Possono essere necessari anche secoli,
ma la Storia e la Giustizia prima o poi arrivano. Ci sono voluti 150
anni per stabilire la verità sui fatti di Torino, ma alla fine è stata ristabilita. Ricordate? A
scuola tutti abbiamo studiato come Torino si sia ribellata
all'annuncio del trasferimento della capitale d'Italia a Firenze, in
attesa del definitivo trasloco a Roma, e abbia dato vita a violenti
disordini, costati la vita a 55 persone. Si insisteva sull'incapacità
della città piemontese, capitale dello Stato che aveva guidato il
movimento unitario, di accettare il secondo piano e il ritorno, nel
suo angolo di Nord Ovest, nell'ombra della Storia.
Ma i fatti di Torino, quei violenti tre giorni di settembre 1864, non sono
andati così come ce li hanno raccontati e quei 55 morti solo oggi
hanno ottenuto il riconoscimento che era loro dovuto.
In
occasione del 150° anniversario della strage, un nuovo sito,
torino1864.it, voluto dalla Fondazione Savej, racconta la verità,
mettendo a disposizione dei lettori la documentazione presente negli archivi storici e le relazioni delle inchieste e delle indagini. Tra i
vari falsi che la Storia ufficiale ci ha tramandato, il primo e più
clamoroso è che i torinesi non protestarono per il trasferimento
della capitale. Con il Regno di Sardegna già trasformato in Regno d'Italia, nel 1861, il conte Camillo Benso di Cavour,
primo ministro di re Vittorio Emanuele II, aveva già vagheggiato
Roma capitale del nuovo Regno d'Italia: lo volevano la Storia, la
geografia, la logica. Per Torino il destino doveva essere un altro,
lontano dall'alta politica, dalle dinamiche e dagli affari di una
capitale di Stato, i torinesi lo sapevano e lo avevano accettato.
Cosa successe allora? Le mire del Regno di Sardegna su Roma erano
note e preoccupavano Napoleone III, primo alleato internazionale, ma
anche fermo sostenitore dei Papi a Roma. Per rassicurare l'alleato
francese, il governo Minghetti firmò un'intesa segreta, che
prevedeva il trasferimento della capitale da Torino a Firenze
(sottinteso, non trasferiamo la capitale ogni due giorni, per cui
Firenze sarà la nostra capitale e Roma rimarrà al Papa). L'accordo
però non rimase segreto e quando i torinesi ne furono informati si
indignarono: se perdita di capitale doveva essere, allora doveva
essere per Roma, così come da tempo accettato.
Il 20 settembre
iniziarono le proteste torinesi, chiedendo il trasferimento della
capitale a Roma. Il 21 settembre, davanti al Palazzo di Città, si
chiese che la scelta della capitale fosse tra Torino e Roma.
Da qui un gruppo di manifestanti si trasferì in piazza San Carlo,
per protestare contro la
Gazzetta di Torino, che sosteneva il
trasferimento della capitale a Firenze. E qui iniziò il disastro. In
piazza San Carlo c'era anche la Questura e da qui la Polizia uscì
per caricare i manifestanti, malmenarli e arrestarli. La violenza
colpì l'opinione pubblica, ma non era ancora finita. In serata una
folla di torinesi si radunò nell'attuale via Roma per esigere il
rilascio degli arrestati. Alla folla, però, raccontano le indagini,
si erano mescolati agenti in borghese, che incitavano e
provocavano. Il Ministero degli Interni, con sede in piazza Castello,
aveva fatto schierare due squadroni di allievi carabinieri, giovani
ed inesperti; quando la folla arrivò nella piazza, i giovanissimi
carabinieri iniziarono a sparare, sparando poi anche sui torinesi in
fuga. Si contarono 12 morti e numerosi feriti, anche tra i clienti
dei caffè.
