E' stato seguire
La Porta Rossa in tv e
sentire nostalgia per
Trieste, una città che ho molto amato,
che ho molto frequentato alcuni anni fa, avendo lavorato ad alcune
edizioni del
Festival del Cinema Latinoamericano, e in cui tornerei
anche domani. È l'
unica città europea all'incrocio delle
tre grandi culture del nostro Continente, la latina, la germanica, la
slava, ed è stata per secoli il porto dell'unico grande Impero che ha
cercato di farle convivere, quello Austro-Ungarico. La sua
cultura mitteleuropea si nota nei suoi
palazzi asburgici, che fanno pensare più a Vienna che a Roma, si
respira nei suoi caffè silenziosi ed eleganti, si sente nel suo
mare, che da un lato ha l'Italia e dall'altro la Slovenia. È una sensazione
strana, è il
fascino magico di questa città. Cosa
tornerei a rivedere di Trieste e cosa scoprirei finalmente, data la
mancanza di tempo delle altre volte? È facile!
Il
Molo Audace è per me uno dei posti più belli d'Italia: è lungo circa 200 metri, è
proteso verso il mare ed è una delle più belle passeggiate che
offra la città, soprattutto alla domenica mattina. Il silenzio rotto solo dal suono delle onde del mare, che si infrangono
placidamente, il faro rosso che indica l'ingresso al porto, il
Castello di Miramare davanti, piazza Unità
d'Italia e lo
skyline della città storica alle spalle. È il primo posto in cui vado sempre ed è il primo in cui tornerei: pochi luoghi sanno regalare
sensazioni di quiete e serenità, come il Molo Audace!
A pochi
passi, c'è
una delle piazze più belle d'Italia,
piazza
Unità d'Italia: si apre sul mare e raccoglie
tutti i palazzi del
potere, sia passato che attuale: la Prefettura, la Regione, il Comune. I mosaici e gli stucchi
delle facciate, il grande orologio dell'attuale Municipio, il più
famoso dei caffè triestini, il Caffè degli Specchi, spiegano il
fascino di questa piazza, che
innamora in qualunque circostanza,
sotto il sole o nella
suggestiva illuminazione notturna, nella
pioggia o sferzata dalla
bora, che ti entra
dentro anche se hai un pesante cappotto e i triestini ti dicono
ridendo che non hai idea di cosa sia la bora, se consideri gelido il
vento di ottobre.
Oltre
la Riva del Mandracchio, lungo il mare, ci sono
due
statue di bronzo, meta di turisti in cerca di foto tra il Golfo e la
Città: un bersagliere con la bandiera italiana e, poco più in
là, due ragazze che cuciono un tricolore; sono il segno
dell'italianità di Trieste e non sono le uniche statue di bronzo ad altezza d'uomo.
Non lontano,
sul Ponte Rosso del Canal Grande,
c'è una statua di
James Joyce, uno dei grandi scrittori che vissero
in città. Il nome del canale rievoca subito Venezia, ma i palazzi
che vi si affacciano sono
più asburgici che veneziani; è chiuso
dalla
chiesa di Sant'Antonio, la cui facciata con pronao fa pensare
immediatamente al
Pantheon, ha sul lato orientale la splendida
chiesa
serbo-ortodossa della Santissima Trinità e di San Spiridione, che
ricorda Bisanzio, con i suoi mosaici e le sue cupole azzurre. A pochi
metri l'una dall'altra, si guardano Roma e Costantinopoli, lungo un canale
quieto, di piccole imbarcazioni di pescatori, di
locali con i
tavolini all'aperto (c'è anche il
caffè Stella Polare, uno dei
caffè storici di Trieste).
Da piazza Unità d'Italia e dallo
stesso Canal Grande è facile entrare nella parte più interna della
città, quella che riesce sempre a farti finire davanti al
Teatro
Romano, si inerpica verso
San Giusto e offre
discese ardite e
risalite che neanche Lisbona.
