Provate a chiedere a un torinese quale sia l'edificio
che più identifica la sua città. La risposta sarà unanime (o con
percentuali bulgare): la Mole Antonelliana! Le siamo tutti
sinceramente affezionati, la cerchiamo in tutti gli skyline
cittadini, dagli aerei che sorvolano Torino, dai punti più alti che
circondano la città: la Mole è Torino, è casa. La amiamo talmente
tanto che esigiamo che nessun nuovo edificio osi superarla in
altezza. Persino Renzo Piano, autore del grattacielo di Intesa San
Paolo, ha dovuto sottostare a questa ferrea regola non scritta, su
cui i torinesi non transigono (almeno nel centro storico): la sua
torre, alta 167 metri, è di pochi centimetri più bassa dei 167,5
metri della Mole Antonelliana. Ma.
Sapevate che nel XIX secolo,
quando fu costruita, la Mole Antonelliana suscitò più critiche che
apprezzamenti? Nacque come sinagoga, poco dopo il riconoscimento del
diritto di culto da parte di re Carlo Alberto, ma sin dall'inizio,
questo suo ardito slancio verticale, questa guglia fuori proporzione
rispetto al centro barocco, suscitarono critiche, perplessità e
rifiuto. A questo bisogna aggiungere che il progetto di Antonelli non
fu subito chiaro e che veniva 'improvvisato' in cantiere; durante i
lavori l'architetto novarese decise di aumentare l'altezza della
volta e dai 47 metri originari si passò ai 167 finali, sorprendendo
gli stessi committenti, che, visto il lievitare dei costi e vista una
struttura sempre più audace, preferirono abbandonare i lavori (la
sinagoga sorse poi a San Salvario ed è decisamente più
tradizionale).
Oltre alle critiche estetiche ci furono dubbi circa la
reale stabilità dell'edificio: come poteva una guglia altissima
resistere alle tormente e alle pressioni dell'atmosfera? La base della costruzione, infatti, era piuttosto ridotta, vista l'altezza della costruzione e il suo slancio verticale: una base troppo piccola per il peso da reggere. Tanto che lo stesso Antonelli si inventò, con la Mole già in costruzione, un sistema di catene e tiranti in ferro, legati ad archi in mattoni, in modo da rafforzare la struttura. I dubbi sulla stabilità furono confermati nel 1953, quando un tornado spezzò la guglia della costruzione (e i nonni torinesi ricordano ancora con emozione quel 23 maggio, quando dallo skyline cittadino scomparve la Mole e fu uno choc per tutti).
Furono
critiche, furono perplessità, furono dubbi. Forse è l'indole dei
torinesi, su cui sembrano essere d'accordo molti stranieri approdati
in città: non amiamo le novità, impieghiamo tanto tempo a farle
nostre, amiamo le nostre abitudini e il famoso understatement. Alzi
la mano, chi, oggi, immaginerebbe lo skyline di Torino e persino la
torinesità, senza la Mole Antonelliana!