El País ha spedito lo scrittore Javier
Montes nel Nord Ovest italiano, a scoprire la creatività delle città
un tempo industriali e adesso 'finestre sull'arte'.
Dopo aver
viaggiato per Milano e Varese, Montes fa tappa a Torino, che "durante
il XX secolo si è disputata con Milano il ruolo di motore
dell'avanguardia dell'arte e dell'architettura" e si fa sedurre
dagli ex stabilimenti industriali trasformati in sedi d'arte e
d'avanguardia. Si inizia al Lingotto, che lo scrittore definisce "versione contemporanea del Colosseo". "Il cerchio dell'anfiteatro
classico è diventato un ovale, di oltre un chilometro di
lunghezza, per qualche tempo fu il più grande edificio d'Europa. Le
Corbusier lo considerò immediatamente 'una guida da seguire' e la
fabbrica rivoluzionò l'architettura industriale e l'urbanismo del XX
secolo con le sue soluzioni futuriste e intelligenti: la materia
prima entrava per le gigantesche aperture a livello della strada e si
trasformava in auto finite, mano a mano che salivano nella spirale,
attraverso le rampe immense, ai lati dell'edificio". Secondo
Montes, il Lingotto, "senza esagerare, ha cambiato la storia di
Torino, d'Italia e d'Europa".
E, quando nel 1982 la fabbrica ha chiuso, è stato Renzo Piano, forte dell'esperienza acquisita con il Centro Pompidou, a occuparsi della sua ristrutturazione, trasformandolo "in un gigantesco centro commerciale e culturale, circondato da giardini geometrici". Nel nuovo Lingotto hanno così trovato posto un centro commerciale, alberghi, palestre e ristoranti. "E nello Scrigno, che Piano ha posato come una nave spaziale sul tetto del Lingotto, c'è, chiaro, la Pinacoteca Agnelli, con la preziosa collezione d'arte della famiglia e un programma interessante di mostre contemporanee".
Ma non è finita qui, perché "la
cosa più impressionante" offerta dal Lingotto è "ascendere a
piedi lentamente, per una delle sue maestose rampe a spirale, fino ad
arrivare al tetto: il circuito delle corse è intatto e la sua
potente orizzontale infinita si vede replicata, quasi a portata di
mano, dalla linea delle Alpi innevate all'orizzonte: una delle
esperienze architettoniche più memorabili del secolo e un edificio
all'altezza della nobiltà e della potente sobrietà della miglior
architettura prodotta in Italia".
Torino, spiega Montes,
continua a competere per il titolo di capitale contemporanea
d'Italia, per cui suggerisce di esplorare la sua periferia
industriale, "per trovare due spazi che riutilizzano edifici del
passato recente e dimostrano la capacità di accelerare quando tocca
e adattarsi al cambio di marcia dei tempi". Siamo a Borgo San
Paolo, "pieno di magazzini e antiche fabbriche, che ricordano quasi
una sorta di Chelsea all'europea", e Montes sta parlando della
Fondazione Mario Merz e della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. La
prima "dal 2005 riunisce l'opera di uno dei grandi dell'arte
povera, in quella che fu la fabbrica della Lancia: l'impressionante
spazio diafano degli anni 30 è anche una sfida alla memoria della
città ed è perfetto per i famosi igloo, che furono simbolo dello
stile di Merz, e per le esposizioni temporanee di arte
contemporanea". A poca distanza, la Fondazione Sandretto Re
Rebaudengo, conserva "una delle collezioni d'arte contemporanea più
complete d'Europa" e "nell'edificio austero ed ermetico si
nasconde una programmazione che si occupa di produrre opera e
diffondere il lavoro degli artisti di tutto il mondo".
La
visita torinese si conclude nel Castello di Rivoli, che, "dagli anni 80,
dopo un restauro impeccabile, che ha rispettato la sua aria
imponente, accoglie il centro pubblico d'arte contemporanea più
interessante d'Italia e uno dei punti di riferimento del settore in
tutta Europa, con un programma di mostre temporanee di primo
livello". Perché, conclude Montes, "né il bel centro storico
barocco è tutto quello che offre Torino né il XX secolo italiano è
finito con il Lingotto".
L'articolo di
El País è
su elpais.com.
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