Negli anni '20, lo stabilimento del
Lingotto della Fiat, costruito su progetto di Giacomo Mattè Trucco, divenne uno degli esempi di architettura industriale
più importanti d'Europa, il primo che dimostrava come fosse
possibile coniugare i modelli provenienti dal capitalismo
nordamericano con le esigenze e le tendenze dell'architettura
contemporanea. Con le sue misure grandiose era il simbolo delle
aspirazioni di modernità dell'Italia dell'epoca. I due corpi
longitudinali erano lunghi 507 metri e, larghi, ognuno, 24 metri, per
una larghezza complessiva di 80 metri. Erano uniti da 5 corpi
trasversali, che formavano così quattro cortili interni; i piani
delle officine erano cinque e al di sopra, sul tetto, c'erano una
pista di collaudo. L'ispirazione, dichiaratissima, erano le catene di
montaggio della Ford: per la prima volta in una grande fabbrica
italiana, il ciclo della produzione era in progressione. L'operaio
rimaneva al suo posto ed erano i materiali a cui doveva lavorare che
gli passavano davanti, così da permettere che la realizzazione del
prodotto fosse progressiva e, dunque, più rapida che in passato.
Nel 1925,
due anni dopo l'inaugurazione dello stabilimento, avvenuta alla
presenza del re Vittorio Emanuele III, l'architetto svizzero Le
Corbusier, uno dei maestri dell'architettura del Novecento, definì
il Lingotto "un documento per l'urbanistica". Nei decenni
successivi, al centro dell'omonimo quartiere che si stava
trasformando a sua misura, lo stabilimento del Lingotto produsse
alcune delle prime vetture entrate nell'immaginario italiano: la
Torpedo, la Balilla e la mitica Topolino. Nella sua storia
sessantennale vide uscire dalle proprie officine più di 80 modelli
di auto. Poi, nel 1982, la Fiat annunciò la sua chiusura. Nel
frattempo la casa automobilistica torinese aveva aperto altri
stabilimenti, sia in Italia che all'estero, e, nei suoi piani, erano
Mirafiori e Rivalta, più che il Lingotto, a sfidare il futuro e la
globalizzazione.
La fabbrica dismessa fu un emblema di
quell'archeologia industriale che iniziava a caratterizzare tante,
troppe città europee. Le sue misure grandiose, che negli anni '20
avevano affascinato e colpito i contemporanei, erano una difficoltà
ulteriore al suo recupero. Nel 1983 venne indetto un concorso
internazionale per stabilire cosa fare dello stabilimento.
Parteciparono i nomi più prestigiosi dell'architettura
internazionale, vinse il genovese Renzo Piano, che negli anni '70
aveva conquistato la celebrità internazionale con il progetto del
Beaubourg, a Parigi.
La proposta di Piano per il Lingotto è
affascinante, coerente con il ruolo che il Lingotto aveva avuto sin
dalla sua inaugurazione. Come negli anni '20 lo stabilimento aveva
indicato la direzione della città verso lo sviluppo industriale,
così negli anni '90 diventa simbolo del terziario avanzato, della
sfida verso il futuro. Nei grandi spazi industriali vengono ricavati
un Centro Congressi, un Centro Esposizioni, un Auditorium, un grande
Hotel, un Centro Servizi, Uffici Direzionali, un'Area per lo
Shopping. Piano dice di aver voluto ricreare nel Lingotto "un
genuino pezzo di città", pulsante, vitale, poliedrica,
complessa.
All'esterno le grandi finestre e il
ritmo dei pilastri che avevano caratterizzato lo stabilimento
industriale rimangono uguali, come se niente fosse cambiato, ma
all'interno le più moderne tecnologie costruttive hanno plasmato
spazi nuovi e molto duttili. L'Auditorium ha una volumetria
plasmabile, modificabile in funzione delle esigenze del contesto. Il
Centro Esposizioni è diventato in pochi anni uno dei più importanti
di Italia: ospita la Fiera del Libro, il Salone del Gusto e le più
importanti Fiere torinesi. L'Hotel NH Torino Lingotto, uno dei più eleganti
della città, gioca intelligentemente con il passato dell'antico
stabilimento. All'interno dell'hotel, in uno dei cortili del
complesso, c'è una delle sorprese volute da Renzo Piano: il
magnifico giardino tropicale. Così rigoglioso ed esuberante e così
incredibilmente verde, con le sue piante provenienti da terre
lontane, nel cuore di una Torino dall'inverno continentale, è uno
dei posti più belli della città. Sul Giardino Tropicale si affaccia
anche l'8 Gallery, la lunga via dedicata allo shopping, che termina
con la multisala cinematografica.
Sulla mitica pista di collaudo, c'è
l'altra sorpresa di Renzo Piano, diventata il simbolo del nuovo
Lingotto. E' la
bolla, un'esclusiva sala riunioni
costruita in cristallo e acciaio, da cui si gode di un panorama privilegiato e sontuoso: la corona
delle Alpi e la collina di Torino tutt'intorno. Renzo Piano ha detto di
aver voluto che "il segno di cambiamento, dell'innovazione del
Lingotto fosse un segno di gioia". Accanto alla bolla, un
piccolo eliporto, e, a poca distanza,
la Pinacoteca Agnelli, la cui
forma architettonica ricorda vagamente un'astronave. Ospita parte
della collezione d'arte privata di Gianni e Marella Agnelli, regalata
a Torino come ciliegina sulla torta di una storia straordinaria,
quella di una fabbrica che fu simbolo dell'avanguardia industriale e che
è diventata cuore pulsante commerciale e culturale di un quartiere,
con aspirazioni di alternativa al centro cittadino.
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