Fino all'inizio del XVIII secolo, il
Salone della Guardia Svizzera di Palazzo Reale è stato collegato al secondo
piano con una
scala lignea.
Nel 1719, il
sovrano regnante è
Vittorio Amedeo II, appena diventato Re grazie al
Trattato di Utrecht, l'architetto di corte è il siciliano
Filippo
Juvarra e il giovane erede,
Carlo Emanuele, è in procinto di sposare
la principessa tedesca
Anna Cristina di Baviera. L'appartamento degli
sposi viene allestito al secondo piano e, dunque, ci vuole
una scala
aulica per accogliere i giovani principi in modo adeguato. La scala
lignea, costruita nel 1661, risulta ormai vecchia, nonostante sia
stata realizzata da
Bartolomeo Botto e da
Carlo Gallara, due degli
artisti piemontesi più apprezzati del loro tempo. Così Vittorio
Amedeo affida la ricostruzione di questo collegamento a Filippo
Juvarra, che realizza una scala solenne, sontuosa e, allo stesso
tempo, leggera e aerea. Un capolavoro del barocco torinese,
insomma.
La
più evidente difficoltà tecnica affrontata dal gran siciliano sono le
dimensioni dell'ambiente: una pianta
rettangolare di circa 66 mq di superficie e un dislivello di 10 metri
d'altezza da coprire. Come fare, dovendo creare un qualcosa di
solenne e aulico, non particolarmente ripido e in uno spazio così
angusto? Juvarra si è inventato
una soluzione geniale: una scala
divisa in tre rampe: la prima semplice e tradizionale, la seconda
sdoppiata, con le due rampe parallele costruite lungo i lati della
sala, e la terza, infine, volante fino al secondo piano. In questo
modo, l'architetto messinese non solo ha risolto il problema
dell'eventuale ripidezza della scala dividendola in tre parti, ma ha
anche realizzato un vero e proprio gioiello d'architettura, leggero e
sontuoso allo stesso tempo.
"La
prima rampa, inquadrata fra i due arconi che sostengono le rampe
sdoppiate del secondo ordine, ha un senso d'invito attraente e
signorile. Ad essa fanno, come da quinte, due porte, che immettono in
locali secondari del primo piano, porte con caratteristici frontoni
in cui predominano elementi curvilinei assai graziosi; i frontoni
sono formati, con motivo felicissimo ed originale, da due conchiglie
che recano nel mezzo le iniziali di Carlo Emanuele legate col nodo di
Savoia" scrive
Augusto Telluccini in un articolo pubblicato
all'inizio del Novecento. I
due grandi
arconi su cui posano le
rampe parallele sono decorati con una serie di cassettoni al cui
centro ci sono rosoni, diversi gli uni dagli altri. La
rampa volante,
infine, si imposta su un'architrave e 'vola' a posarsi su un grande arco; la rende sontuosa e leggera anche
la decorazione del suo sotto arco, concentrata sul campo centrale, in cui si trova la corona reale con i due scettri incrociati e il collare dell'Annunziata, i simboli massimi del potere regio e del prestigio dei Savoia. Il
pianerottolo, che dà l'ingresso all'appartamento di Carlo Emanuele e Anna Cristina poggia su
due
mensole, che hanno forma di
grandi conchiglie appena curvate, in cui
si mescolano, così, l'elemento decorativo e quello tecnico.
Le
decorazioni eleganti, i colori chiarissimi, la luce che filtra
dall'alto, tra una rampa e l'altra, danno
un effetto scenografico di
grande impatto. Così come lo è il
grande medaglione posto nella
decorazione dell'intradosso della rampa volante e apprezzabile dal
primo pianerottolo:
un paio di forbici taglia una
lingua biforcuta,
una sorta di
risposta di Juvarra ai cortigiani che non credevano nel successo della sua sfida, un
divertissement che ha finito con dare il nome a tutta la struttura, passata alla storia dell'architettura come
Scala delle Forbici. E invece,
nonostante le malelingue, la scala aulica, con
decorazioni e stucchi, è lì a testimoniare la
genialità
dell'architetto siciliano e la
meraviglia del Barocco.
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