E' un progetto che, giura la redazione torinese del quotidiano
La
Stampa, è da settimane nelle mani dell'Assessorato della Sanità, ma
è arrivato all'attenzione dell'opinione pubblica solo da un paio di
giorni, dopo l'ennesima manifestazione in via Silvio Pellico per
salvare l'Ospedale Valdese.
La Tavola Valdese, i medici
dell'Ospedale, alcune cooperative sociali e numerosi cittadini, impegnati
contro la chiusura definitiva dell'ospedale, hanno preparato un
progetto per comprare l'ospedale, attraverso l'azionariato popolare e
il
crowdfunding. Se l'iniziativa avesse successo, sarebbe la prima
volta che il
crowdfunding, un metodo di finanziamento diventato
popolare soprattutto per i progetti culturali, viene utilizzato per
salvare e rimettere in funzione un ospedale.
Per i piemontesi
l'Ospedale Valdese di via Silvio Pellico, a San Salvario, è simbolo
di tante cose. Dell'eccellenza della medicina e di un certo modo di
intendere l'assistenza ai pazienti: Senologia, Ortopedia,
Oftalmologia sono reparti diventati punto di riferimento per l'intera
Regione. Del modo dissennato di intendere la Sanità da parte della
classe politica, che non pianifica razionalmente l'assistenza ai
pazienti, non difende le eccellenze raggiunte, non effettua i
controlli sulle spese. Delle connivenze tra la politica e interessi
'altri' che non coincidono con quelli dei cittadini.
Alla
chiusura del Valdese non si sono arrese soprattutto le pazienti di
Senologia, che avevano trovato in questo reparto gli strumenti più
moderni e l'assistenza più gentile per la lotta al tumore. Qualche
numero su quello che era il Valdese prima della sua chiusura: ogni
anno eseguiva 7.000 interventi chirurgici, seguiva 4500 malati
oncologici, effettuava 800.000 prestazioni di laboratorio e 600
interventi per tumore al seno. Numeri che mostrano come l'ospedale
godesse di buona vita e buona fama.
E le pazienti oncologiche, le
prime vittime della chiusura, sono tra le attiviste più energiche
per la riapertura dell'ospedale.
Erano in prima linea anche un paio di giorni fa, quando si sono
inventate una manifestazione intorno al Valdese, per abbracciarlo,
affinché non si dimentichi di quale eccellenza Torino si è privata.
"Siamo pronte a ricomprarci l'ospedale" hanno detto ai
cronisti de
La Stampa. Ed è ancora
il quotidiano torinese che racconta i dettagli del progetto: "Riaprire l’ospedale, svuotato
e desolato dopo la chiusura, costerebbe tra i 4 e i 5 milioni di
euro. La Regione dovrebbe metterci solo il milione e mezzo già a
bilancio per la ristrutturazione avviata prima della chiusura. Il
resto, lo metterebbero le cooperative sociali, la Tavola valdese,
istituti finanziari del terzo settore e i cittadini, attraverso una
campagna di donazioni e di crowdfunding da attivare anche attraverso
una delle numerose piattaforme on line: sarebbe la prima volta al
mondo che si vede una raccolta fondi di questo genere per un
ospedale. In cambio, la Regione dovrebbe concedere la possibilità di
lavorare in convenzione. Le attività oncologiche sarebbero in parte
a carico del Servizio sanitario, in parte ad accesso privato (a costi
sostenibili)".
A questo punto la domanda d'obbligo è: sono
disposti i torinesi a comprarsi un ospedale e a essere primi al mondo
a compiere un'operazione del genere?
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