Isa Bluette. La prima volta che ho sentito il suo nome è stato
pochi mesi fa, quando Manuela Vetrano, guida turistica ed esperta di arte funeraria (una passione, quest'ultima, a cui ha dedicato il blog
La Civetta di Torino), mi
ha invitato
a scoprire il Cimitero Monumentale di Torino, probabilmente la più importante galleria d'arte moderna all'aperto
della città. La tomba di Isa è u
na delle più belle e tristi, nel
Campo Primitivo Ovest: a terra, mostra
una giovane ballerina, distesa, con le braccia in alto, abbandonate nel sonno o nella morte, i piedi nudi e l'espressione serena.
Finito
il suo tempo e ormai tramontato il genere di cui fu regina
indiscussa, la rivista, Isa Bluette è stata dimenticata, anche dalla
sua città, Torino, che
non le ha mai dedicato un teatro, un
monumento, una via. Eppure, nella prima metà del Novecento fu
una
delle donne più ammirate e desiderate d'Italia, grazie alle sue
tournée e al successo dei suoi spettacoli di rivista. Nata
nel 1898
come
Teresa Ferrero, iniziò a lavorare giovanissima in quella che
era la principale fabbrica d'occupazione femminile torinese, la
Manifattura Tabacchi di Regio Parco. Ma essere operaia non era il suo
sogno e Teresa aveva chiaro che avrebbe vissuto per realizzare il suo
sogno: essere
una diva dei teatri. Essere una diva e non un'attrice.
C'è differenza: la prima è un sogno, un modello irraggiungibile,
l'eterno femmenino inafferrabile.
Gli inizi di Teresa non furono
facili. Piccolina, bruna e di carnagione chiara, dotata di una
sensualità innegabile, esordì
nei café-chantant torinesi e solo
più tardi riuscì ad arrivare ai teatri cittadini. Nel frattempo
aveva già capito che doveva usare un nome d'arte e ispirarsi a
Parigi, tempio del varietà che la affascinava. Portò a Torino
le
piume e le paillettes, che avrebbero poi caratterizzato le riviste
dei decenni successivi, e, soprattutto la rivista, in cui la
soubrette era accompagnata da uomini in smoking, perduti per lei.
Insieme a uno spettacolo sfarzoso e luminoso per costumi e trovate,
c'era
Isa Bluette, il nome d'arte definitivo, scelto da Teresa: bella
e sensuale, sorridente e civettuola, con una voce elegante e
melodiosa, faceva sospirare gli spettatori e affascinava le
spettatrici. Ma non solo.
Sempre più affermata, in spettacoli
che alternavano i numeri di danza e canto a intermezzi comici, Isa
lanciò il concittadino
Erminio Macario e un giovanissimo
Totò, due
dei maestri della comicità italiana dei decenni successivi. La
rivista che li vide debuttare è
Madama Follia, uno dei suoi numerosi
spettacoli di successo. Arrivata al vertice dello spettacolo
italiano, la soubrette torinese non si stancava
di innovare e di
proporre novità sempre sorprendenti: fu la prima a portare in Italia
la
passerella, che permetteva al pubblico di vedere da vicino
ballerini e bellissime sul palcoscenico. Era spumeggiante e
irraggiungibile, una giovane donna che aveva realizzato il sogno
impossibile di un'adolescente della periferia operaia torinese. Le
sorrideva anche
l'amore, che aveva la forma di
Nuto Navarrini, attore
di rivista con cui aveva fatto compagnia per tutti gli anni '30, portando in scena operette diventate
cult come
Poesia senza veli o
Il ratto delle cubane. A separarli arrivò, inaspettata,
la morte di Isa, nel 1939: sempre bellissima e popolare, la soubrette aveva solo 41 anni. Nei giorni dell'agonia,
sposò il compagno, quasi per mettersi in regola con gli uomini e con
gli dei, realizzando l'ultimo sogno.
Se visitate il Cimitero
Monumentale di Torino, passate a salutarla, la ballerina dormiente o
morente merita una sosta.