I libri di storia e la scuola lasciano in secondo piano figure che si rivelano poi interessanti, e anche essenziali, per capire un'epoca e una storia. Tra queste figure trascurate, c'è il
conte Filippo San Martino d'Agliè, marchese di San Damiano e
Rivarolo con Bosconero, Conte di Point, passato alla storia come il
favorito di Cristina di Francia e come il suo consigliere più
ascoltato e più leale, nei durissimi anni della Reggenza.
Filippo
era nato a Torino il 27 marzo 1604 (tra pochi giorni, dunque, saranno
510 anni dalla sua nascita), in una famiglia d'antica nobiltà
piemontese, tra i cui antenati c'era re Arduino; una gioventù
dissoluta e un duello andato male, convinsero il padre a spedirlo a
Roma, al servizio del cardinale Maurizio di Savoia, fratello del duca
Vittorio Amedeo I. E il soggiorno romano aprì al bel Filippo il suo vero mondo: l'arte, la cultura, la
letteratura, la raffinatezza, le conversazioni colte delle Accademie.
Come paggio prima e gentiluomo di camera di Maurizio poi, Filippo si
occupò delle sue feste. Siamo
nell'età barocca, quella che vuole la meraviglia e la sorpresa come
protagoniste di ogni espressione artistica. E il giovane Filippo
sapeva sorprendere gli ospiti delle raffinate riunioni del cardinale
con invenzioni sempre nuove, con coreografie allegoriche, con versi appositamente
scritti da lui. Alcuni dei suoi titoli più famosi, Il Tabacco e Il
Gridelino, di tanto in tanto vengono riproposti ancora
oggi.
Tornato a Torino, al seguito di Maurizio, Filippo sarebbe rimasto un militare aristocratico al servizio del Duca di Savoia, se nel 1630, a Cherasco, non avesse incontrato la donna
che gli avrebbe cambiato la vita: Cristina di Francia, duchessa di Savoia per via del
matrimonio con Vittorio Amedeo I. Cristina aveva 24 anni, era bionda
e bella, era sposata da 11, era poco amata dai suoi sudditi, per lo stile di
vita troppo francese, affezionato alle feste e alla sontuosità, per
lo snobismo con cui trattava il suo Ducato, che non considerava
all'altezza delle sue aspirazioni di figlia del Re di Francia (per
tutta la vita utilizzò il titolo di regina di Cipro, che non aveva
molto valore, a parte il regina). L'incontro tra Cristina e Filippo fu
fatale per entrambi. Lei rimase colpita dal suo fascino e in una
lettera lo descrisse come "un gentiluomo bello e spirituale; la
testa perfettamente bella, la taglia forte e gradevole, l'aria di un
ragazzo di 18 anni". Lui si legò a lei per tutta la vita,
diventando il suo amante, il suo più leale e fidato
consigliere politico, l'animatore della sua vita privata, con feste
studiate apposta per il suo divertimento, pronte a sorprenderla e a
renderla protagonista, come a lei piaceva. "Filippo
non vedeva la principessa ma la donna e si sentiva infelice perché
quella donna per la quale provava un'attrazione molto forte era
anche la sua sovrana. Da buon soldato, la sua lealtà verso il duca
era indiscussa" scrive Renata Stoisa Comoglio in La prima Madama
Reale "Filippo non chiedeva nulla, ma proteggere ed amare Cristina
sarebbe stato lo scopo della sua vita. Il ventiseienne nobiluomo
rinuncerà alla brillante carriera militare, ad un eventuale e senza
dubbio vantaggioso matrimonio e rimarrà accanto a Cristina, dapprima
discretamente, poi, dopo la morte del duca Vittorio Amedeo,
apertamente. Sfiderà il bigottismo dei cortigiani e le ire di
Richelieu pur di mantenere fede al suo pegno d'amore".
Nel 1637, quando Vittorio Amedeo I morì
misteriosamente dopo una cena, e si sospettò un suo avvelenamento,
molti si girarono a guardare Cristina e Filippo, da allora in poi
liberi di vivere il loro rapporto. Così liberi che solo un anno dopo
la morte del Duca, si sussurrava che si fossero segretamente sposati.
