FLOReal d'autunno alla Palazzina di Stupinigi

 Nel weekend torna alla Palazzina di Caccia di Stupinigi FLOReal, che tanto successo aveva avuto nella prima edizione, nella stessa location. Nella tre giorni, dal 7 al 9 ottobre 2022, la mostra florovivaistica, con vivaisti provenienti da ogni parte d'Italia, sarà accompagnata da un ricco palinsesto culturale. Presentazioni di libri e conferenze, proiezioni di cortometraggi e documentari, performance teatrali, mostre, laboratori e un ampio spazio dedicato alla gastronomia, con un filo comune: la natura e la sostenibilità. La mostra propone colori e profumi dell'autunno, "dal fiore più amato, la rosa, agli agrumi siciliani, le orchidee dalla Lombardia, e ancora piante succulente e carnivore, orchidee, tillandsie, piante acquatiche e rampicanti, aromatiche e tropicali, oltre a diverse tipologie di bonsai. Piante da appartamento, da secco e da sole intenso, da ombra, fioriture annuali, bulbose e graminacee. Non mancheranno varietà più stagionali come le viole, i ciclam

Il Messico, le donne e le rivoluzioni di Tina Modotti, in mostra a Palazzo Madama, a Torino

A Palazzo Madama, continua l'indagine sulla fotografia femminile e dopo Eve Arnold arriva Tina Modotti.
Le grandi divine dell'immaginario collettivo, immortalate da Eve Arnold, e le donne dignitose e messicane fotografate da Tina Modotti. Il contrasto è chiaro, a indicare la varietà degli sguardi e delle sensibilità femminili.
Di Tina Modotti, italiana di Udine, emigrata nel 1913, appena 17enne, negli USA, e mai tornata in patria a causa dell'anti-fascismo militante, si è già detto di tutto di più. Libri, articoli, mostre hanno raccontato questa donna inquieta, bella e avventurosa, pronta a seguire uomini e passioni, da rivoluzionari cubani alla guerra civile spagnola, da comunisti italiani in esilio al Messico, riparo di tutti i protagonisti di rivoluzioni fallite. E a raccontare/testimoniare la sua vita, le sue passioni, le sue insicurezze e la sua militanza politica, la sua fedele macchina fotografica.
La mostra torinese propone un'ottantina di immagini, scattate da lei e su di lei. Ci sono le prime sperimentazioni sugli oggetti inanimati e i primi lavori. Ci sono le sue riflessioni su cosa siano l'arte e la fotografia. Colpiscono il cappello dei campesinos messicani associato alla falce e il martello, il volto bello e immobile di Julio Antonio Mella sul letto di morte, affiancato a un'immagine impetuosa del rivoluzionario cubano, il contrasto tra il cartellone pubblicitario di un marchio elegante e un pover'uomo seduto sul marciapiede sottostante, l'attenzione continua per la povertà, che si esprime nei volti e nelle fatiche delle donne messicane dagli sguardi fieri.
Ci sono le foto finite sui giornali americani, a raccontare il Messico povero e maledetto, lontano dagli stereotipi, e ci sono le foto dei suoi nudi sull'azotea, realizzati da Edward Weston, il compagno con cui si trasferì in Messico negli anni 20. Le fotografie sono introdotte spesso da brani tratti dalle lettere scritte da Tina a Weston: colpisce la grande insicurezza con cui lei guarda al suo lavoro, la paura di non essere all'altezza, di non avere il tempo sufficiente da dedicare all'arte, di dover scegliere sempre tra sopravvivenza e passione. Anche la concezione che ha di sé sembra quasi voler sminuire le sue doti: "Mi considero una fotografa, niente di più. Se le mie foto si differenziano da ciò che viene fatto di solito in questo campo, è precisamente perché io cerco di produrre non arte, ma oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni." Si legge di Tina Modotti sulle riviste, spesso patinate, e si immagina una giovane donna, sicura, spregiudicata, militante e rivoluzionaria, pronta all'avventura e a nuovi amori, senza preoccuparsi delle reazioni della società; e si ritrova una giovane militante di sicuro, avventurosa senza dubbio, ma anche bisognosa di rassicurazioni e di affetto, molto più fragile di come la recente storiografia l'ha tramandata. E la si sente curiosamente più vicina, più umana, più comprensibile.
A chiudere la mostra, i celebri versi che Pablo Neruda le ha dedicato, dopo la sua morte inaspettata, avvenuta a Città del Messico nel 1942, a soli 46 anni, in taxi, mentre stava tornando a casa dopo una serata a casa di amici, uccisa da un infarto. Le leggende negre messicane volevano che la sua morte non fosse dovuta a cause naturali, ma alla mano negra del suo ultimo compagno, Vittorio Vidali, comunista italiano in esilio e longa manu di Mosca, si diceva, in buona parte delle lotte intestine della sinistra (morto nel 1983, a lungo deputato del Parlamento italiano, Vidali ha raccontato il suo punto di vista ed è stato poi scagionato dalle accuse di essere coinvolto negli omicidi di Mella, Trotzkji e nella morte della stessa Tina). Per rifiutare ogni ipotesi di complotto Neruda le dedicò versi affettuosissimi, che chiudono, giustamente, con un po' di malinconia, la mostra torinese.
Tina Modotti – Perché non muore il fuoco è aperta fino al 5 ottobre 2014, nella Corte Medievale di Palazzo Madama; il biglietto d'ingresso costa 8 euro, ridotto 5 euro, gratuito per Abbonamenti Musei, Torino+Piemonte Card, in tutti i casi è compresa l'audioguida, chiedetela, se non ve la danno! Gli orari d'apertura sono da martedì a sabato dalle 10 alle 18, domenica dalle 10 alle 19, chiuso il lunedì. Tutte le info su www.palazzomadamato.it.
PS Cercando di Tina, dopo aver visto la mostra, mi sono imbattuta in questo libro, Tina Modotti: verità e leggenda di Christiane Barckhausen, che mi è sembrato interessante, per approfondire la personalità della fotografa friulana.



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