Nonostante la fama di città provinciale e severa, Torino
ha
sempre amato la notte, gli spettacoli, la socializzazione. In
passato, oltre ai caffè, in cui si riunivano intellettuali e politici
che disegnavano l'Italia, c'erano anche
molti teatri, che portavano
compagnie e allestivano spettacoli. Nel XIX secolo i più importanti
erano
il Teatro Regio, il Teatro Carignano e il Teatro Scribe.
Quest'ultimo fu costruito in
via Verdi nel 1857 dall'architetto
Giuseppe Bollati, presentava
una sala tipicamente ottocentesca, con
quattro ordini di palchi, stucchi, dorature e un loggione; poteva
contenere fino a 1400 spettatori e ospitava alcune delle compagnie
più importanti in visita nella capitale del Regno di Sardegna.
Quando la capitale del nuovo Regno d'Italia fu trasferita a Firenze,
il Teatro Scribe conobbe
una rapida decadenza e finì con l'ospitare
piccole compagnie dialettali.
La rinascita avvenne
nel 1925,
grazie all'intervento di un curioso mecenate, il finanziere
Riccardo
Gualino, che lo acquisto, lo trasformò nel
Teatro di Torino e lo
dotò di
stagioni di prosa e di danza di grande ricchezza culturale e
di un'orchestra propria; si rappresentarono opere di Pirandello e di
Brecht, ma anche di autori dell'avanguardia, Prokofiev, Bloch,
Kódaly; ci fu anche un'importante scuola di danza, guidata da Bella
Hutter e da Raja Markmann. L'inaugurazione della nuova vita avvenne
il
26 novembre 1925, con la rappresentazione dell'
Italiana in Algeri
di Gioachino Rossini, interpretata dai migliori interpreti dell'epoca
e dotata di grandiose scenografie. Il sogno di Gualino, però, durò
solo cinque anni: al crollo del suo impero finanziario, anche il
Teatro di Torino chiuse la propria attività.
La sala fu quindi
acquistata dall'
Eiar, la futura RAI, che la trasformò in un
auditorium per la propria orchestra sinfonica: si può dire che l'ex
Teatro Scribe fu
la prima sede dell'Orchestra Sinfonica della RAI. A
decretare la fine definitiva delle sue attività, furono i
bombardamenti del 9 dicembre 1942: in via Verdi c'erano anche il
Distretto Militare e l'Accademia d'Artiglieria. Troppe le caserme e
gli obiettivi militari della zona per evitare che il teatro si
salvasse dai bombardamenti.
Oggi, davanti alla sede della RAI e
sotto la Mole Antonelliana, gli spazi lasciati dal Teatro sono
diventati
un parcheggio, piuttosto squallido e mal tenuto, della RAI
e sono
una delle ferite aperte dalla Seconda Guerra Mondiale e non
ancora rimarginate nel tessuto del centro della città. Rimane, a
ricordare l'intenso passato culturale di quest'angolo di Torino,
la
facciata d'ingresso dell'edificio, con alcune sale, in cerca di
destinazione. Come in fondo tutta l'area. Tempo fa si parlava di
trasferire in questi spazi il
Museo dell'Informatica, affidato
all'imprenditore Marco Boglione, appassionato collezionista di
oggetti legati ai computer (attualmente li potete ammirare
al Temporary Museum). Ma andrebbe studiata anche una soluzione
per gli spazi a
cielo aperto, una vera e propria ferita visibile nell'isolato;
su divisare.com c'è un bel progetto di Cecilia Vera che racconta piazze
possibili e vivibili, a mantenere la memoria del teatro perduto.
Le
foto del Teatro di Torino da
joomla.cisi.unito.it, la cartina, da Google Earth.