Saranno sei le
torri che affolleranno il cielo di Torino nel 2020. Lo annuncia
La
Stampa di oggi, in un articolo firmato da Emanuela Minucci, che
potete leggere anche
su lastampa.it.
Hanno già cambiato lo
skyline torinese il grattacielo di Intesa San Paolo, nei pressi della
stazione di Porta Susa, e il grattacielo della Regione, vicino alla
Stazione del Lingotto, nella zona meridionale della città. Il primo
è firmato da Renzo Piano, il secondo, che con i suoi 205 metri sarà
il grattacielo più alto d'Italia, da Massimiliano Fuksas. Ma il
Comune ha previsto almeno altre quattro torri di altezza compresa
tra i 100 e i 150 metri, da qui al 2020. Accanto al grattacielo di
Intesa San Paolo è da tempo previsto il grattacielo delle Ferrovie,
i cui cantieri, però, non sono ancora partiti; a poca distanza, nei
pressi di piazza Marmolada, ci saranno le due torri della già chiamata
Porta d'Europa. Due torri caratterizzeranno anche l'ingresso
settentrionale a Torino: nei pressi di piazza Rebaudengo, che
diventerà strategica, essendo adiacente al capolinea della linea 2
della metropolitana e stazione d'ingresso a Torino per i treni in
arrivo dall'aeroporto di Caselle, ci saranno due grattacieli. "La
filosofia è quella di creare segni urbani forti in corrispondenza di
punti altrettanto potenti del trasporto, come ferrovia o metrò:
laddove c'è più comodità si propongono maggiori densità
abitative, vuoi a base di uffici o di residenze" ha detto
l'assessore Stefano Lo Russo a Emanuela Minucci.
E sono le sue
parole a far pensare alla storia torinese. A come le autorità si
siano sempre preoccupate di avere ingressi monumentali, che
colpiscano l'immaginario del visitatore e che diano un'idea del gusto
torinese. Prendete gli ampliamenti della città barocca. L'ingresso a
Torino da Milano e dalla Francia furono dotati di edifici aulici,
nonostante molto diversi tra di loro. L'attuale Piazza della
Repubblica, Porta Palazzo, insomma, fu concepita da Filippo Juvarra
come una grande piazza d'armi, con due edifici da reddito, ma non per
questo meno rigorosi e raffinati nelle loro facciate: le grandi
paraste a tutta altezza scandiscono il ritmo delle aperture, balconi
e finestre sono sormontati da cornici triangolari alternate a cornici
ad arco, secondo uno schema che ritorna volentieri nell'architettura
barocca torinese, il bicromatismo sottolinea il ritmo e le strutture
portanti, la monumentalità è accentuata anche dalla posizione
leggermente superiore degli edifici rispetto alla porta, grazie alla
vicinanza della Dora, posta più in basso.
I Quartieri Militari,
ad accogliere i visitatori provenienti da Susa e dalla Francia,
rispondono alla stessa logica monumentale. Firmati anch'essi da
Filippo Juvarra, i due isolati finali dell'attuale via del Carmine,
su corso Valdocco, sono stati concepiti come due caserme su una
piazza d'armi. I due edifici sono dotati anch'essi di portici,
utilizzano anch'essi un ordine gigante per scandire il ritmo delle
aperture, fanno del laterizio a vista uno degli elementi della
propria severità (e di passo sottolineano anche come il maltrattato
laterizio sia in realtà un elemento di costruzione nobile e duttile:
guardatelo marziale e severo nei Quartieri Militari, scopritelo
morbido e danzante nella facciata di Palazzo Carignano).
Il
barocco impone a Torino ingressi monumentali, caratterizzati da
grandi piazzi auliche, con edifici aperti ad accogliere i visitatori
e a indirizzarli verso la città. Un modello che non si è perso
nell'Ottocento, quando sono state realizzate le altre grandi piazze
d'ingresso: piazza Vittorio Veneto, sul Po, piazza
Statuto, sulla strada di Francia, piazza Carlo Felice, al termine
della via Nuova, davanti a Porta Nuova. Cambiano gli stili, cambiano
le dimensioni, ma non quella che è ormai l'impronta di Torino: il
carattere uniforme dell'architettura, con i portici, il ritmo uguale
delle aperture e gli abbaini, lo spazio aperto e ingentilito dai
giardini (piazza Statuto e piazza Carlo Felice), il disegno a U della
piazza, ad accogliere i nuovi arrivati.
Cadute le fortificazioni
e le cinte murarie, gli ingressi alla città si sono allontanati e si
sono ampliati. Adesso si pensa di sottolinearli con nuove piazze,
grandi parcheggi di interscambio e torri che sfidano il cielo e la
storia, grazie alla presenza di punti strategici del trasporto
pubblico. La Torino barocca lascia spazio al XXI secolo e chissà.
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