Il
tetto verde rame e circolare del
Mausoleo della Bela Rosin, sormontato da una croce di ferro, si vede da
Strada del Castello di Mirafiori e dagli ultimi sentieri del
Parco
Colonnetti che guardano a sud, nell'
estrema periferia meridionale di
Torino, quasi al confine con Nichelino. All'entrare nel piccolo parco che lo circonda, si
scopre poi l'intero edificio, che è come
un piccolo Pantheon, eretto in
un giardino silenzioso. E fa effetto vedere un piccolo Pantheon
romano, non
in una piazza brulicante di auto e di persone, ma in
mezzo alla pace di
un prato, al termine di una
strada lastricata, che
un tempo fu alberata, a rendere la prospettiva ancora più solenne.
Se siete a Torino in questi
giorni di primavera o avete voglia di
una
passeggiata insolita, fateci un salto. Tutt'intorno al giardino
del Mausoleo, sia verso il Parco Colonnetti che nel Parco che scende
giù al Sangone, gli
alberi sono in fiore ed è davvero festoso, in
linea con il
significato romantico di questo edificio. Il Mausoleo,
in fondo, è come
una dichiarazione d'amore di due figli verso la
propria madre, ma è anche
la rivendicazione di una coppia che è stata più forte degli
ostacoli e delle circostanze. La Bela Rosin, al secolo
Rosa
Vercellana, è stata l'amante di
re Vittorio Emanuele II per tutta la
vita, dal 1847 fino alla morte del sovrano, nel 1878 (lei è morta nel 1885), ed è diventata poi sua
moglie morganatica nel 1869 (il rito civile è stato celebrato nel 1877),
quando lui, vedovo di
Maria Adelaide d'Asburgo dal 1855, ha
voluto mettere ordine nella propria vita per presentarsi davanti a
Dio come un peccatore con meno peccati sulla coscienza. Quando si
sono conosciuti, pare a
Racconigi, Rosa aveva 14 anni, Vittorio
Emanuele 27; poteva essere
una pericolosa avventura passeggera, data
la giovanissima età di lei, è stato un
amore che ha superato il
tempo: il re ha avuto una vita sentimentale intensa, con varie
avventure e storie, ma
la donna di riferimento, quella da cui tornare
e a cui chiedere consiglio, è sempre stata, da allora in poi, la
Bela Rosin. Osteggiata dalla Corte e dai politici
per le sue umili origini e per la sua mancanza di cultura, che non la rendevano una moglie presentabile e che rischiavano di
minare il prestigio del Regno di Sardegna, se la relazione fosse venuta alla luce, Rosa ha vissuto a lungo con il re nel
Borgo Castello del Parco
della Mandria (gli Appartamenti Reali della loro storia d'amore sono
oggi
visitabili) e con lui si è trasferita prima a Firenze e poi a
Roma, seguendo la capitale del giovane Regno d'Italia.
Nonostante la Corte, la Chiesa e la famiglia abbiano
cercato in tutti i modi di separare Vittorio da Rosa, non c'è stata
pressione vincente, anzi. Rimasto vedovo, il re
si è rifiutato di
risposarsi, ha nominato Rosa
Contessa di Mirafiori e
Fontanafredda e le ha regalato il
Castello di Sommariva Perno.
Insieme hanno avuto
due figli, Vittoria ed Emanuele, rimasti accanto
alla madre tutta la sua vita. Sono stati loro, che,
in aperta polemica
con i Savoia, hanno costruito il Mausoleo di Mirafiori, praticamente
uguale al Pantheon. Alla sua morte, infatti, essendo Rosa
solo moglie morganatica di
Vittorio Emanuele, la Casa Reale
si è rifiutata di seppellirla nel
Pantheon, accanto al marito, perché, era stata la scusa ufficiale,
non era regina. Allora Vittoria ed Emanuele fecero costruire dall'
architetto Angelo Dimezzi, nella proprietà torinese di Mirafiori,
un piccolo Pantheon, che ricordasse il
tempio romano che le era
stato negato, e qui seppellirono la madre. Sepolti lontani, ma uniti da un edificio funerario simile, in fondo ci potrebbe essere pure questo
messaggio
romantico, dietro al Mausoleo della Bela Rosin: Rosa e Vittorio
Emanuele in qualche modo
insieme, anche dopo la morte.
Il
Pantheon di Mirafiori ha un
piccolo pronao di tre file di otto
colonne, alte cinque metri e in
stile corinzio;
sul frontone c'è
l'iscrizione
Dio Patria e Famiglia, con lo stemma dei conti di
Mirafiori. Il pronao dà accesso a una
sala circolare, che ha
un
diametro di sedici metri e su cui si affacciano
le nicchie che
accoglievano i resti di Rosa e dei suoi discendenti. Tutto, all'interno,
ricorda il Pantheon romano, non solo
il rapporto tra le
misure (il diametro uguale all'altezza), ma anche
l'oculo della
cupola, adesso chiuso con una lastra di vetro, e la
volta
cassettonata.
Un tempo era un luogo di pace e di preghiera, non
esente da
un certo spirito ambivalente, un po' polemico e un po'
romantico, oggi, dopo
una lunga storia travagliata, che include anche
il trasferimento delle spoglie di Rosa al Cimitero Monumentale, causa
vandalismo degli
anni 70, è diventato un
luogo di cultura, per incontri e per mostre.
E' un po' strano immaginarlo nella nuova vocazione, a cui
risponde
perfettamente, pensando a quello che è stato e al significato che ha
avuto. Ma è sempre bello tornare a dargli un'occhiata, a respirare
il senso di armonia che trasmettono le sue proporzioni classiche e a ricordare che
non sempre le regine sono le
più amate dai re (o forse non lo sono quasi mai?).
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