E' stato leggere un tweet di Alessia Giorda del
Museo di Arte
Contemporanea di Rivoli (TO) e sentire curiosità per quello che
avvenne nel Castello, il
10 febbraio 1645, in occasione del compleanno di
Cristina di Francia, Reggente del Ducato di Savoia nel nome dei figli
Francesco Giacinto prima e Carlo Emanuele poi, e prima Madama Reale.
Era nata a Parigi il 10 febbraio 1606 e, arrivata a Torino 13enne,
come sposa dell'erede al trono Vittorio Amedeo, trovò nel
conte
Filippo d'Agliè il complice perfetto per i suoi
divertimenti e per
la celebrazione prima di se stessa e, durante la Reggenza, del suo
programma politico, attraverso feste, banchetti e balletti. Filippo
di San Martino, fu un
abile stratega politico, leale consigliere
della Reggente in difesa dell'indipendenza del piccolo Ducato
sabaudo, ma, soprattutto, fu una delle
più interessanti e versatili
personalità dell'epoca barocca: colto, brillante e intelligente, fu
politico, soldato, letterato, musicista, coreografo e scenografo,
l'
autore dei più celebri balletti di corte della Reggenza, il
raffinato intellettuale appassionato di filosofia che si intratteneva
con i membri dell'
Accademia dei Solinghi, fondata dal cardinale
Maurizio di Savoia. Il
suo rapporto con laDuchessa suscitò
numerosi pettegolezzi sia a Torino che tra gli
ambasciatori, che riportavano preoccupati della
pericolosa influenza del bel conte sulle scelte politiche di
Cristina; ma né i pettegolezzi né gli ostacoli riuscirono a rompere
il legame sentimentale tra i due, spezzato solo
dalla morte di
Cristina, nel 1663.
I
balletti di corte dell'età barocca, si
legge
su balletto.net, che alle coreografie di Filippo dedica un
lunghissimo articolo, "erano offerti
esclusivamente a un
pubblico di nobili e aristocratici accolti a corte e in essi si
esibivano altri cortigiani e spesso lo stesso Signore, principalmente
come danzatori". Non erano balletti come quelli moderni, che
usiamo vedere noi, erano "
forme miste di spettacolo, che
alternavano parti recitate ad altre danzate, canto a musica vocale o
strumentale, giochi d'acqua a fuochi d'artificio". Nati
nell'Italia rinascimentale, reinventati dalla Francia sofisticata e
raffinata, si diffusero poi in tutta Europa e arrivarono a Torino con
Cristina, trovando però
un terreno fertile: sia
Emanuele Filiberto
che
Carlo Emanuele erano stati appassionati
uomini di lettere ed
entrambi si erano impegnati a trasformare Torino in una capitale di
riferimento per l'Italia (Emanuele Filiberto riaprì l'Università,
impose l'italiano, chiamò letterati e filosofi, Carlo Emanuele
iniziò gli ampliamenti della città, imponendo l'architettura
omogenea che sarebbe poi stata caratteristica della città). I
balletti di corte avevano
un coordinatore che si preoccupava di
mettere insieme le varie parti dello spettacolo, la musica e i
giochi, i testi e le danze. Nella Torino di Cristina quest'uomo era
Filippo.
In onore della sua amata, il bel conte firmò i balletti
più celebri e più significativi della corte sabauda dell'epoca. Uno
dei più noti è il
Dono del Re delle Alpi a Madama Reale, che fu
rappresentato
nel Castello di Rivoli in occasione del 39° compleanno
di Cristina, il
10 febbraio 1645. Era un balletto di corte che
celebrava
il simbolico dono di Savoia, Piemonte, Nizza e Monferrato
fatto dal principino Carlo Emanuele, erede al trono, alla madre
Cristina, per
il suo impegno nella pace, dopo l'ennesima guerra
civile che aveva insanguinato il Ducato, diviso tra principisti
(filo-spagnoli) e madamisti (filo-francesi). Nel secolo del Barocco,
anche i balletti di corte avevano
nella meraviglia uno dei fini
principali. E quale sorpresa poteva essere per i cortigiani una
grande festa
divisa in quattro stanze del Castello, ognuna delle
quali rappresentava una delle province donate a Cristina? In ogni
salone si trovavano
scenografie che riproducevano i paesaggi delle
quattro province e si potevano
gustare i piatti tipici di quella
terra. Ma, oh sorpresa, ci si muoveva
stando seduti a tavola, attraverso un sofisticato marchingegno che
faceva scivolare i commensali da una stanza all'altra, senza farli
alzare dal tavolo. Poi, dopo questa cena sontuosa, nel salone
ci fu
il balletto, diviso in vari quadri, in cui le quattro province
vennero rappresentate attraverso
i mestieri più caratteristici: la
Savoia con i cacciatori, Nizza con i pescatori, il Piemonte con
l'agricoltura e il Monferrato con i suonatori di cetra. Nel quadro
della Savoia c'era
anche il piccolo Carlo Emanuele, all'epoca 11enne,
in quello del Monferrato lo stesso Filippo. Poi, dopo la rappresentazione delle province simbolicamente donate, era la volta del
Re
delle Alpi, impersonato da Carlo Emanuele, che dal suo carro
d'argento dava la propria benedizione al regalo a Cristina,
in segno di approvazione ai suoi tentativi di pacificazione. "La
presenza in scena dei Duchi, che avevano appena rappresentato il
successivo ingresso delle province nel Ducato, e lo sguardo benevolo
loro rivolto da Carlo Emanuele apparivano come uno spaccato di storia
patria, che, per metafora, ribadiva l'integrità territoriale degli
stati sabaudi a fronte della presenza sul territorio di truppe
francesi e spagnole" spiega Marino Palleschi nel lungo articolo
di balletto.net.
Cosa non si scopre, incuriositi da un tweet e da
una stampa in esso riportata.
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