Nel XVI secolo, quando il duca Emanuele Filiberto ne venne in
possesso, il Castello del Valentino non aveva l'aspetto sontuoso e
francesizzante di adesso. La sua trasformazione è dovuta, in larga
parte, all'intervento voluto da Cristina di Francia, la prima Madama
Reale.
Cristina arrivò a Torino 13enne, nel 1619, moglie
dell'erede al trono Vittorio Amedeo I; prima di entrare nella capitale, si
fermò per qualche giorno al Castello del Valentino, che aveva ancora
l'aspetto di una villa cinquecentesca, prediletta dalle Duchesse
Margherita di Valois (moglie di Emanuele Filiberto) e Caterina d'Austria (moglie di Carlo Emanuele I). Poco dopo, la giovane
principessa francese decise di trasformare l'allora Palagio del Valentino, regalatole
dal suocero Carlo Emanuele I per le sue nozze. E la Francia, ancora
una volta, influenzò il gusto e l'immagine torinesi.
Il Theatrum
Sabaudiae mostra il complesso del Valentino così come lo avevano
immaginato gli architetti di Cristina e come non fu mai completamente
realizzato. Era un progetto "fortemente caratterizzato dalla
presenza di due torri sul Po, alle testate del corpo di fabbrica
principale, parallelo al fiume, e da due padiglioni anteriori più
bassi" scrive Costanza Roggero Bardelli nel libro Torino. Il
Castello del Valentino "Un sistema continuo di portici simmetrici
terrazzati, conclusi in forma di emiciclo, collegava le quattro
strutture architettoniche emergenti. Il grande cortile d'onore
quadrato si costituiva come l'elemento centrale del complesso".
C'erano due assi lungo i quali si sviluppava il nuovo complesso: il
primo, simmetrico, andava dal Po fino all'emiciclo del cortile,
segnando il percorso aulico d'ingresso; il secondo, trasversale,
segnava i percorsi del piacere, del loisir, attraversando il cortile
centrale e i due giardini quadrati laterali.
Alla
costruzione del Castello lavorarono maestranze piemontesi per le
parti strutturali e savoiarde per la costruzione del tetto; furono
queste ultime che si occuparono di "tagliare e sistemare le
ardesie, fatte giungere da Saint Jean de Maurienne". Le decorazioni
degli appartamenti del piano nobile e il salone d'onore furono
affidati a maestranze lombardo-luganesi; nel salone centrale c'erano
affreschi raffiguranti le imprese dei duchi sabaudi, in varie stanze
i motti furono scritti dal conte Filippo d'Agliè, amato dalla
duchessa Cristina. Isidoro Bianchi decorò, oltre al salone centrale,
anche l'appartamento verso Torino, in cui "prevale, con l'assenza
delle dorature, il criterio fondamentale della simbiosi tra stucco
bianco e pitture". L'appartamento verso Moncalieri aveva una
decorazione più 'mobile', c'erano quadri e oggetti che si potevano
spostare e persino la tappezzeria poteva essere trasferita: era
infatti realizzata in corame, in cuoio inciso in oro e decorato
a motivi floreali, lavorato nelle Fiandre. In Francia era normale che
le tappezzerie preziose potessero essere spostate da una residenza
all'altra. La differenza della decorazione tra i due appartamenti fa
pensare oggi non che fossero destinati al sovrano l'uno e alla
sovrana l'altro, ma che avessero una diversa funzione d'uso.
L'appartamento verso Torino doveva essere privato, quello verso
Moncalieri doveva essere di rappresentanza; il primo risentiva della
forte influenza di Filippo d'Agliè,
l'altro sottolineava il ruolo della dinastia sabauda.
L'architettura
del Castello è un segno manifesto del potere del sovrano, spiega
Roggero Bardelli, la sua decorazione usa il linguaggio celebrativo
della Magnificenza, cara all'epoca barocca per sottolineare
l'assolutismo. La sua posizione, sulla riva del Po, davanti alla
collina e a poca distanza dalla città, lo rese anche una scenografia
sontuosa per la vita di corte, con i balletti, le feste, gli
spettacoli ideati dallo stesso Filippo d'Agliè, per il diletto
dell'amata Cristina. Tutte manifestazioni che erano "intese dai
contemporanei anche come celebrazione manifesta dell'ideologia del
potere".
Il Castello del Valentino è oggi sede della Facoltà
di Architettura del Politecnico di Torino e non è visitabile, se non
in occasioni straordinarie. Molte sale del corpo centrale sono chiuse
anche agli stessi studenti di Architettura, nonostante i percorsi
interni del Castello permettano di raggiungerle (e c'era un che di
misterioso e proibito, in quelle sale che potevamo attraversare solo di
tanto in tanto, ammirando velocemente le tappezzerie rosse e gli
affreschi sbiaditi). Nelle sale delle maniche laterali, tutte dipinte
di bianco, ci si chiedeva spesso, assistendo alle lezioni e guardando
le pareti spoglie, cosa era andato perduto, nel frattempo.
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