Vanità/Vanitas,
al
Museo Ettore Fico fino
al 28 febbraio 2016, è una delle mostre
più interessanti e curiose in corso a Torino. L'idea è di
analizzare
come l'arte abbia interpretato il tema della vanità
attraverso i secoli; per farlo si risale fino alle origini della vanità, a quel biblico
Vanitas vanitatum et omnia vanitas (Vanità delle
vanità, tutto è vanità), che dall'Ecclesiaste ci ammonisce come
tutto sia sostanzialmente inutile, "l'esistenza è
miserabile e sfocia
inevitabilmente nella morte. L'uomo si affatica in una perpetua
ricerca della felicità e, sebbene possa godere del legittimo frutto
del suo lavoro, è solo per
un lasso di tempo troppo breve".
Una visione della vita così oscura poteva avere successo più
nell'Europa protestante e calvinista che in quella cattolica e
latina, dove il pentimento e il perdono offrono almeno una speranza.
E infatti è stato
in Olanda che la vanità è entrata
prepotentemente nell'arte, con le
nature morte e le
allegorie sulla
caducità dei successi terreni e sull'inesorabilità della morte, ad
ammonire i ricchi mercanti fiamminghi. Era una pittura allegorica,
dato il rifiuto della Riforma Protestante per le immagini religiose.
E le allegorie si diffusero poi in Francia e in Germania, per
arrivare finalmente in Spagna e in Italia. Il teschio e la clessidra,
i libri sgualciti e persino i gioielli, sono tutti simboli,
allegorie, per riflettere sulla fragilità della vita umana,
sull'inutilità delle sue rincorse sul cerchio continuo tra vita e
morte.
La mostra riflette su questi temi in modo originale, con
due sezioni che si rimandano continuamente,
Il silenzio delle cose,
che propone
i grandi pittori dell'arte europea del XVI-XVIII secolo,
e
Non la parola fine ma la fine delle parole, con opere di
grandi
artisti contemporanei provenienti dalla donazione di
Renato Alpegiani. E' un rimando continuo, una contrapposizione
neanche silenziosa e un dialogo inaspettato tra i quadri di Evaristo
Baschenis, Murillo o Ambrogio Figino, con le opere contemporanee di
Carol Rama o Stefano Arienti. Fino ad arrivare alla
vanità più
recente, quella che celebra
la bellezza fisica degli atleti più
famosi, fotografati da
Fred Goudon nella mostra
Corpi atletici.
Dieux du Stade, come se
fossero
gli dèi di questi anni, mentre, poco più in là, le severe
allegorie del Seicento ammoniscono anche sulla caducità dei corpi
splendenti. E poi c'è l'ultima sfida, l'
opere site-specific di
Luca
Pozzi, con la
scienza come ultima frontiera della vanità umana:
The
Messangers of Gravity è
stato realizzato grazie alla collaborazione dei ricercatori del CMS
Experiment-CERN e ha come protagonista il
Compact Muon Solenoid, che
esamina le infinite collisioni di materia nel più grande
acceleratore di particelle al mondo, mentre si cerca risposta ai
misteri dell'Universo. Non è forse l'ultima delle
vanità?
Vanità/Vanitas è una mostra di riflessioni continue su
temi eterni, che trovano
risposte solo temporanee e spesso più
inquietanti che appaganti. E spinge a considerare sul serio la
proposta del Museo Ettore Fico anche
la sua sede, simbolo della
fragilità delle cose umane e sulle scadenze che tutti dobbiamo
inesorabilmente affrontare:
un grandioso edificio che fu industriale
trasformato in uno
splendido e luminoso percorso culturale, il tempo
che passa, che obbliga a un finale e che poi rinasce e porta nuovi
orizzonti, anch'essi con data di scadenza,
un circolo continuo, che
si rinnova continuamente e che cerca soluzione anche nella vanità,
in fondo.
Vanità/Vanitas è
al
Museo Ettore Fico, in
via Francesco Cigna 114 fino
al 28 febbraio
2016. L'
orario di apertura è da mercoledì a venerdì ore 14-19;
sabato e domenica ore 11-19. Il
prezzo del biglietto è 10 euro,
ridotto 8 euro (over 65 ed enti convenzionati), 5 euro dai 13 ai 26
anni; gratuito fino a 12 anni, MEF Friends, giornalisti accreditati,
persone con disabilità ed eventuale accompagnatore, possessori di
Torino+Piemonte Card. Il
sito web del Museo, per tutte le info, è
www.museofico.it.
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