Quelle belle nevicate di una volta! Chi non l'ha mai sentito dire dai nonni o dai genitori, che della Torino com'era, ricordano anche un altro clima. Sì, era quando c'erano le mezze stagioni, si potevano indossare i classici tailleur di primavera e si andava in centro con i tacchi e i guanti.
Torino ha un clima continentale, con inverni freddi ed estati afose, recitano quelli che sanno. Ma questo non mette al riparo da estati dimenticabili, come quella dell'anno scorso, quando, da fine
marzo a settembre, è piovuto quasi tutti i giorni e si sono contate sulle
dita della mano le volte in cui la temperatura ha superato i 25°C. #estatedovesei era l'hashtag che impazzava sulle reti sociali.
Quasi tutti i torinesi hanno nonni o genitori
che ricordano che a Torino, tra le cose che non ci sono più come una
volta, figurano anche le nevicate. Quelle belle nevicate che
imbiancavano la città per giorni, portando anche freddo intenso e la
voglia di raggiungere il Parco del Valentino, per vedere il Borgo
Medievale innevato e fare a palle di neve. Di nevicate così, da
andare al parco e vedere che aria tirava, ne ricordo solo una, come
un flash, negli anni 70 (troppo piccola, probabilmente, per ricordare
qualcosa di più). La prima neve della mia vita, per me, è quel
flash, di alberi imbiancati, probabilmente al Valentino.
A
Torino, ormai, la neve si può invocare quanto si vuole, ma non
appare mai per più di qualche ora e solo per un paio di volte
all'anno. Ma ricordo
una giornata un po' folle, alla fine degli anni 80-inizio anni 90. Era un giorno di aprile: come
capitava spesso in quegli anni, andai al liceo in maniche corte,
perché la stagione lo permetteva (ed esigeva) e non era neanche
necessario portarsi una maglietta o una giacchetta per le prime ore
del mattino. La cosa straordinaria è che piano piano, durante la
mattinata, il tempo iniziò a cambiare, fino all'inevitabile pioggia.
Ma non era finita lì. Il tempo continuò a cambiare e scesi dal 71
e raggiunsi casa nel pieno di una nevicata. Con le maniche corte.
Come dimenticarlo? Giornate pazze torinesi.
Un delizioso quadretto del 1968 di Ottavio Mazzonis mostra proprio quel "buco". Segno che le ferite della guerra non è da poi così tanto tempo che si sono rimarginate.
RispondiEliminaPs il quadretto fa parte di una composizione con altri cinque e sarà presto in mostra al museo Accorsi - Ometto di Torino (a luglio e agosto)
ti posso confermare la nevicata del maggio 1954, non ricordavo il giorno esatto, ma ricordo benissimo che un mattino di maggio inoltrato mi alzai e con la mia mamma scoprimmo fuori dai vetri della porta-finestra le strade, le case, i tetti, completamente innevati e come sospesi in un silenzio ovattato. Nello stupore e nell'incanto per l'inaspettato paesaggio si poneva il problema dell'andare a scuola: frequentavo la prima elementare ed ancora per me la scuola rappresentava una sorta di novità da prendersi molto seriamente e lo stare a casa mi rendeva dubbiosa e con mille domande non molto chiare che si affastellavano in testa, unitamente a procurarmi come un senso di vuoto.
RispondiEliminaFortunatamente la radio era all'epoca efficientissima e tempestiva, come ora d'altra parte, e diede la notizia dell'abbondante nevicata su Torino prevedendo la possibile chiusura delle scuole salvo prossima conferma. Quella settimana la mia classe faceva il turno pomeridiano, in epoca di baby boom a scuola erano necessari i turni, quindi avevo comunque un certo lasso di tempo dinnanzi, per cui rimanemmo in attesa di nuove notizie, intanto che continuavamo a guardare fuori come ipnotizzati la città innevata lasciando andare lo sguardo lontano sin dove arrivava, dato che avevamo la fortuna di avere davanti un caseggiato molto basso.
Alla fine la conferma arrivò e, superate le ultime perplessità, mi convinsi che non sarei stata io sola a mancare, bensì che la scuola sarebbe stata completamente chiusa a chiunque.
Nel frattempo si era svegliato anche il mio papà che, lavorando al giornale, ne usciva alle due di notte per cui al mattino dormiva e, con una giornata libera da incombenze impellenti, ci immergemmo tutti quanti insieme nella magia della città inusitatamente innevata, godendocela da dietro i vetri nel calduccio casalingo e gioiosamente affettivo.
Ho pubblicato come Anonimo, anzi anonima in quanto femminuccia, per cui la foto non c'entra nulla, ma fa parte del pc che ho usato