Accompagnato dall'attenzione dei media torinesi, il Papiro
di Artemidoro è approdato pochi giorni fa al Museo Archeologico, dove gli è stato
preparato un allestimento davvero suggestivo. Il Museo torinese ama
giocare con le penombre, per sottolineare i reperti che espone, e fa
un grande uso della multimedialità, per coinvolgere il visitatore.
Queste scelte progettuali sono esaltate quasi al termine del percorso
museale, quando si entra in un tunnel buio (davvero si vede molto
poco!) che si apre poi in uno spazio poco più ampio, in cui un video, da un lato, e un pannello luminoso, dall'altro, raccontano la storia
del Papiro di Artemidoro. E raccontano proprio tutto, compresi i
dubbi sulla sua autenticità.
Alto poco più di 30 cm e lungo
circa due metri e mezzo, il Papiro di Artemidoro, o, meglio, i
frammenti che ci rimangono di lui, riporta su un lato alcune parti
dei
Ta Geographoumena di Artemidoro di Efeso, uno dei più
importanti trattati greci di geografia, oggi perduto, ma ampiamente
citato dagli autori posteriori, una mappa imprecisa della Spagna e
vari disegni di piedi e parti del corpo umano; sull'altro lato ci
sono solo disegni. L'analisi del Carbonio 14 data il papiro intorno
al I secolo dopo Cristo. L'ipotesi originariamente più accreditata
sostiene che fosse stato utilizzato per ricopiare l'opera di
Artemidoro, ma una successione di errori lo rese inutilizzabile per
questo scopo; il suo retro venne quindi usato in qualche bottega per
disegnare vari bozzetti da presentare ai committenti; infine, quando
i disegni riempirono il retro del papiro, si utilizzarono gli spazi
vuoti rimasti sull'altro lato. E, una volta riempito tutto, il papiro
venne gettato al macero.
Il papiro di Artemidoro
si affaccia alla storia alla fine del XX secolo, quando, proprietà
di un collezionista tedesco, attira l'attenzione di alcuni studiosi,
Claudio Gallazzi, Bärbel Kramer e Salvatore Settis, che lo datano
tra il I secolo prima e dopo Cristo. L'acquisto da parte della
Compagnia di San Paolo porta il papiro a Torino, dove viene esposto
in occasione delle Olimpiadi del 2006. Ed è intorno a questo periodo
che iniziano le polemiche circa la sua autenticità. Le inizia il filologo Luciano Canfora, che
in un libro, La meravigliosa storia del papiro di Artemidoro, sostiene come il papiro sia in realtà un falso,
realizzato da uno dei più noti falsari del XIX secolo, il greco
Costantino Simonidis, e come le analisi della datazione
siano incomplete (il Carbonio 14 ha datato il papiro, non
l'inchiostro utilizzato). Il libro apre una diatriba non ancora
conclusa, ma la cui direzione sembra indicare che il papiro sia
davvero un falso ottocentesco, realizzato su un papiro antico, così
come usavano fare i falsari di quell'epoca.
Il Museo Archeologico
non nasconde niente, si diceva. Quando si entra nella sala buissima,
che ospita il Papiro di Artemidoro, sistemato in una teca dalla
grande cornice argentea, praticamente l'unica parte illuminata, si sa
già che si potrebbe avere davanti una preziosa reliquia di duemila
anni fa, ma anche no. E, in realtà, non importa.
I video e il
pannello introduttivo, l'allestimento e lo stesso papiro hanno
compiuto la magia: quello che importa è essere finalmente a tu per
tu con lui, con il Papiro di Artemidoro, studiare i suoi frammenti
sfibrati, cercare di riconoscere i disegni, i caratteri, persino la
cartina della Spagna. Che ci arrivi da una bottega greca o che sia
opera di un abile falsario del XIX secolo, il Papiro di Artemidoro ha
insegnato cose altrimenti sconosciute (sapevate che nell'antichità
si disegnavano su papiro i bozzetti di pitture o statue da presentare
ai clienti? O che un papiro aveva mille vite, prima di essere
destinato al macero?) e spinge a volerne sapere di più (ma chi era
quest'Artemidoro? Come si immaginavano la Spagna, nell'antichità?).
In fondo, il Papiro ha compiuto la sua funzione principale: svegliare
la curiosità del visitatore.
Il Museo di Antichità appartiene al Polo Reale di Torino, di cui fanno parte anche Palazzo Reale, l'Armeria Reale, la Biblioteca Reale e la Galleria Sabauda (attualmente chiusa). La biglietteria è a Palazzo Reale, ma l'ingresso al Museo è in via XX settembre 88; il biglietto costa 10 euro, ridotto 5 euro, gratuito per i possessori dell'Abbonamento Musei e della Torino+Piemonte Card e, la prima domenica del mese, per tutti i visitatori. Gli orari d'apertura sono 8.30-19.30 da martedì a sabato; 14-19.30 domenica, venerdì apertura prolungata alle 21.30; chiuso il lunedì. Per info il sito web è
www.museoarcheologicotorino.beniculturali.it
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