Le mappe settecentesche di Torino la
mostrano solitaria, nella campagna meridionale della città:
Villa
Robilant. Le fotografie mostrano
un'elegante residenza aristocratica,
che potrebbe ricordare le ville palladiane, con
una scansione degli
spazi classica. Il corpo centrale d'ingresso sottolineato da un doppio ordine di lesene,
alternate alle finestre e raddoppiate ai lati; i corpi d'angolo dànno l'impressione di essere lievemente aggettanti, grazie alle lesene; sul tetto una balaustra, impreziosita da
vasi e più suontuose sul corpo centrale e agli angoli. Pochi
tratti
architettonici che rendono l'edificio elegante e aristocratico.
La
tradizione vuole che Villa Robilant fosse stata disegnata da
Filippo
Juvarra o da qualche suo allievo, ma non ci sono prove, a parte
il
gusto per le balaustre e per le grandi lesene, che scandiscono la
facciata e che si trovano, in edifici più aulici firmati
dall'architetto siciliano (si pensi, fatte le dovute proporzioni, a
Palazzo Madama). Quello che è certo è che questa costruzione così elegante e severa, nella campagna torinese, testimoniava il potere e il prestigio dei Robilant, grandi latifondisti, militari e diplomatici dei Savoia.
Villa Robilant ha una storia triste. Si trovava
nel
quartiere del Lingotto, nell'area adesso occupata
dal cantiere
del grattacielo della Regione. Dopo un periodo di decadenza,
all'inizio del XX secolo, la sua vita si fece complicata, a causa
dell'
espansione della Fiat, che lì costruì il suo grandioso
stabilimento del Lingotto; la stessa Fiat la acquistò
a metà degli
anni 30, senza darle un uso particolare. Fu
gravemente danneggiata
dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e, finito il conflitto, divenne
sede
del Circolo delle Commissioni Interne della Fiat, fu, insomma, un
punto d'incontro degli operai. Un'antica villa aristocratica,
elegante e severa, diventata il tempio degli operai della grande
fabbrica,
in cerca di giustizia sociale: c'è un certo fascino e una
certa nemesi in questo rapporto.
Ma,
negli anni 50, la Fiat riuscì a
sfrattare gli operai, e, perché il messaggio fosse chiaro, fece
radere al suolo l'antica residenza dei Robilant, nonostante ci
fossero
i vincoli della Soprintendenza. Oggi di Villa Robilant
rimangono gli alberi secolari del suo parco e poche foto, che potete
trovare in giro per la Rete. Sono loro, le foto, che testimoniano
come Torino abbia perso
un piccolo gioiello architettonico, che
poteva trovare un uso dignitoso e culturale, come altre ville e
cascine inglobate dall'espansione della città e diventate
biblioteche e luoghi d'incontro dei quartieri.
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