FLOReal d'autunno alla Palazzina di Stupinigi

 Nel weekend torna alla Palazzina di Caccia di Stupinigi FLOReal, che tanto successo aveva avuto nella prima edizione, nella stessa location. Nella tre giorni, dal 7 al 9 ottobre 2022, la mostra florovivaistica, con vivaisti provenienti da ogni parte d'Italia, sarà accompagnata da un ricco palinsesto culturale. Presentazioni di libri e conferenze, proiezioni di cortometraggi e documentari, performance teatrali, mostre, laboratori e un ampio spazio dedicato alla gastronomia, con un filo comune: la natura e la sostenibilità. La mostra propone colori e profumi dell'autunno, "dal fiore più amato, la rosa, agli agrumi siciliani, le orchidee dalla Lombardia, e ancora piante succulente e carnivore, orchidee, tillandsie, piante acquatiche e rampicanti, aromatiche e tropicali, oltre a diverse tipologie di bonsai. Piante da appartamento, da secco e da sole intenso, da ombra, fioriture annuali, bulbose e graminacee. Non mancheranno varietà più stagionali come le viole, i ciclam

Il rito della colazione con bicerin e dolci bagnati, nella Torino dell'800

Il cioccolato arrivò a Torino nel XVI secolo, probabilmente per mano del duca Emanuele Filiberto, che prese possesso della sua capitale portando con sé il cacao apprezzato al servizio di Felipe II. Di sicuro, l'Infanta Catalina, figlia di Felipe II, sposò Carlo Emanuele I, il figlio di Emanuele Filiberto, portando con sé il cioccolato e la molina, una cameriera personale addetta solo alla preparazione della cioccolata. Ed è ancora più certo che, seppure importata dalla Spagna, in pochi decenni Torino seppe fare propria la cioccolata, inventandone usi molteplici e diventando, per questo, punto di riferimento europeo. Il primo cioccolatino, il diablotto, nacque a Torino: mai prima si era pensato a un uso solido della cioccolata, considerata fino ad allora una bevanda. La cioccolata solida era cosa del diavolo, per questo il curioso nome ai primi cioccolatini.

La Torino del XVIII e XIX secolo ha fama di città piccola, noiosa e provinciale, dominata da una dinastia militaresca e mediocre. E' una fama del tutto errata e fuorviante. Come può essere mediocre una dinastia che ha creato gioielli architettonici come la Palazzina di Caccia di Stupinigi o la Reggia di Venaria Reale e che, grazie al suo gusto per la cultura e per il collezionismo, ha raccolto le collezioni da cui hanno preso vita i principali Musei cittadini, a cominciare dal Museo Egizio? Qualcosa non ci è stato raccontato nel giusto modo e troppo, a Torino, abbiamo dimenticato della nostra storia.

Nel XIX secolo Torino e la sua corte erano considerate punti di riferimento del gusto, in buona parte dell'Europa. C'erano molti caffè e pasticcerie, che i torinesi frequentavano regolarmente, con riti precisi e di grande fascino. Per esempio, alla domenica, dopo la Messa, a digiuno da mezzanotte per poter fare la Comunione, si usava fare la colazione al bar. Il prediletto era il bicerin, un bicchiere di caffè, cioccolata e fior di latte, ancora oggi apprezzatissimo dai torinesi e sempre suggerito ai turisti. Nel bicerin si intingevano i bagnati, i dolci da intingere nella bevanda, per fare colazione. Il galateo dice che mai, mai e poi mai bisogna intingere qualcosa in una bevanda, con l'eccezione della cioccolata e del bicerin, per i quali sono stati creati i cosiddetti bagnati, i dolci, cioè, che vanno bagnati per essere davvero assaporati. Viene inventata anche una tazza apposita, la mancerina, che viene tenuta con la mano sinistra, per intingere i bagnati con la mano destra (due tazze di questo tipo sono oggi conservate nelle vetrine del caffè di Palazzo Reale).

