Guardate una cartina di Torino. Noterete che lo
scacchiere romano, che si è cercato più o meno di mantenere anche
nei quartieri sorti nell'ultimo secolo, è come interrotto da due
anelli concentrici di grandi viali a scorrimento veloce. Il primo, il
più interno, nasce sulle rive del Po ed è costituito da corso
Bramante, che diventa poi corso Lepanto, Pascoli, Ferrucci, Tassoni,
Svizzera, Mortara, Vigevano, Novara e Tortona, per morire, vari km
più a nord della partenza, di nuovo sul Po. L'anello più esterno
inizia in via Onorato Vigliani, a Mirafiori, va a prendere via Guido
Reni e prosegue per via De Sanctis, via Pietro Cossa, via Sansovino,
via Paolo Veronese, piazza Rebaudengo, via Botticelli. Non sono
anelli casuali nella cartina di Torino: il loro percorso corrisponde
alle due cinture daziarie che si sono succedute nel tempo, per circa
un secolo, dalla metà del XIX alla metà del XX.
La prima, la più
interna, fu costruita tra il 1852 e 1858, per
raccogliere risorse fiscali da destinare alla città attraverso i
dazi sulle merci in entrata. Lunga poco più di 16 km, fu progettata
dall'ingegnere Edoardo Pecco e consisteva in un muro alto due metri,
su cui si aprivano i caselli, le cosiddette barriere, che
permettevano l'ingresso in città, dopo aver denunciato le merci in
entrata e pagato il dazio corrispondente; in collina la cinta
proseguiva dal Ponte Isabella, su fino a Villa della Regina,
attraverso corso Lanza, e scendeva su corso Casale, attraverso corso
Quintino Sella, per poi raggiungere la Vanchiglia, ed era formata da
una cancellata.
La presenza della cinta daziaria condizionò lo
sviluppo urbanistico di Torino, tra il XIX e il XX secolo. Per non
pagare il dazio, infatti, molte attività industriali si insediarono
nei pressi delle barriere, così come fecero molti artigiani e molti
operai, per i quali era più economico vivere fuori dalla cinta
daziaria. La conseguenza fu che intorno alle barriere nacquero veri e
propri quartieri, che ancora oggi portano nel proprio nome il ricordo
della cinta (basti pensare alla Barriera di Milano, nata intorno, per
l'appunto, alla barriera sulla strada che arrivava da Milano); spesso questi nuovi borghi ebbero spesso uno sviluppo urbanistico disordinato, dimenticando
l'antica pianta ortogonale che caratterizzava il centro cittadino. E
non solo, il continuo aumento della popolazione intorno alle
barriere, per evitare il pagamento del dazio, preoccupò le autorità
cittadine, sia per lo sviluppo vertiginoso e incontrollato dei nuovi
quartieri, sia, evidentemente, per le mancate entrate fiscali.
Nel
1912 si costruì così una nuova cinta daziaria, più esterna e molto
più ampia della precedente, per includere le attività economiche
nate nel frattempo sul territorio cittadino. La nuova cinta in realtà
non fu mai completata, ma furono edificate le barriere in quelle che
adesso sono le piazze Bengasi, Massaua, Rebaudengo e Stampalia. Le
barriere d'ingresso a Torino funzionarono fino agli anni 60 del XX
secolo, molti dei torinesi più anziani le ricordano ancora.
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