Nella sua espansione degli ultimi decenni del XX secolo, Torino ha inglobato varie cascine
presenti nel suo territorio. Alcune sono andate perdute, ma tre sono state
ristrutturate e trasformate in centri polifunzionali o in appartamenti, senza
tradire l'identità della loro costruzione architettonica. La più famosa di
tutte è la Cascina Marchesa, diventata uno dei centri culturali di riferimento
della Barriera di Milano.
La storia di questa cascina inizia intorno al XVI secolo: apparteneva al feudo
dei Marchesi Wilcardel de Fleury, un'antica famiglia nobile della Piccardia
francese, arrivata a Torino nel VI secolo. Il primo documento storico che parla
di questa cascina, all'epoca chiamata Floritta, è del 1677 ed è l'atto con cui
Cristina Carlotta l'acquista dal fratello Franco Giuseppe, marchese di Fleury.
Nel documento si forniscono informazioni oggi preziose sulla cascina, formata
da un grande complesso architettonico con scuderie, due stalle, pollaio,
granaio, colombari e forno. Il cortile interno ha due depositi e un pozzo d'acqua;
la parte abitabile ha cantine voltate, un piano terreno con cucina e dispensa,
una serie di stanze tra cui, la più grande, ha quattro finestre, due verso il
giardino e due verso la corte. Ci sono inoltre due giardini esterni difesi
dalle mura: in uno ci sono alberi da frutta, nell'altro una cappella. Intorno
vari ettari di prati e campi coltivati.
Nel 1706, durante il famoso assedio di Torino, risolto dal sacrificio di Pietro
Micca e dei suoi uomini e dall'arrivo delle truppe imperiali guidate dal
Principe Eugenio di Savoia, la Cascina viene gravemente danneggiata dai
francesi, che demolirono le mura di cinta e parte dell'edificio. Nel 1778, alla
morte del marchese Guido Francesco Maurizio, senza eredi, tutte le sue
proprietà passano ad Anna Vittoria Coardi di Carpenetto; siamo alla fine del
secolo quando l'architetto Grossi racconta di una cascina Florita, chiamata
anche la Marchesa, con "un edifizio ragguardevole". I documenti
successivi insistono sulla bellezza dei giardini e dell'edificio padronale.
Di tutto il complesso è arrivato al nostro secolo la manica in stile
neoclassico con loggiato, capitelli dorici e trabeazioni in pietra, che
ospitava le stalle e i fienili e che fu aggiunta nell'Ottocento; i proprietari che si sono succeduti nel XIX
secolo hanno infatti realizzato varie demolizioni, che hanno snaturato
l'impianto cinquecentesco fino ad allora sopravvissuto; la frammentazione della
proprietà tra gli eredi, l'intervento del Demanio, che sui territori della
cascina ha disegnato le prime ferrovie, hanno fatto il resto. Ulteriori danni
sono stati causati dai bombardamenti degli Alleati, durante la Seconda Guerra
Mondiale. Negli anni '70 le ultime demolizioni, per far spazio all'espansione
di Torino, allora in piena emergenza per accogliere le grandi emigrazioni dal Sud.
La Cascina Marchesa è diventata proprietà del Comune di Torino nel 1978, in
stato di abbandono.
Dopo vari lavori di ristrutturazione, è diventa parte della
Biblioteca Comunale di Quartiere, con oltre 64mila libri, 94 posti di lettura e
un calendario di corsi e incontri aperti al pubblico (l'ingresso è in corso Vercelli 137). Intorno sono sorti anche
scuole materne elementari e medie, un centro d'incontro, un centro destinato
alle donne e una palestra. Laddove c'è stata per secoli una delle più belle
cascine della strada che da Torino portava a Chivasso, oggi c'è un importante
punto d'incontro e di cultura per i residenti del quartiere, aperto a tutta la
città.
Se siete interessati ad approfondire la storia della Cascina Marchesa, c'è
questo interessante studio di Mauro Silvio Ainarti, con la collaborazione di Alessandro Depaoli, fornito anche di stampe, mappe catastali e foto d'epoca.
Dalla scheda sulla Cascina Machesa
di museotorino.it, un paio di immagini di ieri e di oggi .
Commenti
Posta un commento