I grissini sono uno dei prodotti
gastronomici torinesi più famosi del mondo. La loro origine è quasi una leggenda e
sembra sia legata a Vittorio Amedeo II. Alla sua nascita, nel 1666, il futuro regnante era
un bambino gracile e debole, né le cose parvero migliorare col trascorrere degli anni. A
soli nove anni, morto il padre Carlo Emanuele, Vittorio Amedeo era duca di Savoia, sotto
la reggenza di sua madre Maria Giovanna Battista di Nemours, ma la sua salute debole non
dava segni di miglioramento. Preoccupata la duchessa si rivolse al medico di Corte e
questi parlò delle nobili ansietà al panettiere. La medicina studiata per il giovane
duca prevedeva una dieta con pane friabile e ben digeribile. Il panettiere ducale, il cui
nome, tramandato ai posteri era Antonio Brunero, inventò così il grissino.
Nel bel libro di Renzo Rossotti, Curiosità e misteri di Torino, si legge che il
grissino ebbe subito un gran successo, realizzato per la casa reale con "puro
fioretto di farina, ben purgato del reprimo" e per il volgo con "due
terzi di frumento e un terzo di segala, talvolta con l'aggiunta di una manciata di farina
di mais". A questi ingredienti va aggiunta l'acqua, che asciugandosi durante la
cottura, lascia quella crosta bruna cara ai palati dei golosi. Nato con intenti "taumaturgici",
il grissino ha acquistato poi caratteristiche ben precise: la lunghezza, ad esempio, deve
essere pari all'apertura delle braccia dell'artgiano che lo lavora. Il nome arriva dal
piemontese gherssa, che significa filone di pane, divenne poi gherssin
e, in italiano, grissino, a esaltare la sua forma sottile e allungata.
Il successo del grissino, si diceva, fu travolgente: le Corti europee vollero provare les
petits baton de Turin; la Francia tentò persino di imitarlo, facendo arrivare a
Parigi due artigiani torinesi. Ma l'acqua della Senna e l'aria di Parigi non erano buoni
come l'acqua del Po e l'aria di Torino e i risultati furono modesti. Persino Napoleone,
estimatore dei grissini torinesi perché sembra fossero di sollievo alla sua ulcera, si
rassegnò ad affidarsi a regolari corrieri imperiali che rifornivano la sua mensa
servendosi a Torino.
Le virtù taumaturgiche del grissino guarirono il giovane duca Vittorio Amedeo? Che siano
state o meno le proprietà dell'invenzione di Antonio Brunero, Vittorio Amedeo II è stato
uno dei duchi più astuti e intelligenti della storia di casa Savoia, non per niente
soprannominato la Volpe Savoiarda. Durante il suo regno Torino fu sottoposta a
uno degli assedi più drammatici della sua storia, quello del 1706. In quella circostanza
Pietro Micca sacrificò la sua vita per tagliare la via ai Francesi assedianti e lo stesso
duca promise alla Vergine, in cambio della vittoria, una chiesa sul colle di Superga, un
voto che soddisfece, affidando il progetto della Basilica a Filippo Juvarra. Ancora oggi
l'avvistamento della Basilica di Superga, da lontano, significa per i torinesi in viaggio
che Torino è vicina e si è quasi a casa.
L'assedio, insegnano i libri di storia, fu tolto grazie all'azione congiunta dell'astuto
Vittorio Amedeo e del cugino Eugenio di Savoia-Soissons, uno degli uomini più
interessanti del suo tempo, abile generale e raffinato esteta (fu lui a liberare Vienna
dall'assedio Turco e a costruire, sempre a Vienna, il Palazzo del Belvedere, manco a
dirlo, uno dei gioielli dell'architettura viennese). Con il trattato di Utrecht l'antico
Ducato dei Savoia fu "promosso" a Regno di Sicilia e, con lo scambio
Sicilia-Sardegna, a Regno di Sardegna, trasformando Vittorio Amedeo II nel primo Savoia a
fregiarsi del titolo di re.
Cha sia o meno merito dei grissini, è difficile dirlo. Ma non è bello pensare che una
parte nella Storia l'abbia avuta la deliziosa invenzione di Antonio Brunero?
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