Chiedete a un torinese e difficilmente
vi sorprenderà. Il miglior posto per vedere
la città dall'alto è
il
Monte dei Cappuccini: dal suo piazzale affacciato sul Po si
scattano le
immagini più classiche di Torino, le cartoline con la
Mole Antonelliana in primo piano, le cupole barocche del centro, le
torri del XX e XXI secolo, fino alla corona delle Alpi, a chiudere
l'orizzonte. Ma, posto a ridosso del Po, con i suoi
293 metri
d'altezza, il Monte dei Cappuccini custodisce una
storia millenaria e
intensa, proprio per la sua
posizione strategica: chi lo controllava,
aveva il controllo dell'
unico ponte per attraversare il Po (e
dilagare nella Pianura Padana) e per attaccare Torino. E anche per
questo le stratigrafie della sua storia mescolano
guerra e religione,
fortezze e santuari, la forza bellica degli uomini e l'invocazione
agli dei, diventati poi il Dio cristiano.
Guerra e religione si
sono mescolati anche, o soprattutto, in età sabauda, quando le lotte
dei sovrani per garantire l'
indipendenza del loro Stato dalle pretese
di Francesi, Spagnoli e Austriaci, mettevano in pericolo la stessa
sopravvivenza della loro capitale. Questa storia, in cui la guerra si
mescola addirittura a un
miracolo cristiano, risale al
1640. Torino è
dilaniata dalla
guerra tra madamisti e principisti, dietro i quali si
nascondono i
Francesi, che si servono della Duchessa Reggente,
Cristina di Francia, e gli
Spagnoli, che usano le ambizioni dei
cognati, i principi Maurizio e Tommaso, per indebolire la Reggente e,
dunque, la Francia. La capitale del Ducato è sotto assedio, la
Madama Reale è circondata da nemici sia dentro la città che fuori:
c'è addirittura un
doppio assedio di Francesi e Spagnoli, per
cercare di risolvere la guerra civile sabauda e
aprirsi la porta
dell'Italia. E in questo doppio assedio il Monte dei Cappuccini
riveste la
solita importanza strategica: da lassù, a pochi passi dal
Po, i cannoni e i soldati hanno
il controllo del ponte e della città.
Ma è lassù, in posizione quasi inespugnabile per il nemico, a causa
della conformazione della collina (chi cerca di salire viene
avvistato e abbattuto), che decine di
profughi del Borgo Po cercano
riparo, all'ombra della
chiesa di Santa Maria al Monte.
Il
dramma scoppia il
12 maggio 1640, quando i Francesi decidono di
attaccare il Monte, occupato dai principisti. La resistenza
immaginabile all'attacco si spezza quando i
mercenari svizzeri
passano al nemico, aprendo loro le porte della chiesa. I Francesi
iniziano una
furiosa carneficina e non solo non hanno rispetto degli
uomini, ma non temono neanche l'ira di Dio, iniziando un saccheggio
selvaggio. La leggenda vuole che quando un soldato si avvicina
al
tabernacolo per saccheggiare le ostie consacrate,
una lingua di fuoco
lo investa, bruciandogli abiti e vestito. Caduto a terra, il soldato
inizia a urlare
Mon Dieu! E, visto l'accaduto, i Francesi
si
spaventano e cessano il saccheggio. E' stato vero miracolo? Non lo è
stato? Quello che è certo è che a Torino il miracolo del Monte dei
Cappuccini
si è tramandato per secoli, la chiesa di Santa Maria al
Monte custodisce gelosamente sia
un quadro che racconta l'accaduto
che le presunte
tracce del fuoco sul tabernacolo, ma la Chiesa
Cattolica non lo ha mai riconosciuto come tale.
E a riportare con
i piedi a terra sono arrivati alcuni anni fa
alcuni documenti, che
raccontano un'altra versione del miracolo. Il
cardinale Richelieu
voleva garantirsi a tutti i costi il
controllo diretto del Monte dei
Cappuccini ed era disponibile anche a "uno sterminio di cui non
doveva rimanere traccia". "I Francesi avevano ricevuto
l'ordine di non risparmiare nessuno, per evitare la resa" ha
spiegato
padre Luca Isella, archivista dei Cappuccini piemontesi
a La Stampa, al termine di lunghi studi sulla vicenda, condotti con
l
'antropologo fisico Renato Grilletto e con l'
ingegnere Mauro Lanza.
Controllare il Monte avrebbe signifcato infatti garantirsi
una
posizione di forza non solo verso i principisti, ma anche
verso la
stessa Madama Reale, di origine francese sì, ma impegnata anche a
garantire l'indipendenza del Ducato e la successione al trono del
figlio. "Durante la strage 'un francese spara al tabernacolo. Lo
apre. Vuole rubare la pisside. Ma viene investito da una violenta
fiammata. Lo avvolge dalla cintola in su e in breve lo uccide'.
L'episodio fece scalpore come 'evento prodigioso'. 'Accadde invece'
racconta Isella 'che un difensore sparò al sacrilego e colpì la
fiasca di polvere che lui portava al collo, facendola esplodere'."
scrive
La Stampa.
Lo scempio francese danneggia la decorazione
interna della chiesa, ma per evitare di lasciare le tracce
dell'eccidio compiuto, i Francesi seppelliscono i morti in una fossa
comune trovata nel 1937; l'altare nuovo, appena realizzato, viene nascosto nei sotterranei e sostituito con uno realizzato da
Amedeo di Castellamonte, nel 1655.
Non è stato miracolo, la storia "le
testimonianze raccolte da autorità civili e Inquisizione vennero
volutamente ovattate dai Francesi e la diocesi dell'epoca non poté
avvalorare l'intervento divino" spiega ancora Isella. Ma
la leggenda di quel miracolo continua ad affascinare la città e a essere patrimonio della
storia millenaria del Monte.
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