A lei è dedicata una delle vie più
famose e più amate del centro di Torino, via Maria Vittoria, in cui si trova anche Palazzo Cisterna, il palazzo di famiglia in cui è a lungo vissuta. Ma di
Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna i torinesi sanno molto poco.
Eppure fu una delle donne più belle e più virtuose del suo tempo e fu regina di Spagna, in una breve stagione che la Spagna in
crisi sta rivalutando, chiedendosi cosa sarebbe stato se re Amedeo I
di Savoia avesse avuto davvero la possibilità di regnare, con le sue
idee liberali.
Appartenente a una famiglia di antica nobiltà
piemontese, educata da un padre amatissimo, che la spinse a curare la
spiritualità e la cultura, sin dall'adolescenza Maria Vittoria si dedicava soprattutto alle
opere di bene e colpiva i suoi interlocutori per le conversazioni
brillanti e per la solida cultura. Qualche anno dopo, già sposa del
principe Amedeo, duca d'Aosta e terzogenito di Vittorio Emanuele II, la contessa De
Solms-Napoleone scrisse di lei, dopo averla incontrata a Parigi: "Non
conosco in tutta Europa una giovane principessa di più facile
conversazione, di maggiore intelligenza, di maggior tatto pratico e
allo stesso di maggior serietà quanto Maria Vittoria. E' dignitosa
senza alterigia, benefattrice senza affettazione, soccorritrice senza
superbia. Il suo sorriso è improntato a tanta bontà che incanta;
no, non conosco altra donna alla quale più degnamente convengano i
più alti destini".
Rimasta orfana di padre a 17 anni ed erede
della sua ingente fortuna, Maria Vittoria era chiamata la rosa di
Torino, per il suo comportamento serio, per la sua preoccupazione
per i più poveri, per la sua integrità. E fu per questo nome che
attirò l'attenzione del giovane Duca d'Aosta. Gli incontri a casa
Dal Pozzo si fecero sempre più frequenti, fino a quando Amedeo,
con il consenso del padre, chiese la bellissima Maria Vittoria in
sposa. Il loro fu uno dei pochi matrimoni d'amore concessi all'epoca
ai figli dei sovrani; si sposarono il 30 maggio 1867, in una Torino
in festa: Amedeo aveva 22 anni, Maria Vittoria 20. Durante il viaggio
di nozze si fermarono nelle principali corti europee, che rimasero
colpite dalla sensibilità di Maria Vittoria.
Nel 1870, la Spagna in cerca di un nuovo re, propose la sua Corona ad Amedeo; il suo eventuale regno contava sull'appoggio delle
principali potenze europee e avrebbe potuto porre fine alle lotte carliste, che stavano sfiancando il Paese. Il giovane principe fu
spinto ad accettare la proposta dal padre, re Vittorio Emanuele II,
che gli ricordò come essere principe implicasse anche doveri,
incluso quello di accettare una Corona straniera. A Madrid i giovani
sovrani ricevettero un'accoglienza fredda: il loro principale
sostenitore, il generale Juan Prim, fu assassinato poco prima dell'arrivo
di Amedeo, il loro stile di vita semplice e austero suscitava sorpresa persino
tra il personale di Palazzo Reale, l'aristocrazia boicottava le loro
iniziative.
La giornalista spagnola Carmen Gallardo, responsabile
dell'attualità e della politica di Yo dona, supplemento
femminile di El Mundo, ha dedicato a Maria Vittoria un libro,
La reina de las lavanderas (La regina delle lavandaie). "La
novità di Maria Vittoria è che è assolutamente colta, quando le
donne non lo erano, e non era per niente arrogante, come potevano
essere altre, come Eugenia de Montijo, per fare un esempio di donna a
lei contemporanea" dice dell'ultima regina italiana di Spagna. A
Madrid, Maria Vittoria si fece notare immediatamente per le
iniziative in favore dei più poveri. In particolare, la regina fu
colpita dalla durissima vita delle lavandaie, che aveva incontrato
nei suoi giri per conoscere la vita dei diseredati della capitale;
aveva notato come queste donne dovessero abbandonare i propri figli
da soli per ore, per lavorare nelle gelide
acque del Manzanarre; così fece costruire asili per i loro bambini,
affinché fossero assistititi mentre le madri lavoravano. Non fu la
sua unica iniziativa: ogni giorno riceveva in udienza i poveri e per
aiutarli utilizzava anche il proprio patrimonio personale.
