Il
Duomo così,
solitario nella sua piazza e come
ultimo edificio nella nuova via XX settembre, tutta da inventare
verso corso Regina Margherita, l'hanno visto
per qualche decennio,
tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. E' successo
quando la legge sul risanamento di Napoli, nel 1885, ha permesso lo
sventramento dei vecchi quartieri di numerose città italiane, nel
nome di una nuova sensibilità verso l'igiene. A Torino
fu abbattuto il Quartiere Svizzero, brulicante di vie strette e medievali e vecchi
palazzi spesso fatiscenti, tra l'area di Palazzo Reale e Porta
Palazzo. Per risanare l'area, si decise di costruire
una nuova
arteria, via XX settembre, che sarebbe passata in mezzo al nuovo
quartiere da costruire.
Ma ricostruire sul vecchio Quartiere
Svizzero si rivelò
un'impresa complicata e, di fatto, non c'è mai
stata una vera e propria riqualificazione definitiva. Da una parte le
numerose stratificazioni, che portarono alla luce addirittura la
Torino romana, dall'altra le
complicanze dovute alle proprietà, con
un ruolo da protagonista per la Casa Reale, dall'altra ancora, le
difficoltà di immaginare la sistemazione di una zona con
un
dislivello di sei metri.
Il progetto di riqualificazione causò
anche qualche
scontro tra la Città di Torino e la Casa Reale, che,
ormai a Roma,
non era più tanto interessata alla sistemazione della
sua antica capitale, ma, allo stesso tempo, proprio per i legami
secolari, non voleva inimicarsela; il Comune, da parte sua, voleva l'impegno della Casa Reale per dare
una risistemazione degna alla nuova via. Il progetto di massima
chiedeva la costruzione di due edifici paralleli lungo via XX settembre; in particolare, sul lato di Palazzo Reale, doveva esserci una manica in grado di
chiudere i giardini del complesso verso ovest e di avere
una facciata dall'aspetto sufficientemente aulico sulla strada. Lo spazio tra
l'edificio e la via sarebbe stato risolto a giardini e chiuso con una
cancellata. La Casa Reale sembrava essere impegnata, però, soprattutto a
non pagare da sola la costruzione del nuovo edificio e a dividerla
con la Città:
nel 1891, per dire, tutto il progetto di
riqualificazione venne
bloccato perché decise di
vendere al Comune le sue proprietà sull'altro lato di via XX settembre e
fu necessaria una legge ad hoc, arrivata nel 1895.
Il
progetto della Manica Nuova fu invece affidato all'architetto
Emilio Stramucci,
che aveva già realizzato numerosi interventi a Palazzo Reale. Tra
proposte accettate e progetti rivisti, rinviati o rifiutati,
passarono la bellezza di
otto anni (e immaginatevi cosa doveva essere passare in via XX settembre e vedere
le demolizioni senza risistemazioni in corso, si capisce che la Città di Torino fosse piuttosto contrariata dalle indecisioni della Casa Reale). Si parlò di corti chiuse, di palazzi e di giardini, si sceglievano architetture austere e si tornava a discutere. L'iter di approvazione del progetto fu
lunghissimo, lo
trovate descritto nei dettagli su
www.academia.edu. Alla fine, però, la costanza
di Stramucci fu premiata e la Manica Nuova vide
finalmente la luce.
Fu costruita a chiudere i Giardini Reali, dal Duomo fino ai resti
della cinta bastionata.
La facciata verso via XX settembre, ha una prima fascia in bugnato, che mitiga gli effetti del dislivello e da cui si
alzano due piani di finestre, al primo piano sottolineate da timpani
triangolari.
A movimentare questa lunga facciata, che ricorda un po'
i palazzi romani, ci sono le
quattro lesene
di ordine corinzio, che caratterizzano gli estremi e il centro
dell'edificio e al centro delle quali c'è un'alta finestra ad arco.
A gestire la distanza tra l'edificio e la via, ci sono i resti archeologici e una cancellata neobarocca, con tre aperture.
Non
pensate, però, che la Manica Nuova
abbia trovato pace. I suoi
piani superiori ospitano adesso la nuova, elegante e aulica sede
della
Galleria Sabauda; nei suoi sotterranei c'è parte del
Museo di
Antichità, nel lodevole tentativo di rendere fruibile quello che
resta della Torino romana e del Teatro. I cambiamenti in corso nei
Musei Reali, per dare una sistemazione coerente all'antico centro di comando e per
mettere a disposizione di torinesi e turisti il patrimonio artistico
e culturale lì conservato, hanno in quest'edificio uno degli elementi caratterizzanti. Poi, terminati i lavori, La Manica Nuova avrà finalmente
la sua sistemazione definitiva, un secolo oltre la sua
costruzione!
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