Tra le due maniche, è quella
di collegamento a Palazzo Reale a
essere più interessante. Come tante altre cose in città, il suo
destino fu segnato dall'arrivo del
duca Emanuele Filiberto, che fece
di Torino la sua capitale. Stabilitosi nell'allora
Palazzo del
Vescovo, che sarebbe poi stato abbattuto per fare posto a
Palazzo
Reale, ruotato di 90° rispetto al precedente, così da fare di
piazza Castello e della successiva via Roma
il principale asse
cittadino, il giovane Duca intravide
il potenziale dell'edificio di
collegamento tra il Palazzo e il Castello e lo
inglobò,
praticamente, tra gli spazi della sua residenza.
Ma in realtà fu
suo figlio Carlo Emanuele I a fare della cosiddetta
Galleria Grande
un
luogo delle meraviglie. Mi è già capitato di scriverlo, ma mi
piace ripeterlo: Emanuele Filiberto e suo figlio Carlo Emanuele hanno
avuto
personalità e intuizioni tali da meritare entrambi maggiore
attenzione, anche da parte delle
fiction tv storiche. Se Emanuele
Filiberto è stato
il fondatore del Ducato italiano e ha intuito
il
ruolo dell'architettura nella propaganda politica della dinastia, suo
figlio è colui che ha iniziato
la trasformazione dell'immagine della
capitale, utilizzandola
a gloria dei Savoia. Entrambi
guerrieri, ma
dotati di grande cultura umanistica, hanno
pianificato la Torino dei
secoli successivi: i sovrani che si sono succeduti dopo di loro,
hanno in fondo
realizzato i sogni dei primi due Duchi sabaudi in
territorio italiano.
Carlo Emanuele I era un appassionato
collezionista, come ha dimostrato la fantastica
mostra Le meraviglie del mondo. Le collezioni di Carlo Emanuele I, che i Musei
Reali gli hanno dedicato qualche anno fa: scultura, pittura,
letteratura, passato, presente,
niente sfuggiva alla sua ansia di
conoscenza e di possesso; manteneva
corrispondenza con i sovrani come
lui affascinati dallo sconosciuto, come
Rodolfo II d'Asburgo,
comprava oggetti d'arte antica e contemporanea, libri, monete, si
scambiava lunghe impressioni con gli omologhi europei. E a un certo
punto ebbe il problema che hanno tutti i collezionisti:
dove mettere
tanto prezioso materiale. Fu così che la costruzione tra il Castello, non ancora Palazzo Madama, e il Palazzo Reale ebbe
ruolo e
protagonismo.
Era costituito
da un portico inferiore e da un primo
piano coperto. Carlo Emanuele lo trasformò in una vera e propria
galleria d'arte, sede delle sue collezioni:
lunga e luminosa, con
finestre su entrambi i lati (immaginatela, architettonicamente, un
po' come la
Galleria del Beaumont dell'Armeria Reale e come la
Galleria Grande juvarriana della Reggia di Venaria Reale). Per la sua
decorazione, il Duca chiamò
Jan Kraeck e, successivamente
Federico
Zuccari, che preparò il disegno delle costellazioni per la volta e le immagini equestri della dinastia per le pareti. Toccò a
Guglielmo
Caccia, il Moncalvo, realizzare parte del disegno: le costellazioni
sulla volta e, appena più sotto, i ritratti a gloria degli antenati
sabaudi. Sulle pareti,
undici mobili per lato raccoglievano le
collezioni del Duca,
testimonianza della sua enorme varietà di
interessi: dagli oggetti dell'antichità classica ai libri sui saperi
umanistici e alchemici, passando per gli strumenti scientifici che
tanto lo incuriosivano.
Lungo la Galleria Grande, insomma, si
trovava raccolto negli armadi e debitamente catalogato,
il sapere di secoli
di studi e conoscenze. Il
Teatro del Mondo, amava chiamarlo il Duca
Carlo Emanuele, che ne era comprensibilmente orgoglioso. Alla sua
morte, le ricche collezioni passarono ai suoi discendenti, che le
arricchirono guidati dai loro consulenti (i Savoia sono stati quasi
tutti
grandi collezionisti). Un
incendio nel 1659 e poi il definitivo
abbattimento dell'edificio, voluto dai francesi durante l'occupazione
napoleonica,
dispersero le collezioni lì raccolte, finite ad
arricchire i diversi Musei torinesi.
Di quella Galleria Grande
rimangono
il ricordo e il segno su Palazzo Madama: se osservate il Palazzo sul suo lato settentrionale, appena oltre la finestra della facciata juvarriana, si vede il tampone posto dove c'era il collegamento all'edificio scomparso. Una sua
ricostruzione ideale stata tentata alla
Galleria Sabauda, durante la
mostra
Le meraviglie del mondo. Le collezioni di Carlo Emanuele I: lungo il corridoio del secondo piano era stata allestita
la
successione di statue e sculture di età classica, che voleva
ricordare quello spazio perduto. E un po' di
nostalgia per quello che
non è più l'aveva fatta venire.
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