Una delle prime cose che si leggono sulla
Cittadella di Torino, voluta dal duca Emanuele Filiberto nel XVI secolo, è che
fu una delle fortezze più all'avanguardia d'Europa, studiata a lungo anche
dalle potenze avversarie, perché sostanzialmente imprendibile (potete leggere della sua straordinaria rete di gallerie sotterranee
in questo post di Rotta su Torino).
Fu costruita a tappe forzate nei primi anni di regno di Emanuele Fiiberto,
entrato a Torino nel 1563, dopo la restituzione del ducato ai Savoia, avvenuta
con il Trattato di Cateau Cambresis (1559). Il duca la volle nell'angolo
sud-occidentale delle mura cittadine, quello più esposto a un eventuale
attacco nemico, non potendo contare su difese naturali. La Cittadella aveva forma pentagonale e dei cinque bastioni posti
sugli angoli, i tre esposti verso la pianura dovevano essere dotati di
ulteriori casematte, in grado di frenare l'avanzata nemica. I lavori iniziarono
su quello che appariva il bastione più fragile, perché più esposto sul campo
aperto, quello di San Lazzaro, a sud. Le casematte su esso costruite costituiscono
uno straordinario sistema di difesa, che sorprende e meraviglia ancora oggi e
che ancora oggi spiega come davvero la Cittadella torinese fosse
all'avanguardia nelle strategie di difesa e assedio de XVI secolo. E' il
Pastiss (pasticcio), così chiamato, in piemontese, per indicare la sua
complessità costruttiva, quasi un pasticcio.
Posto sul vertice del Bastione, il Pastiss aveva una forma trilobata. La sua
muratura esterna era spessa circa 140 cm e a circa 9 metri sottoterra, scendendo ancora in profondità, assumeva la
forma di un muro doppio, con un'intercapedine vuota di circa un metro, coperta
con una volta dotata a ritmo regolare di pozzi di aerazione. A cosa serviva
quest'intercapedine? In caso di attacco sotterraneo con le mine, in voga a quei
tempi, il muro esterno, spesso solo 30 cm, avrebbe ceduto, facendo sì che
l'onda d'urto fosse assorbita dall'intercapedine e, soprattutto, dai pozzi di
aerazione, lasciando così intatto il muro interno. "Se il nemico fosse
riuscito ad avere ragione dello spesso muro superiore, si sarebbe trovato in un
tratto della vasta camera da combattimento, che l'ingegnere militare Gabrio
Busca, nel trattato Della Architettura Militare, definisce andito a biscia
simile 'a labirinti" si legge nella rivista Opera Ipogea (n.1 2001).
Il muro doppio scendeva fino a circa 14 metri, impedendo al nemico di scavare
ulteriori gallerie al di sotto e, dettaglio non secondario, di minare le fondamenta della costruzione: la falda acquifera su cui sorge Torino si trova
a 16 metri di profondità; se i nemici avessero scavato sotto i 14 metri,
sarebbero finiti nell'acqua.
Il Pastiss era stato concepito come una sorta di doppio forte, uno superiore e
uno inferiore. "Quello superiore presentava camere a botte altre tre
metri, con feritoie da moschetto a 120 gradi, per colpire all'esterno e nel
fortino inferiore, che aveva volte alte 6 metri. Sul retro si trovava un
ridotto con 6 cannoniere, puntate sul fossato, dove il nemico che vi fosse
penetrato sarebbe stato sotto il fuoco incrociato tra il Pastiss e la
Cittadella. Nel caso in cui il nemico fosse riuscito a entrare nel fortino
inferiore, vi sarebbe rimasto intrappolato" scrive Claudia Bocca in Gli
assedi torinesi. Sarebbe infatti finito nella camera da combattimento con
andamento a biscia: la lunga camera era infatti spezzata da murature trasversali,
a pettine, che potevano facilmente isolare gli ambienti con robuste grate fatte
scendere dall'alto. E, una volta intrappolati e isolati nelle camere da
combattimento, i nemici potevano essere attaccati con granate, penetrate
dall'alto o attraverso le numerose feritoie
interne.
Niente era stato lasciato al caso, per rendere inespugnabile la
Cittadella. La profondità dei muri sotto terra, i pozzi di aerazione per
controllare le ondate d'urto delle mine e per impedire che i gas tossici si
accumulassero fino a essere mortali, dimostrano profonde conoscenze geologiche,
chimiche e strategiche, che generalmente ignoriamo appartengano al
Rinascimento.
Del Pastiss, che se non fosse stato abbattuto si troverebbe nell'area
dell'attuale corso Matteotti - corso Galileo Ferraris e dintorni (pensate quanto era
enorme e distesa, la Cittadella!), oggi rimangono solo alcune gallerie,
ampiamente danneggiate dalle fondamenta degli edifici su di esso costruiti.
Riscoperto nel 1958, grazie all'impegno del generale Guido Amoretti (allora
capitano), è oggi oggetto di scavi da parte degli archeologi volontari del Museo
Pietro Micca. Sono state ritrovate le intercapedini dei muri, vari tratti della
camera con andamento a biscia e alcune parti della camera da combattimento del
livello superiore; importante anche il ritrovamento del collegamento tra il
Pastiss e il bastione di San Lazzaro, una galleria alta tre metri riempita di
terra. Peccato che i lavori di riscoperta di questa complessa e meravigliosa
struttura, capolavoro dell'ingegneria e della strategia militare del XVI
secolo, sia affidato solo ai volontari.
Nella foto, il Pastiss ricostruito da Gabrio Busca in Della Architettura Militare; le lettere indicano: H il vertice del Forte di San Lazzaro; I il fossato della Cittadella; L le cannoniere; N il cortile interno; o cinque pozzi di aerazione; P la camera da combattimento a pettine e andamento a biscia; Q le mura esterne.
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