Il Settecento aveva particolarmente apprezzato i dolci di dimensioni mignon, perché era considerato di cattivo gusto farsi vedere masticare: i confortini, i pazientini, gli anisini, i canestrelli, i savoiardi, che, inventati nel XIV secolo alla corte di Aimone di Savoia, sono i dolci più antichi d'Italia, i baci di dama e il diablottino erano i prediletti delle merende del tempo; soprattutto a corte si faceva largo uso della cioccolata e i cuochi di Palazzo inventavano dolci di gusti sempre più raffinati. L'Ottocento riscopre i dolci più grandi. Si affermano i torcetti, provenienti dalle Valli di Lanzo; le principesse straniere andate in spose ai futuri sovrani portano le proprie tradizioni, così con Maria Adelaide d'Asburgo, moglie di Vittorio Emanuele II, arriva il croissant, che i pasticceri torinesi fanno proprio inventando il chifel; si apprezzano anche il bicciolano di Vercelli, caratterizzato da spezie forti come il garofano e il coriandolo, il parisien, piccolo e friabile, la brioss. Durante il Risorgimento, Giuseppe Garibaldi ispira il garibaldin, una deliziosa fetta di pane, semplicemente imburrata; dall'Inghilterra arriva il Garibaldi, ispirato all'eroe italiano e costituito da un biscotto arricchito di uvetta e confettura d'albicocche. Il Garibaldi sarà debitamente importato a Torino e passerà ad arricchire il ricco catalogo delle pasticcerie locali, mostrando l'apertura della capitale sabauda e la sua creatività. Una creatività di cui abbiamo perso anche la memoria: sapevate, per esempio, che il turinois, uno dei dolci più cari alla pasticceria francese, ha origini torinesi, come lo stesso nome sottolinea? Noi lo abbiamo perduto e dimenticato, i francesi continuano ad amarlo (su marmiton.org, la ricetta, in francese).

Uno de dolcetti più apprezzati dell'Ottocento è il bacio di dama, che si dice fosse l'unico che Vittorio Emanuele II amasse davvero, i più maliziosi dicono anche per il suo nome.

Il bicerin veniva servito fino alle 12 e di tanto in tanto persino i membri della Famiglia Reale si fermavano ad assaporarlo in qualche bar di via Po, indisturbati: i Savoia a Torino erano così rispettati che, di tanto in tanto, potevano aggirarsi sotto i portici senza scorta. Costava 15 centesimi, contro i 5 del caffè e i 25 della cioccolata. Per tutto il XVII secolo, la cioccolata è stata un lusso riservato all'aristocrazia, dati i costi delle fave del cacao e la complessità della preparazione: le case aristocratiche avevano una cameriera addetta esclusivamente alla cioccolata, come aveva insegnato l'Infanta Catalina. E' stato nel XIX secolo che i prezzi della bevanda e l'ascesa di una nuova classe, la borghesia, hanno reso possibile la sua diffusione nei caffè. Il bicerin aveva una variante pur e fior, solo caffè e latte, e una pur e barba, solo caffè e cioccolato. Con 5 centesimi in più si poteva avere la stissa, cioè un bricchetto con un po' d latte, caffè o cioccolata, per arricchire il bicerin secondo i propri gusti. Il bagnato per accompagnare la bevanda costava 5 centesimi.

I bagnati dell'Ottocento, insieme alla piccola pasticceria del Settecento, saranno tra i protagonisti delle Merende Reali, che dal 7 marzo, per tutti i weekend dell'anno, si potranno gustare in vari caffè torinesi. Se ne tornerà a parlare molto presto, con tutti i dettagli, perché saranno uno degli eventi del 2015 che torinesi e turisti non dovranno perdere.


Commenti

  1. Davvero molto interessante! Che bell'approfondimento. Complimenti e grazie mille.
    Marcello

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