Ma non
pensate che identificasse il suo ruolo di regina solo con l'impegno
sociale. Grazie a lei a Palazzo Reale si davano appuntamento
intellettuali, musicisti e artisti e si ascoltavano conversazioni
colte e concerti. Per la prima volta la Cultura frequentava i sovrani
spagnoli, ma l'aristocrazia conservatrice continuava a non apprezzare
e boicottava gli sforzi della giovane regina. Il regno di Amedeo I
durò solo due anni, durante i quali il re si sforzò di
mediare tra le mille anime della Spagna, che si scontravano
ferocemente, cercando non la convivenza, ma la sconfitta e la fine
della controparte. Il regista Luis Miñarro ha recentemente dedicato
un film al re italiano, Estrella fugaz: "Se fosse riuscito a
imporre i suoi ideali, avrebbe cambiato la storia del Paese, dato che
fu capace di identificarne i mali con precisione, nel suo discorso di
rinuncia: gli stessi spagnoli e la loro incapacità di riconciliarsi"
ha detto.
L'11 febbraio 1873 Amedeo I rinunciò al trono di Spagna
con un discorso lucidissimo: "Grande è l'onore che la Nazione
spagnola mi ha fatto, scegliendomi per occupare un trono... Credevo
che alla breve esperienza della mia vita nell'arte del comando,
potevo supplire con la lealtà del mio carattere, e che avrei trovato
potente aiuto per scongiurare i pericoli e vincere le difficoltà che
non si occultano alla mia vista, nella simpatia di tutti gli spagnoli
amanti della patria... Riconosco che mi hanno ingannato i miei buoni
auspici. Sono passati due lunghi anni da quando ho cinto la Corona di
Spagna, e la Spagna vive una lotta costante, vedendo ogni giorno più
lontana l'era di pace a cui ardentemente anelo. Se fossero stranieri
i nemici del suo destino, allora, alla guida di questi soldati così
valorosi, sarei il primo a combatterli; ma tutti quelli che, con la
spada, con la piuma, con la parola, aggravano e perpetuano i mali
della Nazione, sono spagnoli, tutti invocano il dolce nome della
Patria, tutti lottano e si agitano per il suo bene e, tra il fragore
del combattimento e il confuso, assordante e contraddittorio clamore
dei partiti, tra tante e tante opposte manifestazioni dell'opinione
pubblica, è impossibile indovinare qual è quella vera e più
impossibile ancora trovare rimedio a tanti mali. L'ho cercato
avidamente nella legge e non l'ho trovato. Fuori dalla legge, non lo
cercherà chi ha promesso osservarla. Queste sono, signori Deputati, le
ragioni che mi muovono a restituire alla Nazione, e nel suo nome a
voi, la Corona che mi ha offerto il voto nazionale, rinunciando ad
essa per me, per i miei figli e successori. State sicuri che, al
separarmi dalla Corona, non mi separo dall'amore per questa Spagna
tanto nobile come sfortunata, e che non porto altro dispiacere che
non essermi stato possibile procurarle tutto il bene che il mio cuore
leale sognava per lei".
Lasciata
Madrid, Amedeo e Maria Vittoria, di nuovo duchi d'Aosta, tornarono a
Torino, festosamente accolti. Maria Vittoria continuò a dedicarsi
alle sue opere di carità e e ai suoi tre bambini,
Emanuele Filiberto e Vittorio Emanuele, nati prima dell'avventura
spagnola, e Luigi Amedeo, nato a Madrid; per loro tre voleva una
solida educazione culturale e religiosa, insegnò loro l'altruismo e
li amò teneramente. Ma la salute, mai buona, iniziò ad abbandonarla
poco dopo il ritorno in Piemonte. Circondata dalle attenzioni del
marito, Maria Vittoria iniziò a deperire. Morì a Sanremo, dove
Amedeo l'aveva inutilmente portata, sperando nelle virtù dell'aria
di mare, l'8 novembre 1876, avendo accanto a sé il marito e i tre
figli. L'ultima regina italiana di Spagna è sepolta nella Basilica
di Superga: in una teca, accanto al suo monumento funerario, sono
conservati, essiccati, i fiori che arrivarono per lei da Madrid: A la
memoria de doña Maria Vittoria, las lavanderas de Madrid, Barcelona,
Valencia, Alicante, Tarragona, a tan virtuosa Señora.
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