FLOReal d'autunno alla Palazzina di Stupinigi

 Nel weekend torna alla Palazzina di Caccia di Stupinigi FLOReal, che tanto successo aveva avuto nella prima edizione, nella stessa location. Nella tre giorni, dal 7 al 9 ottobre 2022, la mostra florovivaistica, con vivaisti provenienti da ogni parte d'Italia, sarà accompagnata da un ricco palinsesto culturale. Presentazioni di libri e conferenze, proiezioni di cortometraggi e documentari, performance teatrali, mostre, laboratori e un ampio spazio dedicato alla gastronomia, con un filo comune: la natura e la sostenibilità. La mostra propone colori e profumi dell'autunno, "dal fiore più amato, la rosa, agli agrumi siciliani, le orchidee dalla Lombardia, e ancora piante succulente e carnivore, orchidee, tillandsie, piante acquatiche e rampicanti, aromatiche e tropicali, oltre a diverse tipologie di bonsai. Piante da appartamento, da secco e da sole intenso, da ombra, fioriture annuali, bulbose e graminacee. Non mancheranno varietà più stagionali come le viole, i ciclam

Torino e la Dora, storia di un rapporto da inventare

Piove su Torino, nei giorni in cui il Piemonte ricorda i vent'anni dall'alluvione del 1994. E' stata la prima delle alluvioni che in pochi decenni hanno colpito la Regione e il suo capoluogo. E li ricordo, quei giorni d'autunno in cui Torino era divisa in due, perché i ponti sulla Dora erano stati chiusi per sicurezza. La Dora.

Torino è la città dei quattro fiumi (Po, Dora, Stura, Sangone), ma se chiedete ai torinesi il nome del fiume della loro città risponderanno invariabilmente il Po, come se gli altri tre non esistessero e non appartenessero alla storia cittadina. Con il Po c'è questo rapporto privilegiato, facilitato dalla collina, dai parchi, dalle associazioni sorte lungo le sue rive; è il fiume del loisir, del piacere. Non è lo stesso per gli altri tre fiumi/torrenti cittadini. Torino è la città dei quattro fiumi, si diceva, ma è nata lontana da essi: l'avvicinamento dell'antica città romana alle rive dei fiumi è costato secoli e si è completato solo nel Novecento (in alcuni casi il rapporto stabilito non è stato pianificato e non è organico). Per la costruzione di Augusta Taurinorum, si utilizzò il terreno sopraelevato sul Po e sulla Dora, che facilitava la difesa della città e le garantiva il rifornimento dell'acqua. Il dislivello tra piazza Castello e il Po si nota nella pendenza di via Po e, soprattutto, di piazza Vittorio Veneto; quello di piazza della Repubblica o via XX settembre, rispetto alla Dora, è così evidente a chiunque affronti le vie in discesa (così insolite a Torino) che è inutile parlarne.

Dato il suo carattere torrentizio, la Dora è sempre stata un po' croce e un po' delizia per Torino. E i torinesi hanno cercato di controllarla e dominarla sin dall'antichità, a volte cambiando il suo percorso, per utilizzare le sue acque, a volte imbrigliandola, per evitare le sue piene catastrofiche. L'opera più importante, nel tentativo di controllare la Dora, è stata fatta quasi alla confluenza con il Po: una delle sue anse finali è stata 'raddrizzata' per salvare il Cimitero Generale dalle sue eventuali piene. Sin dall'antichità il ruolo del fiume nell'economia torinese è stato chiaro: il suo territorio è stato organizzato con canali e prese d'acqua che hanno irrigato le campagne circostanti e hanno rifornito di acqua potabile la città. L'acqua utilizzata da Torino veniva poi ributtata nel fiume nella zona dell'attuale Borgo Dora.

Qui, la pendenza del terreno e la forza delle acque ha permesso la costruzione delle prime ruote idrauliche e, di fatto, ha stabilito il destino dell'area. Gli opifici torinesi si sarebbero stabiliti per secoli lungo le rive della Dora. Industria tessile, siderurgica, motoristica, alimentare, non c'è comparto industriale torinese che non abbia iniziato la propria attività sulle sue rive, approfittando della forza delle sue acque, dei canali ben organizzati, della vicinanza alla città. Borgo Dora, San Donato, Lucento sono quartieri nati intorno agli opifici e alle fabbriche: nell'immaginario collettivo torinese, la Dora è perciò il fiume del lavoro, dei borghi operai, difficilmente associabile al loisir che ha fatto la fortuna del Po. Nel nome dell'industrializzazione, il fiume ha sopportato di tutto, compreso l'interramento sotto gli impianti della Fiat, nella zona compresa tra le attuali via Livorno e corso Principe Oddone; è da queste parti che nell'alluvione del 2000 una casa in sospeso sul fiume tenne in ansia i torinesi per ore, perché una sua caduta avrebbe reso devastanti gli effetti della piena.

Quando poi l'espansione di Torino ha raggiunto la Dora, sono iniziati i guai. Gli stabilimenti industriali si trovavano ormai circondati dai quartieri residenziali, senza alcuna possibilità di espansione e, dunque, di ammodernamento delle strutture, con le proteste dei residenti più vicini per polveri, odori, rumori. Così, decennio dopo decennio, dalla seconda metà del XX secolo sono iniziate le dismissioni, con le chiusure per crisi o con i trasferimenti delle attività industriali verso la periferia o la cintura torinese. Per la Dora è iniziata così una nuova stagione. Perso il ruolo per secoli fondamentale nell'economia cittadina, protagonista di piene ancora oggi in grado di dividere Torino in due parti, riuscirà a conquistare un ruolo nell'immaginario cittadino? Non ha il fascino paesaggistico del Po, non ha (ancora) la continuità di collegamenti garantita al Po (ah, benedetto passante ferroviario ancora da concludere!), ci sono aree in cui non è ancora stata restituita alla città (la zona di Lucento). Ma è la regina di uno dei grandi parchi cittadini, la Pellerina, e offre scorci di grande fascino lungo le rive che sfiorano il centro e dai ponti che guardano verso la collina e verso le Alpi. Nei giorni che ricordano il ventennale dell'alluvione, non perdiamo di vista quello che la Dora potrebbe essere.


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