FLOReal d'autunno alla Palazzina di Stupinigi

 Nel weekend torna alla Palazzina di Caccia di Stupinigi FLOReal, che tanto successo aveva avuto nella prima edizione, nella stessa location. Nella tre giorni, dal 7 al 9 ottobre 2022, la mostra florovivaistica, con vivaisti provenienti da ogni parte d'Italia, sarà accompagnata da un ricco palinsesto culturale. Presentazioni di libri e conferenze, proiezioni di cortometraggi e documentari, performance teatrali, mostre, laboratori e un ampio spazio dedicato alla gastronomia, con un filo comune: la natura e la sostenibilità. La mostra propone colori e profumi dell'autunno, "dal fiore più amato, la rosa, agli agrumi siciliani, le orchidee dalla Lombardia, e ancora piante succulente e carnivore, orchidee, tillandsie, piante acquatiche e rampicanti, aromatiche e tropicali, oltre a diverse tipologie di bonsai. Piante da appartamento, da secco e da sole intenso, da ombra, fioriture annuali, bulbose e graminacee. Non mancheranno varietà più stagionali come le viole, i ciclam

Memorie di Borgo San Paolo, il borgo rosso e militante

Nel 1853, Torino fu circondata dalla Cinta Daziaria, riconoscibile dall'andamento degli attuali corsi Bramante, Lepanto, Ferrucci, Tassoni, Svizzera, Mortara, Vigevano, Novara e Tortona. La Cinta consisteva in un muro alto due metri, interrotto da dodici porte, che permettevano l'ingresso in città, dopo il pagamento di una tassa per tutte le merci che passavano. In corrispondenza di queste porte, chiamate barriere, nacquero vari borghi, ancora oggi riconoscibili nei quartieri torinesi perché portano il nome di Barriera.
Il Borgo San Paolo nacque nel XIX secolo, in corrispondenza della Barriera San Paolo, ed ebbe sin da subito una vocazione industriale, grazie all'uso dell'energia elettrica e al fatto che i commerci non fossero gravati dai dazi. All'inizio del XX secolo, si contavano nel borgo numerose industrie: la Società Piemontese Automobili (SPA), sull'attuale corso Ferrucci, l'Italia in corso Bardonecchia, la Chiribiri, nei pressi della piazzetta omonima, la Fides, diventata poi Lancia, in via Monginevro, la LUX, la Fratelli Diatto, in via Monginevro, la Ginevra, nei pressi dell'attuale piazza Adriano, la Sit, diventata poi Ansaldo Automobili, la Nazzaro, e la futura Pininfarina. Questo per citare solo quelle legate, in qualche modo, alla nascente industria automobilistica.
Ovvio che tante industrie fecero di Borgo San Paolo uno dei primi quartieri operai di Torino, il cui centro di riferimento era piazza Peschiera, l'attuale piazza Sabotino, dalla quale partivano a raggiera le principali vie del quartiere (sì, nei borghi sorti intorno alle barriere, l'impianto ortogonale caro alla Torino romana e ai suoi ampliamenti barocchi era andato perduto). "Come in tutti i borghi esterni alla città, esisteva anche in San Paolo una fitta rete di associazioni, gruppi parrocchiali, società filodrammatiche, numerose bocciofile e circoli culturali. Poi c'erano le società operaie di mutuo soccorso, e i circoli socialisti, che univano alle attività ricreative la propaganda politica. Altri importanti luoghi d'incontro, soprattutto per gli uomini, erano i cinematografi, i caffè, le cosiddette tampe liriche e naturalmente la birreria Boringhieri" scrivono Federica Calosso e Luisella Ordazzo in Borgo San Paolo, storie di un quartiere operaio. Per molti abitanti del quartiere, la vita si svolgeva tutta nella borgata, tra la casa, la fabbrica, la chiesa, il circolo operaio, l'oratorio, la strada. Andare a Torino era considerato un vero e proprio viaggio, date la distanza e la cinta daziaria.
Ben presto San Paolo venne chiamato il 'borgo rosso', per la forte presenza di operai legati ai movimenti socialisti e comunisti. E non solo. Curiosamente a Borgo San Paolo arrivarono a vivere contemporaneamente personalità della politica italiana, legate alla sinistra, che danno idea del clima di militanza che si doveva vivere nel quartiere, soprattutto negli anni del fascismo e, successivamente, della Resistenza. Qui crebbero i Negarville: Carlo Celeste, che fu il primo sindaco di Torino, dopo la Liberazione, e che prima era stato operaio a San Paolo, guardia rossa durante l'occupazione delle fabbriche del 1920 e quindi prigioniero delle carceri fasciste, e il fratello minore Osvaldo, anche lui operaio sin da giovanissimo e anche lui protagonista dell'antifascismo e della Resistenza. Giancarlo e Giuliano Pajetta abitavano nell'attuale piazza Sabotino ed entrarono da giovanissimi nel Partito Comunista Italiano e nella resistenza al fascismo, diventando poi protagonisti della vita politica della Repubblica Italiana. I sette fratelli Montagnana vivevano in via Monginevro e la loro casa fu una fucina di comunisti, "un punto costante di ritrovo. Ad esempio, durante l'occupazione delle fabbriche del 1920, gli operai per sfuggire alla vigilanza della polizia, a turni scavalcavano il muretto del giardino e andavano a rifocillarsi" ricordano ancora Calosso e Ordazzo. Si leggono le loro pagine e si sente la necessità di leggere Ricordi di un operaio torinese di Mario Montagnana, uno dei sette fratelli della grande famiglia. In Borgo San Paolo erano volti familiari anche Antonio Gramsci, che aveva convertito al comunismo numerosi operai sardi, e Palmiro Togliatti, che avrebbe poi sposato Rita, una delle Montagnana.
Ma, da queste famiglie operaie e militanti, emergono soprattutto le figure delle mamme, di queste donne incredibili, le mamme Pajetta, Montagnana e Negarville, che non solo insegnarono ai figli i valori della solidarietà e dell'uguaglianza, ma seppero diventare anche punti di riferimento per le militanti in difesa dei loro diritti.
Mi piace riportare dal libro di Federica Calosso e di Luisella Ordazzo anche il ricordo dei cortei del 1° maggio di Luisella Bossano, un'abitante del Borgo San Paolo tra gli anni '40 e '60. "Erano sempre una festa per tutti, grandi e piccoli. Ci si riuniva tutti in piazza Sabotino, e poi in corteo, cantando, si andava verso corso Vittorio, dove confluivano i cortei provenienti dalle altre zone della città. Ogni gruppo aveva il proprio striscione, con il nome della fabbrica e il gruppo di appartenenza, striscioni molto artigianali, fatti con la carta dipinta. I cortei, sempre cantando, arrivavano tutti al Parco Michelotti. Lì veniva eretto un palco e quasi sempre il comizio lo faceva Giancarlo Pajetta. Alla fine del discorso, tutti insieme si faceva il pranzo al sacco. Poi, sempre a piedi (il 1° maggio non circolavano mezzi pubblici), si tornava a casa".
E' una Torino operaia e militante che non c'è più. Anche il 1° maggio non è più celebrato con cortei provenienti da tutta la città, ci sono meno operai, c'è maggiore disincanto, ci sono altre vocazioni e una nuova idea della città. La cosa triste non è che non esista più quella Torino o quella militanza nella difesa dei diritti. La cosa triste è che se ne perda la memoria, perché, sotto traccia, c'è anche quell'identità nella nostra storia. Ben vengano libri come Borgo San Paolo, a ricordarcelo.


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