Se passeggiate per il centro di Torino, fatelo il più possibile
con il naso all'insù, per non perdervi neanche uno dei bei palazzi
storici. In via dei Stampatori, una delle vie più antiche del centro
cittadino, sarete sorpresi dalla bella facciata affrescata di Palazzo Scaglia di
Verrua, l'unico a conservare gli affreschi in facciata, l'unico
giunto a noi con un impianto rinascimentale.
Il palazzo fu costruito
alla fine del XVI secolo, sotto il regno di Carlo Emanuele I, per
volere di Giacomo Solaro, che unì varie proprietà per costruire
l'attuale palazzo. Da allora l'edificio ha subito pochi
rimaneggiamenti e ristrutturazioni, regalandoci così un'idea di quella che doveva essere la Torino patrizia non ancora barocca. Nella sua
facciata si trovano affreschi di grande eleganza, che racchiudono
scene allegoriche in grandi cornici, che sormontano le finestre con
architravi elaborati, che riproducono motivi decorativi nelle fasce
marcapiano. Il tutto senza oscurare il magnifico portone di legno,
sormontato dallo stemma degli Scaglia di Verrua. A dipingerli è stato
probabilmente Antonino Parentani, un pittore di origine bresciana,
che a Torino si è occupato anche della decorazione, perduta, della Grande
Galleria del Palazzo Ducale, che univa Palazzo Reale a Palazzo
Madama.
Ma, la vera sorpresa, il Palazzo Scaglia di Verrua la
riserva all'interno, con il suo splendido cortile. E' uno dei più
belli di Torino, insieme
a quello di Palazzo Saluzzo di Paesana e a
quello del Rettorato dell'Università. Ma questi ultimi due sono
cortili evidentemente barocchi, mentre Palazzo Scaglia di Verrua
propone un cortile di elegante grazia rinascimentale. Il loggiato,
formato da colonne snelle sormontate da architravi alternate ad
archi, richiama alla memoria la passione rinascimentale per le
proporzioni e conferisce una leggiadra leggerezza al complesso. I
grandi finestroni ad arco del primo piano, ai lati del cortile, sono
una sorta di contrappeso visivo agli archi che introducono al cortile
e agli scaloni del piano superiore. Gli affreschi, che ritraggono
probabilmente personaggi del tempo (anche i Conti di Verrua?) e che
riproducono fitti motivi decorativi, dotano l'insieme di ulteriore, fascinosa raffinatezza. I piani superiori
dell'edificio non sono visitabili: ospitano uffici e appartamenti
privati.
Le vicende storiche del Palazzo sono affascinanti quasi
quanto la sua architettura. I conti Scaglia di Verrua appartenevano
alla piccola nobiltà terriera e vissero il loro momento di massimo
splendore intorno al XVI secolo, quando, con il trasferimento a
Torino, entrarono al servizio dei Duchi di Savoia, sia nell'esercito
che nella burocrazia statale. Il Palazzo di via Stampatori, loro
residenza torinese, ebbe un momento di grande protagonismo quando
Vittorio Amedeo II, non ancora Re di Sicilia, si innamorò follemente
della bellissima Jeanne Baptiste, moglie del conte Manfredo. Dopo
aver inutilmente respinto le proposte del Duca, Jeanne Baptiste
cedette alla sua corte, su pressione, probabilmente, anche della
famiglia acquisita e nel palazzo ci furono alcuni degli incontri
clandestini della coppia.
Le successive vicende storiche,
compresa l'estinzione del casato, hanno portato il Palazzo nelle mani
dei Bertone di Sambuy. Il cortile risulta così aperto su un altro
cortile, questo sì davvero privato, su cui si affaccia la residenza
dell'attuale contessa. E' possibile dare solo una sbirciatina: è un
cortile silenzioso, con un aiuola centrale in cui si trovano, in
disordine apparente, i resti di colonne classiche, un grande albero
dalla folta chioma e tanto verde. Il contrasto con l'olimpica
eleganza del Palazzo Scaglia di Verrua è evidente, ma c'è fascino
nelle differenze.
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