La Direzione Regionale Musei del
Piemonte ricorda sui social che 407 anni fa a oggi, il 17 giugno
1613, nasceva a Torino il conte Amedeo Cognengo di Castellamente, più
semplicemente Amedeo di Castellamonte, figlio del grande Carlo, architetto del Duca Carlo Emanuele I. Ogni volta che un grande figlio segue a un grande padre, penso a Filippo e ad
Alessandro di Macedonia: alla foga dei 20 anni di Alessandro, che, guardando indispettito alle conquiste di Filippo, si chiede se gli lascerà
qualcosa da conquistare, per dimostrare la sua grandezza e il suo coraggio. Mi è successo raccontando di Carlo
Emanuele I e della sua irruenza, dopo il grande Emanuele Filiberto, mi succede pensando ai
due Architetti di Corte, che più di tutti hanno costruito l'immagine
di Torino capitale dei Savoia e del Barocco, non fosse altro perché
ne hanno gettato le basi.
La chiesa di Santa Cristina, a sinistra nella foto, in piazza San Carlo (sin) e via Po (des)
Carlo disegnò il primo ampliamento di
Torino e stabilì quei codici dell'architettura uniforme che hanno
poi caratterizzato l'aspetto estetico della città per oltre tre
secoli, influenzando profondamente il concetto di bellezza e di città
dei torinesi (ancora oggi quell'influenza, per affinità o per
avversione, è viva e forte nel torinese comune). Basti pensare a via
Roma e, soprattutto, a piazza San Carlo, con i due lati lunghi
porticati, facciate semplici e rigorose con decorazione triangolare o
ad arco sopra le finestre del piano nobile e gli abbaini, e con le due chiese quasi
gemelle che concludono il lato meridionale. A tanto padre, seguì un
figlio che aveva studiato Legge all'Università di Torino e poi si
era diretto verso l'Architettura. Se Carlo si era occupato del primo ampliamento verso sud, ad Amedeo toccò il secondo, che portava Torino verso il
Po e gli dava la caratteristica forma a mandorla considerata ideale
per la difesa delle città. La sua prima decisione, che influenzò
profondamente l'espansione della città, fu di continuare a usare lo
scacchiere romano, affermatosi anche nell'ampliamento verso sud,
lasciando però "inclinata" via Po, diretta verso l'unico
ponte che attraversava il fiume nei pressi di Torino, l'attuale ponte
Vittorio Emanuele I, davanti alla chiesa della Gran Madre.
La città
disegnata da Amedeo non arrivava fino al Po, si fermava poco prima
dell'attuale piazza Vittorio Veneto, ma l'inclinazione dell'allora
Contrada di Po sconvolse un po' tutti i disegni "strategici".
Secondo l'architetto la via più importante del nuovo ampliamento
doveva essere l'attuale asse di via Santa Teresa e via Maria Vittoria, che dalla Cittadella
portava verso il Po e che attraversava la piazza più importante del
nuovo quartiere, piazza Carlo Emanuele II, immaginata ottagonale a
maggior gloria del Duca (le vie convergevano al centro, sulla statua
del sovrano, in un'immagine barocca e molto parigina, se si pensa al
molto successivo Arc de Triomphe e alla sua Étoile). Ma la Contrada di Po, che portava al fiume, prese rapidamente tutta l'importanza, "rubandola" non solo
a via Maria Vittoria, ma anche all'attuale via Verdi, che proseguiva
idealmente il decumano, via Garibaldi, verso Est, e su cui si
affacciavano i grandi edifici del complesso Reale, dall'Accademia alla Cavallerizza. Per questa nuova strada, Amedeo
disegno un'architettura omogenea ispirata a quella già imposta dal
padre in piazza San Carlo: lunghi portici sui quali c'erano tre piani, con quello nobile decorato da triangoli o archi sulle finestre, e
abbaini; la particolarità di via Po, sempre sottolineata con un filo
di
divertissement, è che il lato sinistro permetteva al re di
scendere al Po dal Palazzo Reale senza mai bagnarsi in caso di
pioggia, perché erano porticati anche gli attraversamenti delle vie
perpendicolari, cosa che non succede sul lato destro. Dettagli
d'attenzione di un Architetto di corte, che rivelano una mentalità e
un'idea del potere.
Il complesso delle Segreterie fino alla Cavallerizza Reale, dal Theatrum Sabaudiae (sin),
il Borgo Antico, fino alla Reggia di Venaria Reale (des, dal sito lavenaria.it)
Amedeo disegnò anche i Palazzi del potere
che ancora oggi caratterizzano il centro di Torino, meglio, fu autore
della loro concezione, rispettata poi dagli architetti che lo
seguirono nel ruolo. Palazzo Reale, iniziato da Cristina di Francia,
seguendo i sogni di Emanuele Filiberto (un giorno bisognerà
raccontare quanto l'immagine di Torino capitale deve al Duca che la
scelse, che non fece in tempo a cambiarla, ma che diede l'impronta di
quello che sarebbe stata), quindi la manica dell'Armeria, delle
Segreterie di Stato (l'attuale Prefettura) e poi la Galleria da cui
partivano i rami del Teatro Regio, dell'Accademia Reale e della
Cavallerizza. Non riuscì a realizzare tutto il complesso, ma suo è
il progetto su cui hanno lavorato nei decenni successivi anche grandi
architetti come Filippo Juvarra. La stessa cosa successe alla Reggia
di Venaria Reale, che Amedeo progettò e iniziò, ma su cui
lavorarono poi gli architetti di corte successivi. A lui si
deve l'invenzione del Borgo Antico, che riproduce il disegno del
Collare dell'Annunziata e che ha nella piazza circolare, con le due
chiese sul diametro perpendicolare, il medaglione del collare. La
cosa bella è il senso della prospettiva, tutto barocco, che
l'attuale via Mensa, l'asse del Borgo Antico, continua a regalare a
chi si avvicina alla Reggia (per questo, mai arrivare in auto
direttamente in piazza della Repubblica, ma percorrere sempre la via, per scoprire il senso della sorpresa che la Reggia
doveva dare ai suoi visitatori!). "Un caso urbanistico pressoché
unico: quello di una città ideata in simbiosi con la sua Reggia dal
punto di vista architettonico, economico e sociale" scrive con
giusto orgoglio la Reggia di Venaria Reale
nel suo sito web.
Tanti
gli altri interventi dell'Architetto di Corte, che diede l'impronta
al Seicento: il Castello del Valentino, la Vigna di Madama Reale, il
Castello di Agliè (e questi tre progetti parlano anche del sodalizio
con il conte Filippo d'Agliè, che fu attivamente impegnato nel
disegno dell'apparato decorativo, in onore di Cristina di Francia),
le chiese di San Filippo Neri e di Santa Cristina, in piazza San
Carlo.
A tanto padre, seguì un altrettanto grande figlio, per
un'esperienza barocca che fu unica e che è ancora oggi chiaramente
leggibile nel centro di Torino.
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