L'incanto delle donne del mare è il
titolo di una preziosa mostra fotografica ospitata dal Museo d'Arte
Orientale di Torino fino al 21 settembre 2014. E di incanto davvero si
tratta. Un incanto arrivato a noi grazie a Fosco Maraini, che, nel
1954, soggiornò nelle isole giapponesi di Hekura e Mikuriya, per
testimoniare la cultura e lo stile di vita degli Ama, una popolazione
autoctona che si stava rapidamente giapponesizzando e modernizzando.
Una delle attività principali di questo popolo era la pesca
dell'
awabi, un mollusco dalle valve madreperlacee, che vive nel mare,
intorno ai 20 metri di profondità. La pesca era generalmente
riservata alle donne, che, come perfette sirene, vestite con
il solo
kuroneko, una sorta di antesignano del tanga, scendevano in
apnea fino a raggiungere i molluschi, per staccarli dalle rocce con una
lama ricurva, portata appesa al costume; tornate in superficie, posavano i molluschi in ceste
galleggianti e poi tornavano a immergersi; una volta terminato il
lavoro, nude e bellissime, prendevano la loro cesta e si inerpicavano
tra le rocce, per tornare verso i loro villaggi.
Le fotografie di
Fosco Maraini, tutte in bianco e nero, testimoniano la fatica e la
meraviglia di questo lavoro: le donne vengono ritratte mentre, in
spiaggia, si spogliano e si preparano a scendere in mare, le si vede
muoversi bellissime e agili nelle profondità marine, e tornare
in superficie, con le loro lame e i loro molluschi, orgogliose e sorridenti. Colpisce non solo la loro agilità e la loro
abilità, come se l'acqua fosse il loro elemento naturale e come se
l'apnea fosse parte dei loro geni, ma anche la sensualità implicita
delle immagini. I corpi nudi vengono mostrati e vissuti in modo
naturale, i seni bagnati, orgogliosi e giovani, non vogliono
trasmettere volontariamente erotismo, perché sono nudi per cultura,
senza malizia, eppure, allo stesso tempo queste immagini, così forti
e potenti, trasmettono anche un'innocente e piacevole sensualità.
Fosco Maraini è stato un appassionato antropologo e cultore
dell'Oriente, la sua vita avventurosa è stata legata profondamente
al Giappone e alle sue culture e questa mostra prova quanto sia importante la sua eredità. Oggi, secondo
il Governo giapponese, solo 1800 donne, in tutto l'arcipelago, si
dedicano alla pesca dell'
awabi e il loro numero è destinato a
scendere, dato che le più giovani hanno adottato i costumi del
Giappone moderno. Le immagini di Maraini, dunque, sono la
testimonianza di un mondo ormai scomparso. Il MAO le accompagna anche a un documentario,
girato da Maraini nelle profondità del mare, per seguire le donne
Ama durante la loro pesca; in realtà, siccome non aveva a
disposizione una macchina fotografica adatta alle foto subacquee,
Maraini fece costruire uno scafandro, anch'esso in mostra, in cui
inserire una videocamera e riprendere le Ama; da questo video trasse poi le fotografie. La presenza del video al MAO è doppiamente
preziosa, non solo per la testimonianza che offre, ma anche perché,
considerato perduto, è stato recuperato e restaurato grazie al Museo
delle Culture di Lugano.
Nelle teche poste al centro della sala
espositiva, si possono ammirare le attrezzature usate da Maraini per
realizzare il suo documentario e le fotografie; ci sono anche le
valve dell'
awabi e le xilografie giapponesi che raccontano la vita
faticosa di queste ninfe del mare, come le chiamava Maraini. Se poi
completate la mostra con la visita al Museo, nelle sale dedicate al
Giappone, troverete xilografie e stampe che raccontano un mondo
lontano ed enigmatico, ma anche raffinato e magico.
Il MAO, in
via San Domenico 11, è aperto da martedì a domenica, dalle 10 alle
18 (la biglietteria chiude un'ora prima) ed è chiuso il lunedì; il
biglietto costa10 euro, ridotto 8 euro e gratuito fino a 18 anni e
per i possessori della tessera Abbonamento Musei e da accesso sia
alla mostra che alle collezioni permanenti. Tutte le informazioni sul
sito web,
www.maotorino.it.
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