A Palazzo Madama, continua l'indagine
sulla fotografia femminile e dopo Eve Arnold arriva Tina Modotti.
Le
grandi divine dell'immaginario collettivo, immortalate da Eve Arnold,
e le donne dignitose e messicane fotografate da Tina Modotti. Il
contrasto è chiaro, a indicare la varietà degli sguardi e delle sensibilità femminili.
Di Tina Modotti, italiana di
Udine, emigrata nel 1913, appena 17enne, negli USA, e mai tornata in
patria a causa dell'anti-fascismo militante, si è già detto di
tutto di più. Libri, articoli, mostre hanno raccontato questa donna
inquieta, bella e avventurosa, pronta a seguire
uomini e passioni, da rivoluzionari cubani alla guerra civile
spagnola, da comunisti italiani in esilio al Messico, riparo di tutti
i protagonisti di rivoluzioni fallite. E a raccontare/testimoniare la sua vita, le
sue passioni, le sue insicurezze e la sua militanza politica, la sua
fedele macchina fotografica.
La mostra torinese propone
un'ottantina di immagini, scattate da lei e su di lei. Ci sono le
prime sperimentazioni sugli oggetti inanimati e i primi lavori. Ci sono le sue riflessioni su cosa siano l'arte e la fotografia. Colpiscono il cappello dei campesinos messicani associato alla falce
e il martello, il volto bello e immobile di Julio Antonio Mella sul
letto di morte, affiancato a un'immagine impetuosa del
rivoluzionario cubano, il contrasto tra il cartellone pubblicitario
di un marchio elegante e un pover'uomo seduto sul marciapiede
sottostante, l'attenzione continua per la povertà, che si esprime
nei volti e nelle fatiche delle donne messicane dagli sguardi fieri.
Ci sono le foto finite sui giornali americani, a raccontare il
Messico povero e maledetto, lontano dagli stereotipi, e ci sono
le foto dei suoi nudi sull'azotea, realizzati da Edward
Weston, il compagno con cui si trasferì in Messico negli anni 20. Le
fotografie sono introdotte spesso da brani tratti dalle lettere
scritte da Tina a Weston: colpisce la grande insicurezza con cui lei
guarda al suo lavoro, la paura di non essere all'altezza, di non
avere il tempo sufficiente da dedicare all'arte, di dover scegliere
sempre tra sopravvivenza e passione. Anche la concezione che ha di sé
sembra quasi voler sminuire le sue doti: "Mi
considero una fotografa, niente di più. Se le mie foto si
differenziano da ciò che viene fatto di solito in questo campo, è
precisamente perché io cerco di produrre non arte, ma oneste
fotografie, senza distorsioni o manipolazioni."
Si legge di Tina Modotti sulle riviste, spesso patinate, e si
immagina una giovane donna, sicura, spregiudicata, militante
e rivoluzionaria, pronta all'avventura e a nuovi amori, senza
preoccuparsi delle reazioni della società; e si ritrova una giovane militante di sicuro, avventurosa senza dubbio, ma anche
bisognosa di rassicurazioni e di affetto, molto più fragile di come
la recente storiografia l'ha tramandata. E la si sente curiosamente più vicina, più umana, più comprensibile.
A chiudere la mostra, i
celebri versi che Pablo Neruda le ha dedicato, dopo la sua morte
inaspettata, avvenuta a Città del Messico nel 1942, a soli 46 anni,
in taxi, mentre stava tornando a casa dopo una serata a casa di
amici, uccisa da un infarto. Le leggende negre messicane volevano che
la sua morte non fosse dovuta a cause naturali, ma alla mano negra
del suo ultimo compagno, Vittorio Vidali, comunista italiano in
esilio e longa manu di Mosca, si diceva, in buona parte delle lotte intestine
della sinistra (morto nel 1983, a lungo deputato del Parlamento
italiano, Vidali ha raccontato il suo punto di vista ed è stato poi
scagionato dalle accuse di essere coinvolto negli omicidi di Mella,
Trotzkji e nella morte della stessa Tina). Per rifiutare ogni ipotesi
di complotto Neruda le dedicò versi affettuosissimi, che chiudono,
giustamente, con un po' di malinconia, la mostra torinese.
Tina
Modotti – Perché non muore il fuoco è aperta fino al 5 ottobre
2014, nella Corte Medievale di Palazzo Madama; il biglietto
d'ingresso costa 8 euro, ridotto 5 euro, gratuito per Abbonamenti
Musei, Torino+Piemonte Card, in tutti i casi è compresa
l'audioguida, chiedetela, se non ve la danno! Gli orari d'apertura
sono da martedì a sabato dalle 10 alle 18, domenica dalle 10 alle
19, chiuso il lunedì. Tutte le info su
www.palazzomadamato.it.
PS Cercando di Tina, dopo aver visto la mostra, mi sono imbattuta in questo libro,
Tina Modotti: verità e leggenda di Christiane Barckhausen, che mi è sembrato interessante, per approfondire la personalità della fotografa friulana.
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