La mattina del 12 maggio 1706 ci fu un'eclissi di sole, che diede speranza ai torinesi. Il Sole venne oscurato e brillò particolarmente la costellazione del Toro: la simbologia contro Louis XIV di Francia, il re
Sole, che aveva dato ordine di iniziare l'assedio a Torino era più
che evidente.
La Guerra di Successione Spagnola, che
contrapponeva la Francia e la Spagna a Inghilterra, Austria, Paesi Bassi e buona parte degli
Stati dell'Impero Germanico, per assicurare al proprio candidato il trono spagnolo, si
trascinava già dal 1701. Il fronte principale era al nord, nella
solita area dell'attuale Benelux, ma nel 1703 il cambio di alleanze di
Vittorio Amedeo II, che lasciò i Franco-Spagnoli per passare agli
Imperiali, trasformò il Ducato di Savoia in protagonista: i suoi territori, infatti, impedivano il
collegamento diretto tra la Francia e i domini spagnoli del
Milanesato. Negli anni seguenti, il Ducato di Savoia venne mano a
mano occupato dai Francesi; nel 1705, rimaneva praticamente solo
Torino, tra le città fortificate sabaude, ancora in mano ai Duchi. E
fu un errore francese a permettere alla città di diventare decisiva
per l'andamento della guerra, grazie alla resistenza opposta durante
il famoso assedio del 1706. Alla fine dell'estate del 1705, i Francesi,
conquistate le fortezze principali tra il Milanese e Torino e avendo
il controllo della Valle di Susa, avrebbero potuto iniziare l'assedio della capitale sabauda. Ma non lo fecero: le mura fortificate e la Cittadella, famosa
in tutta Europa per l'inespugnabilità, li spinsero a sospendere le
operazioni, convinti che si sarebbe dovuto lanciare un attacco solo
con la sicurezza della vittoria. Ma l'inverno fu fatale all'alleanza
Franco-Spagnola.
Il duca Vittorio Amedeo II utilizzò infatti la
stagione fredda per preparare la disperata difesa della sua capitale.
Sotto la guida di Antonio Bertola, la Cittadella fu ulteriormente fortificata: i tre bastioni esterni vennero dotati di
controguardie, cioè di una serie di postazioni avanzate in terra e
muratura a forma di V rovesciata, con fossati ampli e profondi. "Nel
piazzale interno della fortezza venne elevata la Tagliata Reale, un
enorme sbarramento terrapienato su cui si sarebbe ulteriormente
infranta l'avanzata nemica, nella malaugurata evenienza che le opere
esterne non avessero retto l'impeto dell'attacco di sfondamento. Oltre a
quelli già esistenti, altri fortini di minore consistenza, frecce in
terra e fascine, caponiere, trincee avanzate, resero inespugnabile
ogni singolo punto della cortina muraria che circondava la città" scrive lo storico Mauro Minola su Torino sotterranea.
A rafforzare le difese cittadine contribuì anche la decisione di radere al suolo qualunque
costruzione, civile o religiosa, o albero che nelle campagne
circostanti potesse offrire riparo al nemico. Quando, alcune
settimane dopo, Le Feuillade si fece rivedere nei pressi di Torino,
per preparare l'assedio, fu sorpreso dalle mutate condizioni
topografiche e dovette rivedere i propri piani. Non aveva più alcuna
possibilità di arrivare alla Cittadella utilizzando ripari naturali:
i suoi uomini avrebbero dovuto combattere in campo aperto, facile
obiettivo delle armi degli assediati.
Ma non c'era solo il
rafforzamento 'visibile'.
La leggenda della Cittadella torinese
era legata
alla rete di gallerie sotterranee, di cui parlava tutta
l'Europa, ma il cui sviluppo e la cui trama nessuno conosceva. E cosa
può temere un esercito, più di un nemico presente e invisibile? Il
rafforzamento della rete sotterranea, voluta da Emanuele
Filiberto, fu una delle ragioni del successo dei Torinesi
nell'assedio della loro città. I lavori impegnarono soldati e
minatori per mesi, tutto era stato perfettamente organizzato.
Racconta il generale Solaro della Margarita, comandante della
Cittadella e citato da Minola: "Mentre alcuni sgombravano la terra,
altri preparavano dei
salciccioni, dei canaletti, dei cunei,
dei puntelli per le gallerie ed il loro armamento. Non si trascurava
nulla per squadrare i fornelli e ampliare tutte le altre opere. Un
gran numero di minatori e di carpentieri erano destinati alle mine, e
si erano sistemate, a piccole distanze, delle lanterne accese lungo
le grandi gallerie, per poterle praticare". A vegliare a ogni
ingresso delle gallerie, una guardia di Granatieri, mentre i turni
dei minatori garantivano l'ascolto di ogni eventuale
rumore proveniente dai movimenti nemici.
E mentre fervevano i lavori di fortificazione,
nella città i Torinesi si preparavano all'assedio con provviste di
viveri e di bestiame (il pozzo della Cittadella garantiva l'accesso
diretto alla falda acquifera e dunque Torino non sarebbe stata presa
per sete); vennero anche disselciate le strade, per far sì che le
palle delle cannonate nemiche cadessero sul terreno soffice e non
producessero schegge pericolose per i torinesi.
Nella primavera
del 1706, quando i Francesi si presentarono davanti alle mura di
Torino, la città era pronta per accoglierli. A darle speranza, anche
l'eclissi di sole del 12 maggio. Due giorni dopo, il 14 maggio 1706,
l'assedio iniziava.