L'
ultimo appuntamento è il
6 agosto
2015, alle
ore 12. Il
Museo dello Sport di Torino aprirà le porte
per
l'ultima volta e permetterà agli ultimi visitatori di scoprire i
suoi
mirabilia, dal casco di Ayrton Senna alle maglie di Pelè o
capitan Mazzola. Onorato Arisi non è riuscito a mantenere in vita il
suo Museo, che raccoglie una collezione di
oltre 3000 cimeli, appartenenti a
200 campioni di ben
50 sport. Dopo aver chiesto il suo inserimento negli
itinerari turistici, dopo aver chiesto maggiore visibilità e
coinvolgimento nei programmi di Torino Capitale Europea dello Sport,
dopo aver cercato sponsor ed essere ricorsi al
crowdfunding, il
presidente del Museo dello Sport si è arreso.
Sulla pagina Facebook del Museo dello Sport, il
j'accuse di Arisi contro le autorità locali, che
non hanno
saputo valorizzare il suo piccolo gioiello (un esempio su tutti, la conferenza stampa di presentazione di Torino
Capitale Europea dello Sport non si è tenuta al Museo dello Sport,
ma alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo...). E' ferito soprattutto
dal silenzio con cui la fine del suo Museo è stata accolta da
Torino: tacciono il sindaco e la politica, ma tacciono anche i media
locali, la società civile e le
autorità sportive, dal CONI in poi,
che avrebbero dovuto garantire la sopravvivenza del Museo. In
un post
del 30 luglio, quando la decisione della chiusura definitiva del
Museo era già stata presa, scrive di una visita al
Museo Nazionale
Francese dello Sport di Nizza; i dati sono spiazzanti: il Museo dello
Sport di Torino è privato, ospitato in uno spazio da 1000 metri
quadrati, in un quartiere storico e facilmente raggiungibile dal
centro; il Museo di Nizza è finanziato dl Ministero dello Sport ed è
ospitato in uno spazio da 2000 metri quadrati, in un quartiere
periferico e isolato della città. Il Museo dello Sport di Torino ha
circa
6mila visitatori all'anno, quello di Nizza
36mila. Perché
questa differenza? Secondo Arisi perché "c'è chi sa crederci
....sa valorizzare una grande unicità comprendendone le possibilità
sia turistiche e di prestigio. C'è chi sa salvaguardare le sue
ricchezze , la sua memoria, i suoi valori....chi sa fare cultura e
promuoverla, mentre chi ha avuto avuto la fortuna di trovarselo fatto
in casa NON ha capito niente."
E' vero che Torino non ha
valorizzato questo gioiellino ospitato allo Stadio Olimpico,
non ci
sono giustificazioni per i silenzi e per l'indifferenza che adesso
accompagnano la chiusura del Museo. Se si può aggiungere qualcosa,
però, è anche vero che il Museo dello Sport
non ha mai fatto una
buona comunicazione, neanche
nei social, pur essendo nella città che
più di tutte ha saputo valorizzare i propri Musei sulle reti
sociali. Il Museo Egizio, i Musei della Fondazione Torino Musei, il
Museo dell'Auto e il Museo del Cinema, persino i piccoli Museo Accorsi-Ometto e Museo Diocesano, tutti hanno saputo creare
una
propria community, hanno saputo
coinvolgere il pubblico nelle proprie
iniziative, hanno saputo
incuriosire sulle proprie collezioni
permanenti e mostre temporanee. Il Museo dello Sport non ha saputo
farlo, usando i social
solo per esprimere rabbia e dolore per il
disinteresse delle autorità, come se non meritassero una foto o un
post l
a location fantastica in cui era ospitato, il racconto di una
visita allo Stadio Olimpico, la festa per
un anniversario sportivo,
la presenza di un campione. E' mancato uno
storytelling che
incuriosisse e che facesse sentire il Museo dello Sport presente
nella vita cittadina, al di là delle lacrime (piagnistei, direbbe il
premier Matteo Renzi). E' un peccato anche questo: le reti sociali e il web potevano essere
uno strumento di promozione e di visibilità, per incrementare visite e affetto.
Non perdetevi
quest'ultimo appuntamento, il 6 agosto 2015, alle ore 12. Con la speranza che non sia un addio, ma un arrivederci.