettando
l'invito dell'organizzazione torinese, ospiterà un editore
straniero, la casa
editrice ceca Práh
di Praga, con la presenza dell'editore Martin Vopenka".
Non
sappiamo ancora come andrà il Salone Internazionale del Libro, ma
anche solo per storie come questa è già un successo.
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