Il 22 settembre, il Governo fece arrivare a Torino
20mila soldati, temendo addirittura per la stabilità dello Stato. In
serata ci fu una nuova manifestazione in piazza San Carlo, ma le
forze dell'ordine la controllavano senza difficoltà. All'improvviso,
ancora una volta arrivarono gli allievi carabinieri, che iniziarono a
sparare indiscriminatamente, colpendo anche i soldati presenti. I
manifestanti furono inseguiti anche sotto i portici e molti
riuscirono a salvarsi perché fuggirono in direzione dei soldati, che
li lasciarono passare senza sparare. In totale quella due giorni di
violenza torinese, costò la vita a 55 persone, la più giovane delle
quali aveva 15 anni, e il ferimento di 133 persone.
Perché gli
allievi carabinieri furono utilizzati in modo così barbaro e
crudele? Perché manifestazioni pacifiche furono assaltate
violentemente da giovanissimi carabinieri inesperti? Perché si cercò
di far passare manifestazioni di protesta per violenti tumulti?
Perché si è venduta una giusta protesta per una promessa non
mantenuta, il trasferimento della capitale a Roma, per un'egoistica e
violenta incapacità di accettare la perdita della capitale?
Sono
domande che non hanno risposta, ma che testimoniano come sin dalla
sua nascita l'Italia si sia affidata a Ministri mediocri e abbia difficoltà a dare Giustizia alle vittime. Alla luce
delle relazioni pubblicate da torino1864.it, i fatti di Torino sono
la prima grande strage di Stato impunita dell'Italia riunita. Le
indagini condotte dal Comune di Torino, con relazione consegnata il 5
ottobre 1864, con 63 testimonianze di cittadini variamente coinvolti
negli eventi, sottolinearono le responsabilità del Governo nella
strage. Pochi mesi dopo, il 5 gennaio 1865, un'indagine parlamentare
arrivò alle stesse conclusioni, "salvo dare spazio a voci diverse,
avendo, come obiettivo dichiarato, quello di verificare se potevano
esserci motivi per un’azione di responsabilità nei confronti dei
ministri in carica nei giorni della strage". Il 23 gennaio 1865 la
Camera dei Deputati iniziò il dibattito sull'inchiesta parlamentare,
ma arrivò alla conclusione "di non procedere alla discussione
della relazione, con ciò rinunciando ad ogni accertamento di
responsabilità da parte dei ministri in carica nei giorni delle
stragi". Stessa conclusione, più tardi, per le inchieste delle
magistrature ordinaria e militare. Nessun colpevole, nessun
condannato e 55 morti e 133 feriti senza Giustizia e senza Verità.
Il 30 gennaio 1865, racconta ancora torino1864.it, ci fu un ballo
di Carnevale a Palazzo Reale, a cui erano invitate le più alte
autorità dello Stato, la nobiltà, ecc ecc. I membri del Consiglio
Comunale non parteciparono, una manifestazione in piazza complicava
l'ingresso degli invitati a Palazzo, Vittorio Emanuele II, offeso,
pretese le scuse della Città. Non arrivarono e lui, sempre offeso, il 7
febbraio 1865, lasciò Torino per Firenze. "Per il Piemonte è la
fine, tragica, di un'epoca di grandi speranze e di forte impegno per
l'unità dell'Italia" conclude torino1864.it. Per noi, 150 anni
dopo, è la consapevolezza che la Storia non è mai solo quella che
ci raccontano a scuola o sui giornali e che, seguendo l'insegnamento
di un grande film, bisogna sempre salire sul banco per avere un'idea
più completa delle cose.
Ieri mattina, 150° anniversario della
più sanguinosa delle repressioni di quei giorni, le 188 vittime hanno ricevuto l'omaggio di Torino, in piazza san Carlo.
PS Della verità sui fatti torinesi del 1864 hanno parlato ieri anche
La Stampa e
la Repubblica. Posso dirlo? Mi spiace un po' che lo abbiano fatto in cronaca torinese e non in cronaca nazionale.
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