Da bambina
percorrevo spesso corso Vigevano, passavo sotto il cavalcavia di
corso Mortara e scendevo poi per corso Principe Oddone. A volte
capitava di passare sul cavalcavia e ricordo l'impressione di una
Torino lontana, sconosciuta, fumosa, piena di fabbriche,
impressionante, sembrava un corpo estraneo.
"La
strada chiusa al fondo dai giganteschi capannoni che, dall'alto di
via Sobrero vedevo al di là di corso Regina, era la via Livorno,
degna della Manchester che mi immaginavo, quando l'Inghilterra era
l'arsenale dell'Impero" scrive Vittorio Messori ne Il mistero di
Torino, libro che mi è ricapitato recentemente tra le mani e mi ha
fatto pensare a quanto Torino sia cambiata in questi anni "Era
lunga, larga e in curva. A partire dall'incrocio con corso Umbria (lì
si era investiti dall'odore di caucciù delle grandi fabbriche sulla
Dora dei pneumatici Michelin, concorrenti della Ceat di corso
Palermo, anch'essa sulla Dora), dopo la strana chiesa, dedicata, non
capivo perché, alle Stigmate di San Francesco, non c'era una sola
casa. Non si incontrava nessuno. Camminando sui marciapiedi deserti,
coperti da un dito di polvere marrone su cui le suole lasciavano
l'impronta, si fiancheggiavano solo mura spoglie, dalle quali
sporgevano nere strutture da industria pesante, da Ruhr o, forse, da
piano quinquennale sovietico”.
Forse, perché figlia della
piccola borghesia, senza alcun legame con la Fiat, è anche per questo che, attraversando quella
Torino che sembrava Manchester o la Ruhr, la sentivo estranea.
Ma
la vita è strana.
Anni dopo, mi capita spesso di passare proprio
per via Livorno. Se per Vittorio Messori è stato un colpo al cuore
tornare in via Livorno e non trovare più le antiche ciminiere, per
me è un motivo di allegria e di sollievo camminare da corso Umbria
fino alla Dora. Lasciarmi alle spalle la chiesa delle Sacre Stimmate
di San Francesco, percorrere la leggera discesa che arriva alla
rotonda dell'Ipercoop, e poi scendere fino al Parco Dora, uno dei
miei posti prediletti della Torino in trasformazione. Al posto delle
fabbriche ci sono le Isole del Parco, progettate da Aimaro Isola, e
il centro ludico-commerciale guidato da Ipercoop e Medusa. Al posto
degli stabilimenti della Michelin ci sono le distese del Parco Dora.
Al posto dei capannoni della Teksid, c'è il loro magnifico
scheletro, trasformato in copertura di alcune strutture sportive e in
luogo simbolo del Parco Dora.
E' scomparso anche il cavalcavia che
percorrevo da bambina. E la fabbrica che le correva accanto è stata
trasformata in un centro commerciale, con loft e uffici inclusi. Sì,
ci sono troppi centri commerciali in quest'angolo di Torino. Si
potrebbe discutere il modello di sviluppo di una città, che si
affida ai centri commerciali e rinuncia al tessuto sociale garantito
dal piccolo commercio. Si potrebbe discutere quanto tempo ci vorrà
ancora per vedere completato il progetto di Spina 3, visti i ritardi
e la mancanza di finanziamenti. Ma al guardare le foto di qualche
decennio fa, della Torino che sembrava Manchester o la Ruhr, e della
Torino di oggi, che propone parchi e abitazioni al posto delle
industrie, non si può non pensare che è stata una bella opera di
riqualificazione.
Vivo dietro via Livorno e ho letto con molto interesse questo post; le chiedo un aiuto sulla prima foto perché non ho trovato molti punti di riferimento. Si tratta del vecchio ponte sulla Dora?
RispondiEliminaSì, è il ponte adesso pedonale, tra via Livorno e via Orvieto, la casetta che si vede sulla sinistra, appena prima del ponte, è stata abbattuta pochi anni fa; le fabbriche che si vedono sul lato di destra sono state sostituite dal Centro Commerciale Parco Dora
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