Tre ex operai della Fiat, adesso pensionati, scoprono che la loro vecchia
fabbrica di via Plava, a Mirafiori Sud, verrà abbattuta, per cui decidono
di occuparla. Dentro trovano alcune Fiat 131 Mirafiori, che per anni furono l'orgoglio del quartiere, dato che, non solo venivano fabbricate lì, ma portavano anche il
suo nome per il mondo, e decidono che quegli spazi in disuso saranno un Lunapark
per i nipotini, in modo da avvicinare i più giovani alla riscoperta delle loro
radici e di quelle del quartiere.
E' la trama di Mirafiori lunapark, il film che il regista esordiente Stefano Di
Polito ha girato la scorsa estate, tra la chiesa di San Luca, un capannone della
Fiat di via Plava, le case di via Roveda e di via Negarville. Leggo i nomi di
queste vie e di questi luoghi e mi viene un sorriso nel cuore, perché, come Di Polito, ho
trascorso parte della mia vita a Mirafiori e voglio bene a questo quartiere, ai
suoi casermoni di periferia, alla sua chiesa di cemento, a tutti gli accenti
italiani che si possono ascoltare ai giardinetti e al mercato, all'onnipresenza
della Fiat e delle sue ciminiere. Sono una torinese fortunata, all'aver potuto
vivere in vari quartieri della città e all'aver potuto conoscere tanti modi di
essere torinesi.
Stefano Di Polito ha lasciato Mirafiori Sud una decina di anni fa, ma con questo
film d'esordio ha voluto rendere omaggio al suo quartiere e a tutto quello che
ha rappresentato, non solo per lui, ma per Torino e, in fondo, per l'Italia. Sul
giornalino del quartiere, Mirafiori Sud, ha scritto un bell'articolo,
sentimentale e orgoglioso, dedicato alle sue origini. Classe 1975,
si sente sempre mirafiorino e rivendica le virtù del quartiere. "Mi
ricordo che ci sentivamo tutti uguali, la maggior parte di noi aveva i genitori
che lavorano alla Fiat, chi uno, chi due, come nel mio caso, di solito avevamo almeno un fratello o una sorella e, quasi sempre, i nonni in un'altra regione, a
volte in due, molto spesso nel Sud Italia" scrive. Non è vero, in fondo, quello che
si dice adesso, con nuovo orgoglio torinese, che non sei davvero
torinese se non hai anche un po' di sangue meridionale nelle vene?
Sentirsi tutti uguali, rivendica Di Polito, è un grande insegnamento, perché
ripara dall'invidia, "che scoprirai dilagante nelle classi sociali più
agiate", e, soprattutto, perché, essendo tutti uguali "non chiedi mai
un trattamento di favore, ma lotti per ogni conquista, perché sai che nulla ti
è dovuto". Poi, all'essere di Mirafiori, c'è un orgoglio speciale,
perché è un quartiere famoso in tutta Italia, "e allora, quando si tornava al Sud,
potevi dire con orgoglio che eri di Mirafiori senza dover aggiungere molto
altro". Poi c'era la Fiat 131 Mirafiori, che aveva lo stesso nome del
quartiere e "ci inorgogliva nei nostri racconti infantili".
E' stato dopo, diventando mano a mano adulti, che si è scoperto l'altro volto
di Mirafiori, quello del boom economico, dell'immigrazione dal sud, delle lotte
operaie e della crisi industriale, così come della diffusione dell'eroina e del
terrorismo politico. "E tu sei stato dentro questi fenomeni, senza quasi
accorgertene, in compagnia di altri coetanei, con cui hai condiviso le partite
in cortile, i tiri al Bowling, le serate ai giardinetti, i fine settimana in
montagna nelle case parrocchiali" scrive il regista. Che poi rende omaggio
alla generazione dei genitori, che, "oltre alla tua vita, hanno contribuito a
costruire il nostro paese e un quartiere da zero, perché prima del loro arrivo
quasi non c'era. Hanno lottato perché i loro diritti fossero rispettati nel
lavoro e nella vita privata. E così ti hanno lasciato in eredità il senso di
giustiza e quel bisogno di raggiungere ogni giorno una sorta di stanchezza
felice di chi lotta per una buona causa. Una coscienza civica".
E adesso che quei diritti vengono messi in discussione, Mirafiori invecchia e la
grande fabbrica si svuota. Così l'idea del film, che renda omaggio a Mirafiori
e a quello che è stata e che inviti a riflettere, suscitando un sorriso. Anche
l'odissea per la realizzazione di Mirafiori Lunapark è una storia di
determinazione mirafiorina, di chi "lotta per ogni conquista, perché sa che
nulla gli è dovuto". Scritta la sceneggiatura e cercato invano un
produttore, è stato determinante l'incontro con Mimmo Calopresti, anche lui
figlio di un operaio della Fiat, per poter finalmente realizzare il progetto. Il
regista calabrese, cresciuto a Torino, si è innamorato della sceneggiatura e ha aiutato Di Polito a trovare i produttori. I tre pensionati protagonisti sono interpretati da Antonio Catania, Giorgio Colangeli e Alessandro Haber. "Abbiamo aderito a questo progetto con molto entusiasmo e ci siamo messi in
gioco, anche dal punto di vista economico, perché il film di Stefano parla del
periodo difficile che sta vivendo il mondo del lavoro in tutta Italia, non solo
qui a Torino" ha detto Haber qualche mese fa, in una conferenza stampa.
Il film sarà nelle sale quest'anno "e
spero che renderà felici e orgogliosi molti abitanti del quartiere"
conclude Di Polito.