Dopo la morte di Vittorio
Amedeo I, il Ducato di Savoia visse anni convulsi, con la guerra
civile tra madamisti, i sostenitori di Cristina, diventata Reggente e Madama Reale, e della sua politica
filofrancese, e principisti, i sostenitori dei principi Tommaso e
Maurizio, che temevano l'influenza francese e preferivano un
avvicinamento alla Spagna. Durante la guerra ci furono episodi
drammatici, come la fuga di Cristina nella Cittadella, organizzata
velocemente da Filippo, per impedire che la Reggente finisse nelle
mani di Tommaso, entrato a Torino per accusarla di tradimento. Come l'incontro di Cristina e Filippo con Luigi XIII, a Grenoble, durante il quale lei, sostenuta e confortata dall'amante, rifiutò di cedere al fratello sovrano il Ducato e il controllo sul piccolo erede al trono. O come
l'arresto di Filippo, nella notte di Capodanno del 1640, troppo vicino a Madama Reale e troppo pericoloso per gli interessi francesi, al difendere l'indipendenza del Ducato. Per due anni Filippo visse da prigioniero di lusso nel castello di Vincennes, nei pressi di Parigi. Sulla sua malinconica prigionia
c'è un bel libro, Il fiore del lino di Giusi Audiberti, che si muove
su più piani temporali per raccontare la figura di quest'uomo colto
e raffinato, abile politico e coreografo, che aveva un'unica
passione: Cristina di Francia.
Al conoscere la notizia
dell'arresto dell'amato, Cristina svenne, annullò tutte le
feste ed ebbe un unico impegno: riportare Filippo a Torino. Ma le sue
lettere e le sue suppliche non convinsero suo fratello, Luigi XIII:
Filippo ritornò in patria solo alla morte del
Cardinale Richelieu. Di quel periodo rimangono le tenere lettere tra
i due amanti, le promesse di lei, le rassicurazioni di lui.
Negli
anni della Reggenza di Cristina, Torino non fu solo capitale di uno Stato in
perenne guerra tra Francia e Spagna. Fu un crocevia di artisti e di
talenti, che, chiamati a Corte da Cristina e, sotto la guida di
Filippo, nominato Gran Maestro delle Fabbriche e
Sovrintendente delle Finanze, la abbellirono e le diedero l'aspetto
di capitale europea. In quegli anni operò a Torino Guarino Guarini,
che costruì due delle cupole più belle d'Europa, quella della chiesa di San Lorenzo e della Cappella della Sindone. Cristina fece
costruire e abbellire le sue deliciae predilette, il Castello del
Valentino, ristrutturato secondo il gusto francese, e, in collina, la
Vigna di Madama Reale, entrambe affrescate con motivi allegorici e
motti scelti da Filippo; ristrutturò Palazzo Madama, coprendo il cortile medievale e arricchendolo di sontuosi saloni, diede il via al progetto del nuovo Palazzo Reale. Lo stesso conte si preoccupò di abbellire e di arricchire le proprietà di famiglia e i feudi che Cristina mano a mano gli donava, a cominciare dal Castello di Agliè, a cui fu legato per tutta la vita e che trasformò nell'elegante residenza che si può visitare ancora oggi.
Cristina morì nel 1663, Filippo le
sopravvisse quattro anni, durante i quali Carlo Emanuele II gli impose
il ritiro a vita privata. Fu sepolto, su sua richiesta, nell'orto del
convento del Monte dei Cappuccini. Dicono che il suo fantasma di
tanto in tanto si faccia vedere sul Monte dei Cappuccini.
PS
Manca il fiore che ride in un bel viso,
ch'ogni giardin d'amor nel verno cade,
ma chi coltiva un fior di Paradiso
sprezza i danni del tempo e de l'etade.
Sono versi scritti da Filippo d'Agliè ne Il Gridelino, rappresentato per il Carnevale del 1653, quando lui e Cristina, legati già da più di vent'anni, stavano per superare la soglia di quella che allora era già considerata vecchiaia. Ma leggete i versi: che dichiarazione d'amore, a una donna la cui bellezza sta cadendo nell'inverno!