Dicono che aprile sia il più crudele
dei mesi. Ma per me è maggio, con date che hanno profondamente segnato la mia infanzia e la mia adolescenza e che porto sempre nel cuore. Il 1° si è portato via Ayrton Senna,
il 4 il Grande Torino, l'8 Gilles Villeneuve.
Sono diventata
tifosa del Torino per caso, durante le elementari. Quando mi
chiedevano per chi tifavo dicevo Toro o Juve, come capitava (tanto mi
importava). Un giorno, durante le elementari, un ragazzetto mi fece la
fatidica domanda, mi capitò di rispondere che tifavo per il Toro,
lui, juventino, mi rispose di rimando 'Che schifo!' e io non glielo perdonai. Da
allora granata per dispetto e tutte le domeniche delle elementari a
controllare cosa facevano il Toro e la Juve. Ricordo giornate di mare
ad ascoltare le ultime partite per l'assegnazione dello scudetto,
arrivi ai caselli autostradali chiedendo a mio padre di chiedere del Toro,
pomeriggi in bicicletta a fermare gli uomini con la radiolina
all'orecchio per chiedere come andava il Toro. Ottenendo sguardi di
divertita curiosità per essere piccola e donna e, in alcuni casi,
anche strizzate d'occhio di complicità.
Quando, nella mia
famiglia di disinteressati al calcio, fu chiaro che la passione per
il Toro non era cosa momentanea, il nonno mi raccontò la storia del
Grande Torino. Di quando capitan Mazzola si tirava su le maniche e
non ce n'era più per nessuno, perché era il segnale e il Toro
mostrava le corna. Di quando l'aereo, di ritorno dal Portogallo, si
schiantò su Superga e non si salvò nessuno. Di quando Torino pianse
in piazza Castello e non c'erano colori diversi, non c'erano
rivalità, c'era solo l'immenso dolore dell'Italia per tutti quei
giovani uomini morti tragicamente e mio nonno, che non era tifoso,
quel giorno, sentì che doveva esserci anche lui, in piazza Castello,
a salutare il Grande Torino. Ascoltate la storia degli Invincibili sotto i 10 anni e rimarrete granata per sempre.
Non sono una tifosa da stadio, il massimo che faccio la domenica (o il
lunedì mattina) è vedere cosa ha fatto il Toro (ma quando il Toro ha rischiato il fallimento, ero tra i tifosi disposti a comprare le azioni di un eventuale azionariato diffuso, stile Barcellona o Real Madrid). E devo essere uno
dei pochi torinesi granata che l'altra sera non ha fatto i salti di
gioia al vedere la Juventus eliminata dalla Europa League, perché
non vorrei essere nei panni di un tifoso che vede una finale giocata
nel proprio stadio e la propria squadra che si ferma a un passo dall'arrivare
a essere protagonista. In Spagna, quando devo spiegare cos'è Torino,
la mia città, mi tocca sempre dire, la città della Fiat e della
Juve (che, ammetto, non è il massimo). Ma la cosa più emozionante che mi sia successa, sulla Costa de
la Luz andalusa, è stato quando, avendo detto che sono di Torino, un
anziano signore ha iniziato a recitarmi lentamente, a bassa voce, la formazione del Grande
Torino e poi ha commentato da solo: "Che squadra!".
Mi ha
fatto venire le lacrime agli occhi. Ecco, essere granata è grande,
emozionante e sorprendente per cose come questa.
In genere il 4
maggio a Torino piove e Superga non si vede. Quest'anno invece è una
giornata splendida e primaverile, Superga ci guarda e la guardiamo.
Ci stiamo aspettando, perché il 4 maggio è solo nostro.
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