Non è che la moda italiana sia nata a
Torino. E' che dici moda e dici inevitabilmente
Gruppo Finanziario
Tessile, GFT per i torinesi, la società che
ha vestito gli italiani
nel corso del Novecento, da corso Emilia, a
Torino. GFT ha lanciato
marchi come Facis e Marus e ha realizzato le collezioni di
grandi
nomi del made in Italy come Valentino o Armani; ha fatto una cosa
ancora più straordinaria: ha
misurato gli italiani, per avere un
grande database e inventare le taglie, senza le quali
il prêt-à-porter non sarebbe arrivato nei negozi di tutta la penisola, vestendo
uomini e donne quasi su misura.
La
lunga epopea della GFT, che
troverà spazio su Rotta su Torino molto presto, si è conclusa
nel
2003, a causa della crisi e del made in Asia, che ha spazzato via
tante realtà economiche del nostro Paese. Della lunghissima storia
rimane
il preziosissimo archivio, digitalizzato, ordinato e
conservato all'
Archivio di Stato, grazie al lavoro di Giulia Caccia e
Sara Micheletta e al finanziamento della Compagnia di San Paolo, che
vi ha investito quasi 10 milioni di euro. Rimane anche
la sede,
all'angolo
tra corso Giulio Cesare e corso Emilia. Il vecchio
edificio di produzione, affacciato su corso Emilia, presenta
l'architettura tipica delle fabbriche novecentesche torinesi, con
grandi finestre, che davano il ritmo agli spazi interni. Anche l'edificio degli uffici presentava queste caratteristiche:
quattro piani di grandi finestre fitte, quasi a tutta altezza, e
di colori sobri, come si usa da sempre a Torino.
Negli anni '80, la vecchia sede degli uffici fu demolita, per fare posto a
Casa Aurora, uno dei primi interventi di architettura
contemporanea nella Torino post industriale, firmato da architetti di
grande prestigio come
Aldo Rossi e
Gianni Braghieri.
In realtà,
basta
arrivare da corso Brescia e trovarsi davanti l'angolo
dell'edificio, con
le due massicce colonne bianche, che reggono una
torre in laterizi per riconoscere immediatamente
lo stile di Aldo
Rossi e per pensare ai suoi
interventi berlinesi. Anche se l'edificio
è moderno e coerente con lo stile dell'architetto milanese,
le
citazioni torinesi sono molte sia nella scelta dei materiali che
negli elementi architettonici. Le
due maniche su corso Giulio Cesare
e corso Emilia sono costruite su
tre fasce orizzontali: alla base ci
sono i
portici, scanditi da colonne verdi e sormontate da una fascia
di pietra bianca, che costituisce il primo piano; al di sopra c'è la
fascia in laterizio, caratterizzata da due piani di finestre più
piccole e serrate, quindi, al di sopra, ci sono gli
abbaini, di nuovo
bianchi, che chiudono la facciata. L'omaggio ai portici, agli abbaini
e ai laterizi, che caratterizzano l'architettura torinese è
evidente, anche se interpretato
in una chiave contemporanea e fedele
allo stile di Aldo Rossi. Le due maniche convergono verso
una torre
centrale, che disegna l'angolo, guardando verso Porta Palazzo, e che
è caratterizzata da
due grandi colonne bianche, omaggio estremo ai
portici torinesi. Ai lati delle maniche, ci sono
due torri,
che hanno la stessa altezza della torre centrale e che, come lei, non
hanno aperture.
Nella pagina che la
Fondazione Aldo Rossi dedica a Casa Aurora, c'è
un'ultima nota: "Una particolare importanza
ha la costruzione del pilastro in ferro e della pietra che determina
l'alto basamento continuo. La pietra è Verde d’Oropa, la stessa
del grande santuario piemontese d’Oropa e di altre costruzioni
torinesi. Tra questa e il mattone è posto un cornicione in laterizio
che si ricollega ai cornicioni dei palazzi torinesi dello Juvarra e
dell’Alfieri. La copertura è in lastre di rame con volumi che
sviluppano il tipo della mansarda francese, ma che seguono tutta la
sezione del tetto".
Ci sono anche gli
schizzi preparatori di
Rossi, dalla Mole Antonelliana alle architetture barocche. Casa
Aurora, insomma, vista nel suo contesto: un'architettura che
cita la
città che la ospita e che, allo stesso tempo, ha un
effetto
dirompente in Borgo Aurora.