In the name of Go(L)d è l'intelligente titolo di una bella mostra
fotografica, in corso nella Galleria d'Arte di Paola Meliga, in via
Maria Vittoria 46/C, a Torino. Cosa non si fa nel nome di Dio e del
denaro, differenziati in inglese da una sola lettera? 36 fotografie
del fotoreporter torinese Ugo Lucio Borga, uno dei più noti
fotogiornalisti italiani, rispondono alla domanda, raccontando il dramma della
Repubblica Centrafricana, insanguinata dal conflitto tra cristiani e
musulmani, che, a sua volta, nasconde un altro conflitto, quello per
il controllo delle preziose risorse naturali del Paese (i diamanti
sono una delle prime voci d'esportazione, sia legale che illegale).
Sono immagini in bianco e nero che colpiscono al cuore, per la
loro violenza e per gli sguardi delle persone ritratte. Ci sono
l'infanzia e la vecchiaia violate, i corpi abbandonati, la vita
precaria sotto le tende. Ci sono le insidie che a un primo sguardo
l'occhio inesperto non nota e che Paola Meliga sottolinea: in alcune
foto si vedono i soldati che controllano gruppi di bambini piangenti
e impauriti, hanno il dito quasi sul grilletto. Cosa potrebbero mai
fare loro quei bambini inermi? "Non sono inermi. Nel Centrafrica i
bambini imparano a usare le armi non appena sanno tenere qualcosa in
mano; in mezzo a loro ci può essere qualcuno che tira una bomba a
mano, una pistola, un'arma e provoca la morte. I bambini
centrafricani possono essere molto pericolosi". Addestrati a
uccidere sin dall'infanzia: "Sono sottoposti a una violenza che non
dimenticheranno mai, anche se portati a vivere in territori di pace" commenta Paola Meliga.
Le fotografie sono accompagnate da brani
di articoli o pensieri di Ugo Lucio Borga, che racconta in essi in quali
condizioni sono state scattate le fotografie, a quali scene ha
assistito durante il suo soggiorno centraficano; non sono solo
ricordi di guerra, ma anche di credenze e usanze locali, come i
rituali ancestrali o gli amuleti per difendersi dai proiettili. Sono
note che aiutano a situare le fotografie e spiegano le sensazioni di
una guerra senza fine, che divide anche nella morte, perché
cristiani e musulmani non possono più essere sepolti nella stessa
terra. Borga è uno dei fondatori dell'Associazione Six Degrees, che
intende raccontare guerre e conflitti, discriminazione, povertà e
immigrazione, e ha lavorato per
numerosissime testate italiane e internazionali, tra cui
La Stampa,
il
Corriere della Sera,
Vanity Fair,
il Venerdì di Repubblica,
Time,
The Guardian,
Die Welt,
La Vanguardia,
La Croix.
Il conflitto
centrafricano è dimenticato dai media internazionali, ma, denuncia
l'UNICEF, ha causato oltre 600mila vittime tra i bambini, esposti
alla violenza e alla malnutrizione (a causa della guerra, la
Repubblica Centrafricana è uno dei Paesi più poveri del mondo,
nonostante le potenzialità economiche).
La mostra torinese è
stata organizzata con la collaborazione dell'Associazione Amici per
il Centrafrica, che ha anche collaborato alla realizzazione del
fotoreportage di Borga. L'8 aprile la presidente dell'Associazione
Carla Pagani ha portato aiuti umanitari per 300mila euro a Bangui, la
capitale della Repubblica, con un volo speciale organizzato dalla
Farnesina e dal World Food Program.
In the name of Go(L)d ha come
obiettivo non solo far conoscere ai torinesi le conseguenze nefaste
della guerra, ma anche la raccolta di aiuti e donazioni, per la
gestione dell'emergenza. I progetti di Amici per il Centrafica
riguardano soprattutto l'educazione e l'accoglienza dei bambini, la
promozione della donna, la sanità, la formazione, lo sviluppo
sostenibile, la difesa dei diritti; bisogna pensare che una parte
della popolazione, la minoranza pigmea, vive addirittura in
condizioni di semischiavitù (e storicamente il Centrafrica è stato
serbatoio di schiavi sia per le potenze europee che per i Paesi del
Nord del continente).
La mostra rimarrà aperta fino al 30 giugno;
gli orari di apertura di Paola Meliga Galleria d'Arte sono dal
martedì al sabato 10.45-12.45 e 15.30-19.30; l'ingresso è libero.
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