Da Canterbury, in Gran Bretagna, a
Roma, attraverso la Francia, le Alpi, la Pianura Padana e poi gli
Appennini, giù, fino alla Città Eterna. La Via Francigena è la
seconda strada di pellegrinaggio religioso più importante d'Europa (la prima è ovviamente il Camino de Santiago, che
porta da tutta Europa verso Santiago de Compostela, in Galizia, sulla
tomba dell'Apostolo Giacomo). Negli ultimi anni il suo tratto
canavesano, tra Pont Saint Martin e Piverone, per un totale di una cinquantina di chilometri, è stato riscoperto e
valorizzato, con l'obiettivo di trasformarlo in un nuovo motore economico, culturale e
turistico.
All'inizio di luglio ho partecipato a un press tour
organizzato da Turismo Torino con la Camera di Commercio torinese, per
camminare come fanno i pellegrini, in parte del percorso canavesano. Ed
è stata un'esperienza davvero bella, che mi ha permesso di pensare
a tante cose. Per esempio a quanto sia antico e denso di storia il
territorio in cui ci muoviamo: sembra banale, avendo la
maggior parte delle città origini romane, ma vedere
tutti quei campanili romanici che svettano nel paesaggio, magari avendo cambiato funzione, testimoni di un
millennio di storia, di passaggi e di scorribande, fa un po'
impressione. Come fa impressione muoversi tra boschi, ruscelli e
campi di grano, avendo sempre intorno un castello o un campanile e
sentendo, in lontananza, il suono di una campana, che sa davvero di
vita agreste e antica, mentre la linea netta della collina morenica d'Ivrea segna l'orizzonte. Una bella scoperta, posti in cui tornare, per
godere ancora di quelle emozioni.
La via Francigena canavesana
inizia in realtà a Pont Saint Martin, ultima cittadina della Valle
d'Aosta, con le montagne incombenti e un grande ponte romano sul torrente Lys; domina il paesaggio,
monumentale e scenografico come pochi, celebra in questi anni i suoi
due millenni ed è sopravvissuto a tutto, anche ai bombardamenti
della Seconda Guerra Mondiale, come invece non hanno fatto gli
edifici circostanti. Che gli dei diano la giusta gloria agli
ingegneri di Roma. Poco più avanti, a Settimo Vittone, l'antica via di pellegrinaggio si riprende la funzione medievale di luogo di
scambio, di conoscenza e di mercato, oltre che di cammino verso la Caput Mundi:
la Bottega del Viandante offre ai pellegrini non solo il tradizionale
spazio per il riposo che fu in passato degli ospedali (la radice latina di ospedale è
hospes, ospite, e questa era la loro funzione, ospitare i viandanti), ma anche un luogo per
conoscere e acquistare le eccellenze del territorio. Paste con le
farine locali, mieli delle montagne, vini come il Carema, formaggi,
conserve, c'è davvero tutto il meglio del Canavese a portata di
mano.
A Settimo Vittone c'è anche uno dei posti più belli visti durante il viaggio, la Pieve di San Lorenzo. Su
un'altura, a dominare la pianura che inizia ad aprirsi davanti, la
piccola chiesa romanica è un vero tesoro d'architettura e di storia:
conserva preziosi affreschi medievali e, probabilmente, la tomba di
Ansgarda, che fu regina dei Franchi, prima di essere ripudiata da
Luigi il Balbo (siamo nel IX secolo dopo Cristo). Fu costruita su
uno sperone di nuda roccia, e questo doveva rendere selvaggia e
impressionante la sua bellezza, oggi si trova su un verde prato tra
palme e ulivi ed è altrettanto bella (potenza del romanico).
Colpisce la presenza di questa vegetazione mediterranea in tutta
l'area di Settimo Vittone. Merito dell'esposizione al sole e delle
rocce, che rilasciano il calore accumulato durante l'estate: se
girate tra queste parti, tra pini mediterranei, uliveti, palme e
fichi d'India, avrete la costante impressione che alla prossima curva arriva il mare. E invece no, è semplicemente un sorprendente e gradevole angolo
mediterraneo nel cuore del Canavese.
Siamo in una terra di continue tracce medievali: oltre alla Pieve di San Lorenzo, non bisogna perdersi la
chiesa di San Pietro e Paolo di Bollengo e le rovine della cappella
del Gesiun di Piverone, tutte romaniche, tutte protagoniste di storie
affascinanti, risalenti al Medioevo, quando gabelle e scontri tra i
diversi signori locali facevano abbandonare i vecchi borghi per
fondarne di nuovi, più solidi e più ricchi (incredibile quanta
storia ci sia tra queste colline!). Siamo anche in una terra di laghi, tutti di origine glaciale: nei pressi di Ivrea c'è il
Parco dei 5 laghi, che si chiama così per ovvie ragioni. Sulle loro
rive, la natura è incontaminata e selvaggia: c'è posto solo per la vegetazione,
che scende quasi a toccare l'acqua, e per piccole radure per i picnic o per i discreti ristoranti, luoghi di ristoro anche per i pellegrini.
Sul lago Pistono, si specchia il castello di Montalto Dora, che
sembra appena uscito da una favola medievale; a poca distanza, le Terre Ballerine si muovono sotto i piedi di chi salta e sembra che
possano cedere da un momento all'altro (ma non succede, tranquilli!).
Sempre ben segnalata, la via Francigena li collega tutti, laghi, borghi e castelli,
attraversando boschi e ruscelli, scendendo e salendo tra uliveti e
vigneti. Si sentono il canto degli uccellini e il ronzio degli
insetti, si ammirano i colori dei fiori e gli scorci di case
abbandonate nel bosco (alcune con tracce di antichi affreschi, altre
circondate da leggende di streghe e magie), si scoprono la natura,
questa sconosciuta, e la bellezza di muoversi in essa senza fretta. A
tenere in ordine l'antico cammino, i volontari dell'Associazione La Via Francigena
di Sigerico, che, racconta il loro presidente Paolo Facchin, nostra insostituibile e disponibile guida nel tour, la percorrono un paio di volte alla settimana,
controllando che la segnaletica sia sempre al suo posto e che tutto
sia pulito (questo il link
per conoscere l'Associazione e le sue attività).
Percorrerla anche solo per due giorni è stato
emozionante, sembra davvero essere il motore di una storia antica:
non solo lungo il suo tracciato stanno nascendo nuovi Bed &
Breakfast, si stanno valorizzando le chiese romaniche e i prodotti
locali, restituendole il suo valore culturale ed economico, ma si
fanno anche incontri magici, come quello con una giovane famiglia con
tre bambini, che, dopo aver percorso per tre volte il Cammino di
Santiago, ha deciso di scendere a Roma lungo l'antica strada dei Franchi. Succedono anche cose
un po' straordinarie, tipo me che bevo il vino offerto nella Bottega
del Viandante o nel Punto informazioni della via Francigena a Ivrea (lo trovate nel giardino di corso Botta) perché, come ha amato dire la nostra guida, "il pellegrino non
si mette in cammino se la bocca non sa di vino". E il vino
canavesano è buono anche per chi, come me, è astemio.
Tanti i luoghi e le storie da raccontare lungo la via Francigena di Sigerico, non finisce qui.
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