Al
Museo Accorsi-Ometto, è in corso la
mostra
Dal Futurismo al ritorno all'ordine – Pittura italiana del
decennio cruciale 1910-1920, che prosegue idealmente
Divisionismo tra Torino e Milano. Da Segantini a Balla. Quest'ultima indagava sui
movimenti che portarono alla nascita del Futurismo, la mostra in
corso propone invece
le conseguenze del Futurismo sull'arte italiana,
a partire dal 1910 e fino al 1920. In
quel decennio cruciale, che
comprende anche la Grande Guerra, l'arte italiana cambiò per sempre
e quel cambio inizio nel 1910, con il
Manifesto dei pittori
futuristi, con cui un gruppo di giovani artisti si ribellava alle
regole imposte dalla tradizione per guardare alle avanguardie
europee.
Uno dei meriti dell'esposizione del Museo Accorsi è
l'
ordine cronologico scelto dalla curatrice
Nicoletta Colombo, che
permette di apprezzare i Futuristi e, mano a mano, il ritorno
all'ordine, con cui, però, niente fu come prima. Nella prima sezione
ci sono
i padri del Futurismo: Filippo Tommaso Marinetti, Umberto
Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Gino Severini, Giacomo Balla,
ma anche
personalità più indipendenti come Sironi o gli artisti di
Nuove Tendenze, tra cui Antonio Sant’Elia, Leonardo Dudreville,
Achille Funi, Adriana Bisi Fabbri, che offrono un quadro completo del
periodo. Nella seconda sezione, si indaga su cosa succedeva in Italia
al di là del Futurismo, partendo da un dato di fatto: "Le
Secessioni italiane, nate sull'onda lunga dei secessionismi
d'oltralpe, si caratterizzavano per la confluenza di linguaggi
stratificati nelle loro diversità e per la circolazione degli
artisti tra le varie manifestazioni giovanili antiaccademiche
veneziane, romane, napoletane, ivi incluse le mostre annessioniste,
quelle cioè che contemplavano presenze anche dei futuristi". Le
Secessioni di Ca' Pesaro, la Romana e la Bolognese diedero spazio ad
artisti attenti all'avanguardia, ispirati alle Secessioni in atto in
Europa, ma
meno radicali nelle loro spinte. La mostra propone così
opere di Umberto Moggioli, Gino Rossi, Tullio Garbari, Felice
Casorati, Guido Trentini, Ubaldo Oppi. "Agli avanguardismi si
allineano, al di là di un apparente contrasto concettuale, i
ritorni
alle origini rappresentati dai primitivismi, poetiche nate a ridosso
della Grande Guerra come volontà di azzeramento delle
stratificazioni stilistiche per recuperare linguaggi originari".
Tra gli esempi di primitivismo, che si rifacevano a Giotto e a
Paolo Uccello, in mostra ci sono le tre opere di Carlo Carrà (
Studio per 'Carrozzella',
Testa di fanciulla e
Ricordi d’infanzia), e
quadri di Tullio Garbari, Gigiotti Zanini, Primo Conti, Pompeo Borra,
Alberto Salietti.
L'ultima sezione riporta l'ordine, con la fine
delle avanguardie e la Prima Guerra Mondiale: cambiò
il modo di
concepire le forme e si presentò "la
necessità di ricompattare
volumi e piani e ricomporre su basi oggettive e solide gli elementi
della visione. I termini 'costruzione', 'costruttori', 'costruire' comparivano nei testi letterari e negli scritti di
ogni paese, rivelando la tensione architettonica che caratterizzava
il progetto comune d’un autentico rinascimento collettivo". A
raccontare il
riflusso, le opere di Giorgio De Chirico e Carlo Carrà,
con le loro
visioni metafisiche, e i lavori più eterodossi di
Filippo De Pisis, Mario Sironi e Achille Funi. Il decennio si
conclude con
una tendenza alla classicità, seppure declinata in modi
diversi in base ala sensibilità degli autori: Soffici "assumeva
una declinazione contraria agli arcaismi e prediligeva un realismo
purificato attraverso il riferimento a Cézanne, esplicito nei due
capolavori
Mele a calice di vino (1919) e
Pera e bicchiere di vino
(1920). L'ispirazione popolare di cifra toscana si accentuava in
Ottone Rosai, la cui possente vena aspra e barbarica creava visioni
austere, monumentali nella loro frugalità, come in
Donne alla fonte
(1922). A Roma il Ritorno all'ordine si declinava in
una pluralità
di stili: dal neoquattrocentismo pierfrancescano di Virgilio Guidi in
Figura di donna (1919), al neoseicentismo aggiornato attraverso
Gauguin e Cézanne di Felice Carena in
Natura morta (1919)". Tra
Casorati, De Chirico, Severini, l'arte italiana getta
le basi del suo
complesso Novecento. Ci sarà un'altra mostra a raccontarcelo, al
Museo Accorsi-Ometto? Nel frattempo, non perdetevi questa
bella
cavalcata in un decennio fondamentale della nostra storia: la mostra
aiuta a
comprenderlo meglio.
Dal Futurismo al ritorno all'ordine
– Pittura italiana del decennio cruciale 1910-1920 è al
Museo
Accorsi-Ometto, in via Po 55, fino al 18 giugno 2017 [AGGIORNAMENTO:
prorogata al 2 luglio 2017]. L'
orario di
apertura segue quello del Museo: da martedì a venerdì ore 1-13 e
14-18; sabato e festivi ore 10-13 e 14-19; lunedì chiuso. Il
biglietto d'ingresso alla mostra costa 8 euro, ridotto 6 euro,
gratuito per under 12 e possessori Abbonamento Musei e
Torino+Piemonte Card, disabili e accompagnatore; il
biglietto
d'ingresso alla mostra più al Museo, con tutte le possibili combinazioni, sono su
www.fondazioneaccorsi-ometto.it.
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