Il Risorgimento italiano non inizia con
la Restaurazione, il Romanticismo e i primi moti carbonari, nel XIX
secolo. No. Tutto inizia nel 1706, con l'assedio di Torino e con la gloria
dei vincitori Vittorio Amedeo II di Savoia, diventato Re di Sicilia
(e poi di Sardegna) grazie al successivo Trattato di Utrecht (1714),
e del cugino Eugenio di Savoia, uno dei più grandi condottieri del
XVIII secolo. Lo sostiene il Museo del Risorgimento di Torino, che
inizia il suo percorso museale con un grande quadro dell'assedio di
Torino e con le statue, quasi a grandezza naturale, di Vittorio
Amedeo e di Eugenio. Dopo aver chiarito le ambizioni del Ducato
diventato Regno, il Museo passa a raccontare le premesse del
Risorgimento: le conseguenze della Rivoluzione Francese
nell'immaginario europeo, l'avventura napoleonica, con le sue
influenze nella cultura italiana, il Congresso di Vienna e la
Restaurazione, con il ritorno degli antichi sovrani, compresi i
Savoia, che a Torino si celebrano con la costruzione della Gran
Madre.
La chiave di lettura scelta dal Museo del Risorgimento è
estremamente moderna e nuova per spiegare il movimento di unità
nazionale: tutto è inserito nelle vicende europee, in un contesto di
inquietudini e disgregazione continentale, legato anche ai
cambiamenti economici e sociali in corso, con influenze reciproche e
con faticosi equilibri politici. E' il Risorgimento come piacerebbe
studiarlo a scuola, movimento sì borghese e moderato, per soffocare
le istanze più progressiste, ma anche profondamente influenzato
dalle rivoluzioni europee, dagli ideali romantici, dai cambiamenti
economico-sociali.
Le sale del Museo hanno colori caratterizzanti:
il rosso che parla del sangue versato, il grigio che racconta la
freddezza delle speranze deluse nella Restaurazione, l'azzurro che
ricorda il colore dei liberali e dei Savoia. I cimeli che si espongono
sono numerosissimi e preziosi: non solo ritratti di sovrani e
politici, quadri di paesaggi cittadini e di battaglie, ma anche i
proclami, i giornali, i documenti, i plebisciti, che hanno
accompagnato tutta la vicenda risorgimentale, le divise e gli abiti
dei grandi protagonisti, dal Conte Camillo Benso di Cavour a Giuseppe
Garibaldi a Massimo d'Azeglio, le carrozze e gli stendardi. C'è
anche un telaio con cui si realizzavano i tricolori. Si respira il
clima di speranza ed euforia che accompagna sempre i grandi ideali; si comprende l'astuzia politica di Cavour; si rivivono le grandi
battaglie delle guerre d'indipendenza, rivedendo i bersaglieri, le
divise e gli accampamenti; si ritrova l'epopea di Giuseppe Garibaldi
e si capisce perché, in fondo, sia stato il grande sconfitto,
nonostante senza le sue imprese sarebbe stata impossibile l'Unità
d'Italia. Ci sono i dovuti omaggi a Carlo Alberto, con la
ricostruzione fedele della stanza in cui è morto, in esilio a
Oporto; a Camillo Benso, con la ricostruzione dello studio da cui ha
disegnato l'Italia; al Regno di Sardegna, con la conservazione della
prima Camera dei Deputati subalpina (e vederla, da dietro i vetri che
la proteggono, è una grande emozione).
Numerosi video, lungo il
percorso, invitano all'approfondimento delle tematiche proposte. Il
1848 e il suo effetto domino, da Parigi in tutta Europa; la
disgregazione austro-ungarica, con le spinte sempre più
indipendentiste dell'Ungheria; il sangue della rivoluzione polacca
fallita e la diaspora dei suoi esuli, in tutta Europa, Torino
compresa; il ruolo egemone assunto dal Piemonte nel movimento
unitario. Nella sala cinema un video più lungo racconta la guerra di
Crimea e l'importanza della partecipazione del Regno di Sardegna, per
imporre nel dibattito politico europeo la questione italiana.
Nella
parte finale del percorso museale, ci si prepara alla Prima Guerra
Mondiale, che avrebbe restituito all'Italia Trento e Trieste. Ma
l'attenzione è soprattutto per la scomparsa della generazione che
'ha fatto' l'Italia, per la crescente presenza dei movimenti operai e
dei loro ideali nella vita politica e sociale, per lo stile di vita
della borghesia, che, nella Belle Epoque, scopre l'ottimismo del
progresso, creduto inarrestabile. Scoppiata la guerra, ci sono le
divise militari dei soldati e un modellino che mostra la precarietà
e la durezza della vita di trincea e c'è poco da aggiungere sull'inutilità e il dolore delle guerre.
Se avete una conoscenza
scolastica medio-buona del Risorgimento, il Museo aiuta a
rinfrescare la memoria, offre spunti di riflessione, ha
l'intelligenza di inserire tutto in una chiave europea, che in genere
sfugge. Se ignorate la storia risorgimentale, il Museo fornisce tutte
le informazioni in modo moderno, scorrevole e intelligente: non si
può uscire dalle sue sale senza la voglia di approfondire e saperne
di più su chi siamo e come è nato il nostro Paese.
Il percorso termina nella grandiosa sala che fu costruita per il
Parlamento italiano. In questo spazio enorme e solenne, quadri
giganteschi raccontano l'epopea risorgimentale, dalle battaglie vinte
e perdute, durante le guerre d'indipendenza, alla Spedizione dei
Mille, fino agli omaggi di Garibaldi stanco ad Anita. In sottofondo
ci sono le canzoni risorgimentali e quando suonano il
Va' pensiero o
il
Canto degli Italiani, be', ripensando allo studio di Cavour, al
bersagliere in movimento, a Garibaldi a cavallo, ai quadri epici che raccontano fatiche, sofferenze, determinazione e coraggio, un nodo alla gola e
un grazie vengono spontanei.
Il Museo del Risorgimento è a
Palazzo Carignano, con ingresso da piazza Carlo Alberto 8 (ma potete
entrare anche da piazza Carignano, attraversando il magnifico cortile
del palazzo); gli orari d'apertura sono da martedì a domenica dalle
10 alle 18, chiuso il lunedì; il biglietto costa 10 euro, ridotto 8
euro, gratuito per i possessori delle tessere Abbonamento Musei
Torino Piemonte e Torino Card e ogni primo martedì del mese. Il sito
web, di uso facile e intuitivo, è
http://www.museorisorgimentotorino.it
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