Vittorio Amedeo II non fu solo il Duca di
Savoia che regalò alla propria dinastia il titolo reale, grazie al
Trattato di Utrecht, che, nel 1714, trasformò il Ducato di Savoia in
Regno di Sicilia prima e di Sardegna poi. Fu anche protagonista di
una delle storie d'amore più appassionate e controverse di Casa
Savoia, in cui si mescolano passione, spionaggio, gelosie, politica.
Tutto iniziò nel 1684, quando la bellissima Jeanne Baptiste
d'Albet de Luynes, arrivò a Torino con il marito, il conte Manfredo
Scaglia di Verrua. Durante uno dei balli di corte, la giovane e bella
contessa parigina, attirò le attenzioni di Vittorio Amedeo II. Il
corteggiamento fu lungo e furioso: innamorata del giovane marito,
educata nella religione cattolica, Jeanne non aveva alcuna intenzione
di cedere ai capricci del sovrano. E, vedendosi respinto, Vittorio
Amedeo raddoppiava le feste per vederla e gli sforzi per
conquistarla. Aveva persino allontanato il conte di Verrua,
spendendolo in Ungheria, contro i Turchi, e si era liberato anche di
potenziali nuovi corteggiatori della bella contessa.
Per
allontanare il Duca, Jeanne arrivò a parlare con la suocera, che
però reagì freddamente, considerando i vantaggi che la relazione
avrebbe portato agli Scaglia, si allontanò dalla Corte, si ritirò
in una delle proprietà della famiglia del marito, in cui si dedicò
ad allevare i bambini nati dal suo matrimonio e che Vittorio Amedeo
prese a frequentare spessissimo. Al ritorno del Conte dall'Ungheria,
a causa dell'inverno, la madre e lo zio gli raccontarono la propria
versione dei fatti, e cioè che Jeanne era l'amante del Duca.
Infuriata perché il marito credeva più ai parenti che a lei, la
bellissima francese prese una decisione inaspettata: se il Conte
preferiva credere che era l'amante del Re, lo sarebbe diventata.
Secondo la tradizione, il Duca e la Contessa divennero amanti
nell'oscurità del Palco Reale, durante una rappresentazione al
Teatro Reale, costringendo gli altri spettatori a rimanere nei propri
palchi, perché nessuno poteva lasciare il teatro prima del sovrano.
In realtà sembra che le cose furono più romantiche e che Vittorio
Amedeo volle avere una cornice più adeguata: volle Jeanne nel
seguito di un viaggio ufficiale a Nizza, come
fille d'honneur della
moglie Anne d'Orleans e fu allora, a Nizza, che riuscì finalmente a
raccogliere i frutti di tanti sforzi.
Jeanne non era un semplice
capriccio: il Duca negoziò l'allontanamento degli Scaglia da Torino e
una pensione di 15mila lire che Manfredo avrebbe pagato alla moglie.
Nel frattempo, Jeanne diede alla luce Vittoria Francesca, la prima
dei due figli che avrebbe avuto da Vittorio Amedeo. Teneramente amata
dal padre, che la riconobbe pochi anni dopo, Vittoria Francesca sposò
poi Vittorio Amedeo, principe di Carignano, facendo sì che tra gli
antenati dei re sabaudi ci sia anche la bellissima Jeanne.
Dopo
aver sistemato le questioni economiche e dopo aver ripreso possesso
del Palazzo Scaglia di Verrua, Jeanne visse con il Duca un amore
complicato dalla gelosia di lui e dagli affari di Stato. Ma Jeanne, nonostante li ossessivi controlli dell'amante, riuscì a essere libera di frequentare altri uomini e di
intrattenere corrispondenze gradite, come quella con il principe Eugenio di Savoia, che la incoraggiò nei primi
passi della sua ricca collezione artistica. Tra tradimenti
reciproci, scenate e riconciliazioni appassionate, la relazione
produsse un altro figlio, Vittorio Francesco, nato nel 1694; Jeanne
divenne sempre più influente, ascoltata consigliere del Duca: fu anche grazie a lei che si firmò una nuova pace tra la
Francia e il Ducato, con il matrimonio tra la figlia di Vittorio
Amedeo II e il figlio del Gran Delfino come pegno.
Dotata di una notevole
fortuna personale, grazie alla passione per il collezionismo e alla
generosità dell'amante, preoccupata per il sempre più evidente
avvicinamento di Vittorio Amedeo agli imperiali, che avrebbe messo in pericolo il suo destino, nel 1698, Jeanne decise di
tornare a Parigi. Per preparare la sua fuga, ci mise due anni. Fu una
pianificazione talmente studiata e romanzesca che persino Alexandre Dumas se ne
appassionò e la raccontò in
La Dame de Volupté. Attraverso antiquari e mercanti, Jeanne riuscì a
portare parte della propria fortuna in Francia, senza destare
sospetti; quindi, approfittando di un'assenza del Duca, mise in atto la fuga. "L'impresa più difficile era
uscire da Torino. Vestita elegantemente, con una sola cameriera,
uscì come d'abitudine nella sua carrozza, per andare dalla contessa
di Sales, a Piobesi. Passata la Porta Nuova, scese per fare due
passi, lasciando liberi il cocchiere e la cameriera. Fuori Porta
l'aspettava una sedia di posta con il fratello e degli abiti
maschili. A Susa era in attesa una
litière per passare il Moncenisio
già innevato ed a Pont-de-Beauvoisin, frontiera tra Francia e
Piemonte, saltò dalla finestra di una casa sul confine su un'altra
sedia di posta con il secondo fratello Louis-Joseph, il quale,
malgrado la febbre che le fece perdere una notte a Grenoble, la portò
al castello di Dampierre del fratello primogenito Charles Honoré
Chevreuse, a quattro leghe da Versailles. Dalla fuga da Torino era
passata meno di una settimana" scrive Tomaso Vialardi di Sandigliano
in un saggio per Studi Piemontesi.
L'amante più desiderata lo
aveva beffato, lasciandolo improvvisamente e in modo romanzesco, ma
Vittorio Amedeo non se la prese. Rimasto in contatto con Jeanne, le
inviò gli arredamenti rimasti a Torino e assistette alla sua
irresistibile ascesa a Parigi. Ma è un'altra storia.
Nel 1990 Axel Conti ha girato un film sulla relazione tra Vittorio Amedeo II e la Contessa di Verrua, si intitola
La puttana del Re ed è interpretato da Timothy Dalton e Valeria Golino. A Torino, Palazzo Scaglia di Verrua, in via Stampatori 4, possiede ancora uno dei cortili più belli della città, che è quasi sempre aperto ai turisti.
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