A San Giusto bisogna arrivare a piedi,
lungo la via della Cattedrale: la salita è ripida, perché negarlo?
Ma la
facciata romanica di pietra della chiesa, che mano a mano si
apre,
tra gli alberi del viale, ripaga la fatica: non solo il
significato risorgimentale di San Giusto, ma anche la sua bellezza
architettonica e il
sito archeologico che la affianca, con una
bella
vista sulla città. Trieste è nata qui, qui si è difesa e qui ha
venerato gli dei che si sono succeduti lungo la sua storia, qui ha
lottato perché fosse riconosciuta la sua italianità e chissà se
siamo mai stati all'altezza di quel sogno.
All'interno, piazza Carlo Goldoni, via Silvio Pellico (con il tunnel che
passa sotto il Colle di San Giusto!) e via Giosuè Carducci sono
fiancheggiate dai palazzi di architettura mitteleuropea e raccontano il
carattere multiculturale della città, un po' germanica e un po'
slava, ma fieramente italiana.
Sotto gli alberi di viale XX
settembre, in larga parte pedonale, i tavolini all'aperto di locali e
ristoranti rinnovano il gusto dei triestini per il tempo speso nei
caffè e per la convivialità. Dalla monumentale
piazza Oberdan, lì
vicino, parte
il tram che sale verso Opicina. È davvero affascinante, tra studenti e signore con le
buste della spesa; ci sono tratti così ripidi che il tram viene
trascinato (in salita) o frenato (in discesa) da appositi meccanismi
chiamati scudi; ma quello che colpisce è il panorama delle colline
carsiche, così mediterraneo e selvaggio; se scendete alla
fermata
Obelisco, il panorama su Trieste e sull'Istria, nelle giornate più
chiare, è eccezionale (per questo è una delle cose che rifarei a
Trieste).
Ho lasciato alla fine il
Castello di
Miramare. Non
potrei immaginarmi Trieste
senza la storia romantica del Castello di
Massimiliano e Carlotta, e senza il suo tragico finale, e
non esiste
panorama triestino degno di questo nome
che non includa anche
Miramare. Di fatto, mi è sempre capitato di incontrare triestini che
la prima cosa che ti fanno notare non è San Giusto o Sant'Antonio,
ma Miramare!
Arrivarci da Trieste è facile, c'è l'autobus urbano
numero 6, che passa vicino alla Stazione Ferroviaria e lascia a circa
10 minuti a piedi dall'ingresso al Parco. E non entrate subito nelle sale che
videro felici l'arciduca Massimiliano e Carlotta del Belgio, prima
dell'avventura messicana;
godetevi il Parco, le terrazze lungo il
mare, la vegetazione che scende scoscesa e rigogliosa fino alla riva,
il Golfo di Trieste che chiude l'orizzonte. A me colpisce sempre
la piccola Sfinge sul molo da cui partì per l'ultima volta
Massimiliano e che guarda il mare. Chissà se già sapeva.
Vedere
La porta rossa e pensare a Trieste, a tutto quello che vorrei
rivedere e che mi piacerebbe scoprire. Tornando, cercherei di godere
di più
la città interna e i suoi scorci, approfitterei dei servizi
marittimi per
navigare verso Muggia e verso Miramare (le info con tariffe e orari su
www.triestetrasporti.it). Soprattutto,
alzerei lo sguardo verso Ursus, la grande gru sul porto da cui
Lino
Guanciale,
alias Leonardo Cagliostro, guardava la città che ormai lo escludeva; ci sono passata sotto chissà quante volte (il
Teatro Miela del Festival del Cinema Latinoamericano è nei suoi
pressi) e non l'ho mai notata. Non me lo perdono ancora.
ITINERARIO fatto più volte, visto che mia figlia studia a Trieste da 3 anni. magnifica città e se lo dico io che sono napoletano, deve essere vero!
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