Uno dei progetti a cui Torino ha dovuto rinunciare, causa crisi
economica e mancanza di fondi, è la
Biblioteca Civica progettata da
Mario Bellini. Era il
2002, quando l'architetto milanese vinceva il
concorso internazionale per la costruzione di un vero e proprio
Centro Culturale, sull'
area ex Westinghouse. A pochi passi da Porta
Susa e dalla Spina 2, dal Politecnico di Torino e dalla
metropolitana, il nuovo complesso si trovava in un isolato con
testimonianze industriali, vicino ai giardini La Marmora e all'ex
carcere Le Nuove. In esso convivevano, dunque,
reminiscenze del
passato e proposte contemporanee. Oltre alla Biblioteca Civica doveva
conteneva anche due teatri e le sedi di vari istituti culturali. Il
progetto presentato da Bellini era insolito per il paesaggio
torinese, pur utilizzando quella linea curva protagonista di tante
piazze e di tanta architettura barocca.
La Biblioteca era
in via
Paolo Borsellino,
orientata a nord, considerato l'orientamento
migliore per la lettura. Si trovava in un complesso formato da
un
edificio a sei piani dalla curiosa
forma troncoconica, affiancato da
una costruzione a quattro piani, caratterizzata dall'
uso sapiente
della linea curva, sinuosa quasi quanto quella di
Palazzo Carignano,
ma con una chiave moderna: i profili curvi dei piani formavano
infatti
piccole terrazze degradanti verso il giardino, dotato anche di un
piccolo laghetto. Così
la linea sinuosa e le grandi vetrate creavano
un rapporto
interno-esterno e
pubblico-privato piuttosto
insolito
nelle biblioteche italiane: il lettore poteva alzare lo sguardo e
distrarsi con le viste sul parco, le terrazze mettevano in rapporto
l'interno con l'esterno, le vetrate davano l'idea di una cultura
trasparente, che poteva trasmettersi verso l'esterno e che non
rimaneva chiusa nei palazzi del sapere.
Nell'edificio a sei piani
si trovavano
i principali servizi, culminati, all'ultimo piano, da
un belvedere con Internet cafè, mentre in quello a quattro piani
c'erano
le sale lettura. Il progetto non era infatti ambizioso solo
da un punto di vista architettonico. La nuova
Biblioteca Civica
torinese doveva permettere
agli utenti di servirsi direttamente,
attraverso agili scaffalature, evitando così le lunghe code che
ancora oggi caratterizzano il servizio: dovevano esserci
1500 posti a
sedere, predisposti anche per l'uso di computer; erano previste sale
per la lettura dei giornali, per i bambini e per i ragazzi, per lo
studio individuale, per le attività di gruppo, per conferenze,
ascolti musicali, proiezioni, per i manoscritti rari.
I numeri erano i seguenti:
8000
mq per le sale di lettura e gli spazi con gli scaffali accessibili al
pubblico;
4360 mq per le funzioni di prestito,
reference,
community information,
periodici correnti, spazio espositivo, novità editoriali, ecc e per
i servizi generali;
1030 mq per la sala conferenze e la sala
polivalente (con una capacità complessiva di 450 posti);
3650 mq per
i depositi librari;
2520 mq per gli uffici e altri spazi per il
personale. I libri da ospitare erano
oltre 1 milione, di cui 300mila
di consultazione diretta per il pubblico. I numeri descrivono bene
l'ambizione del progetto. E
risulta ancora più significativo se lo
si inserisce nel contesto: vicino a Porta Susa, alla metropolitana,
al Politecnico, alla Spina Centrale, nel cuore, insomma, della Torino
in movimento verso il XXI secolo. Se fosse stata realizzata, la
Biblioteca Civica di Torino, sarebbe stata
la prima Biblioteca
multimediale italiana e, sia consentito dirlo, una delle più belle
biblioteche contemporanee d'Europa.
Oltre alla Biblioteca Civica,
il Centro Culturale avrebbe dovuto ospitare anche
vari istituti di
cultura stranieri e due teatri di grande fascino. Il
teatro
principale, da 1200 posti, avrebbe avuto una flessibilità degli
spazi che avrebbe consentito il suo uso per s
pettacoli, concerti,
conferenze, seminari. Sulla sua copertura sarebbe stato costruito
il
teatro all'aperto, con una platea a gradoni, collegata, attraverso
una passerella, all'ultimo piano della Biblioteca. E non solo,
il
Foyer del Teatro interno avrebbe avuto collegamenti verticali di
accesso al Teatro all'aperto. L'edificio industriale preesistente
avrebbe fatto parte integrante del progetto attraverso la presenza di
una galleria, che avrebbe collegato le parti nuove e antiche,
destinate a uffici e attività commerciali.
Il progetto di Mario
Bellini è stato rimandato anno dopo anno, a causa dei suoi costi,
fino
alla rinuncia finale, avvenuta un paio di anni fa, una decina
d'anni dopo la vittoria al concorso internazionale. Di tanto in
tanto, navigando su Internet, si incontrano ancora le fotografie del
progetto e del plastico realizzato per presentarlo al pubblico.
Un vero peccato... in momenti di forte crisi la cultura è la prima a risentirne . .
RispondiEliminaPurtroppo, è proprio così :(
Eliminaanche per questo Torino rimarrà una città come tante e non una vera metropoli moderna :( un problema italiano, d'altronde
RispondiElimina